17 Novembre, Giornata Mondiale dei Poveri: una riflessione del professor Sandro Valletta
“Non ci potrà mai essere pace finché i beni della terra sono così ingiustamente distribuiti. La guerra non è solo il tuono dei cannoni o l’esplosione delle atomiche, ma la semplice esistenza di questo violento sistema economico”. Don Tonino Bello, Vescovo.
Istituita da Papa Francesco è giunta all’ottava edizione e vuole sollecitare la chiesa e i fedeli a “uscire” per incontrare la povertà, nelle varie accezioni in cui nel mondo moderno si manifesta, e tendere la mano a chi è più bisognoso.
In un epoca dove, spesso, il benessere materiale prevale su tutto, la Giornata Mondiale dei Poveri è un richiamo forte a non dimenticare chi è in difficoltà ma, anzi, a cercarlo, ad avvicinarsi a lui come un “ospite privilegiato” alla nostra mensa.
La proposta di papa Francesco è chiara: durante questa giornata, i cristiani sono invitati a creare occasioni di incontro, di amicizia, di solidarietà e di aiuto concreto. Il Santo Padre ha scelto per la VIII Giornata Mondiale dei Poveri un motto particolarmente significativo, per quest’anno dedicato alla preghiera, in prossimità dell’inizio del Giubileo Ordinario 2025: «La preghiera del povero sale fino a Dio» (cfr. Sir 21,5), che richiama proprio l’aspetto fondamentale della vita cristiana quale è la preghiera. L’evento, infatti, non è solo un’iniziativa di aiuto materiale, ma anche, e soprattutto, un momento di riflessione spirituale, come ricorda anche il Papa, «a fondamento delle tante iniziative concrete che si potranno realizzare in questa Giornata ci sia sempre la preghiera».
Questo invito ci spinge a guardare al povero non solo come a una persona da aiutare, ma anche come a una fonte di ispirazione per vivere con più semplicità e maggiore fiducia in Dio.
L’espressione, che proviene dall’antico autore sacro Ben Sira, diventa immediata e facilmente comprensibile. «Gesù Cristo […] si è fatto povero per voi» (cfr. 2, Cor. 8,9): con queste parole l’apostolo Paolo si rivolge ai primi cristiani di Corinto, per dare fondamento al loro impegno di solidarietà con i fratelli bisognosi.
L’ultima giornata mondiale dello scorso anno, ha avuto come tema il monito: “Non distogliere lo sguardo dal povero” (Tb. 4,7), come una sana provocazione, per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente.
Ho sempre sostenuto che: «…nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’Amore, la rivoluzione della Tenerezza. Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli “ultimi” quale strada verso un mondo migliore, più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato».
La riflessione che Vi propongo di seguito ci costringe a riflettere attentamente.
L’umanità è fatta di persone di ogni età, di ogni condizione fisica, economica, psicologica e sociale. Per questo è bella! Essa è fatta di persone che portano scolpito nel DNA la loro dignità, che nessuno concede, ma tutti sono chiamati a riconoscere e rispettare. Una società è tanto più civile quando più lotta per rimanere solidale. L’umanità è quel groviglio di Sentimenti che ti fa Amare “l’Altro”, il cosiddetto “Diverso”, come si usa dire oggi, come te stesso.
L’essere umano è un “angelo agganciato alla bestia”, ripeteva spesso Don Milani. È disumano decretare la “condanna a morte” di un povero, in quanto, più grave e invalidante è la sua “malattia” tanto più necessita di essere accudito, curato e coccolato. Mi chiedo spesso, ma chi sei tu che ti fai giudice di tuo fratello? Chi sei per dire quando una vita è degna di essere vissuta? È inutile la vita di chi vive di espedienti? E la mia? E la nostra, di cittadini del mondo? Se l’avverti come un Dono ricevuto, la vita è sempre bella! A qualsiasi età, a qualsiasi condizione! E qui sta la mia dignità e quella di chi è stato meno fortunato, di un mio fratello, uguale a quella di chi, in questo momento, è il più ricco, il più bello e il più famoso del mondo.
Non riusciamo a convincerci che tutto passa, “panta rei”! Occorre imparare a godere delle piccole cose, a prendersi cura di chi ha bisogno del nostro aiuto, del nostro Affetto, della nostra parola e del nostro conforto.
Il povero non può difendersi, allora curiamolo, restituiamogli il sorriso, impegniamoci a rendere i suoi giorni, e quelli dei suoi cari, meno faticosi e meno dolorosi, restiamogli accanto, perché lo abbiamo imparato ad Amare e Rispettare per la sua dignità.
Chi soffre ha tanto da insegnarci, che il suo mondo N O N È M A I da “buttare”, perché, nella vita è anche “…BELLO PERDERE!!!…” in quanto, ogni esperienza, anche la più infelice, nasconde Lezioni di vita, valide come Insegnamenti: I N D I M E N T I C A B I LI, perché (s)offerte in prima persona. La loro nobile dimora è una cattedra da cui ci arriva la più grande lezione sul valore INESTIMABILE della vita.
Allora, gridiamo la nostra indignazione davanti a una probabile “condanna a morte” di un nostro simile. Abele-il povero-sta cercando la nostra umanità, ci chiede la carità di essere lasciato vivere e gioire, in pace e tranquillità. La storia di gente umile e indifesa ci deve solo rattristare il cuore e farci pensare al nostro fallimento e se dovessimo assistere alla loro “condanna”, sicuramente, con loro, moriremo in tanti, di dolore, di angoscia, di impotenza e di scoraggiamento. Durante tutta la nostra esistenza non rinunciamo M A I alla missione di rimanere, sempre e comunque, U O M I N I.
In particolar modo ai nostri giorni dove il fenomeno della “marginalità” ridefinisce i tradizionali assetti su cui si fonda il vivere sociale, parlare dell’incontro tra “noi” e coloro che definiamo “l’altro” è un presupposto imprescindibile per la costruzione di una società migliore, civile, equa e solidale, che potrà definirsi inclusiva e aperta all’incontro con il Prossimo.
Prof. Sandro Valletta, Docente in Diritto delle migrazioni