Befana Letale. Storie legate al passaggio della… adorabile vecchina, nata come strega, che lascia cenere, carbone e stragi a suon di spari e disastri

La Befana vien di notte
Con le scarpe tutte rotte
Se le cose le van storte
Porta odio, sangue e morte.

La vecchina che vola su una scopa, diciamocelo, è una strega anzi corrisponde perfettamente all’iconografia classica della fattucchiera che volteggiando su una scopa, lancia malefici a destra e a manca o si riunisce con le colleghe in un sabba.

Se potessimo consultare un immaginario libro degli eventi, leggeremmo quanti e quali fatti sanguinosi si sono verificati durante i festeggiamenti a lei dedicati. Altro che cenere e carbone: qui si tratta di piombo, sangue e polvere da sparo.

UN PO’ DI STORIA (O DI ANTROPOLOGIA)

La Befana non trae origine da una tradizione molto allegra e dietro alla sua festiva immagine si cela qualcosa, come dire? Un po’ iettatoria. Anticamente si pensava che nella dodicesima notte dopo il Natale, ossia dopo il solstizio invernale, avvenisse la morte e la rinascita della natura.

Pare che tra il 5 e il 6 gennaio, Madre Natura, esausta per le fatiche dell’annata trascorsa, apparisse sotto forma di una vecchia strega, che elargiva doni. Rappresentavano i semi che avrebbero dato vita a nuove piante durante l’anno successivo. Effettuate le donazioni, udite, udite era mandata al rogo dal quale sarebbe rinata nelle sembianze di una giovane Madre Natura. Come se non bastasse la notte del 5 gennaio, terminava il “tempus tremendum” degli antichi, che si basava sul ritorno ciclico dei morti, insomma la concezione contadina di tempo circolare segnato dall’alternanza delle stagioni.

In Campania, ad esempio, la notte del 5 gennaio, davanti ad ogni casa c’era una candela accesa, per dare ai morti una lampada, con la quale “Poter andare definitivamente dinanzi a Dio”, una sorta di rivisitazione del mito di Jack o’lantern.

Poteva mai da questa lieta visione scaturire qualcosa di allegro? Ma anche no, ed infatti ecco una serie di eventi non proprio divertenti che hanno da sempre segnato questa tradizionale festa.

LA STRAGE  DI SANT’ONOFRIO

La vicenda si svolge il giorno dell’Epifania del 1991. Erano le undici  del mattino a Sant’Onofrio in provincia di Vibo Valentia e un operaio, Francesco Augurusa, assieme a un suo collega, stava aspettando il proprio figlio davanti alla porta del bar. Fin qui nulla di particolare senonché un’ auto piomba all’improvviso sulla piazza. A bordo dei sicari col compito di ucciderli. La solita faida tra famiglie, in particolare quella dei Bonavota e dei Petrolo.

I due, mangiata la foglia, tentano di mimetizzarsi tra la folla sperando così di scampare al pericolo ma gli assassini sono decisi e folla o non folla, armi alla mano, riempiono di pallottole la piazza, incuranti degli astanti. Fatto quel che dovevano fare, risalgono di corsa sull’auto, un’Alfa 33: una sgommata e via a tutta velocità. In terra i due bersagli, morti stecchiti e attorno a loro, dieci feriti. Ai killer, però, dice male perché i carabinieri, lanciatisi all’inseguimento, li fermano dopo una decina di chilometri vicino a Pizzo Calabro.

Si è poi saputo che l’inizio della vicenda ebbe origine dall’omicidio di un pastore di vent’anni, soldato delle truppe dei Bonavota e da un furto di pecore. Roba da “clan dei poveri”.

LA TRAGICA FINE DEI FORNAI

Manco il pane si salva dalla Befana, anzi i panettieri. Sentite questa.

La vicenda si svolge a Cadrezzate, nel varesotto, la notte della Befana del 1998. Laggiù, in questa fausta ricorrenza, come vedremo, a chi arrivano doni e a chi fucilate. La vicenda si svolge in famiglia, non c’è cosa più bella durante le sante feste che dedicarsi agli affetti più cari.

Passò alla storia come “La strage dei fornai”, perché le vittime si occupavano di panificazione. Per farla breve, un bel giorno, il giovane (ormai non più) Elia Del Grande si recò a Santo Domingo dove la famiglia aveva acquistato una parte del night “Dama de Petra” che poi era mezzo night e mezzo bordello. Pensarono tra loro i famigliari che, vista la vita un po’ “sconsiderata” del ragazzo, sarebbe stato meglio spedirlo laggiù a gestire il locale. Cosa accadde?

Ah l’amore, l’amore…

Il giovane si innamorò di Raiza, una ragazza, povera, di pelle nera che abitava in una delle bidonville del posto. La fanciulla che, come dire, la sapeva lunga, presto divenne la sua compagna soggiogandolo.

Un pensiero attraversò la mente del giovane innamorato: “A questa ragazza non le vuoi intestare i conti correnti della discoteca?” Ma certo che si! Detto fatto, il giovanotto omaggiò la ragazza del denaro destando il disappunto della famiglia. I Del Grande ritennero opportuno inviare a Santo Domingo l’altro figlio col compito di riportare a casa Elia per fargli intendere ragione e così accadde. Tutto filò liscio fino alla sera dell’Epifania quando la famigliola se ne andò in pizzeria dove ripresero il discorso su Raiza.

La decisione

Siccome l’atteggiamento dei parenti nei confronti della sua ragazza gli sembrava ingiusto, il nostro giovane eroe, pensò di far loro un bel regalo: li avrebbe ammazzati. Ragazzo di buoni propositi aveva scritto in precedenza alla fidanzata: “Adesso mi sono rotto i coglioni, quindi ho deciso che la faccio finita una volta per tutte con la mia famiglia. vado in Italia e là li finirò tutti e tre”.

Successivamente rivelerà agli inquirenti il suo pensiero altruista quasi giustificandosi: “Insomma – gli ho detto – che male c’ è a intestare dei conti a una (ragazza) delle baraccopoli? Noi di soldi ne abbiamo tanti“.

Aggiungerà poi: “Io li guardavo, li ascoltavo. E lì, dentro di me ho deciso: li ammazzo tutti“. Decisione presa, passa all’azione. Dopo la cena in pizzeria il giovane, assieme a dei complici, torna a casa per portare a compimento il suo proposito. I primi a cadere sotto i colpi del suo fucile calibro 12 sono il padre e il fratello, poi, entrato nella camera da letto della madre, la trovò in piedi, col telefono in mano, nel tentativo, inutile, di chiedere aiuto: due fucilate la fecero tacere per sempre. Un braccio della donna, strappato da uno dei colpi, finì dall’altra parte della stanza. “L’ho sempre odiata” dirà poi ai giudici, Elia.

La fuga

Sterminata la famiglia si recò in banca per prelevare una ingente somma di danaro dal conto del panificio, quindi chiamò un taxi per raggiungere l’ aeroporto di Lugano per scappare a Santo Domingo da Raiza, ma non ci riuscì: fu bloccato dalla Polizia in Svizzera non lontano dallo scalo aereo. Ora è in carcere da alcune decine di anni. Diciamocelo: bisogna mettersi nei panni del giovane. I genitori e il fratello non lo capivano ed erano, secondo Elia, troppo lavoratori, troppo limitati, insomma gente di paese dove i poveri e i neri non riscuotevano gran favore. Gli vuoi far comprendere il loro errore magari a fucilate? C’è del sociale in questa vicenda. La Befana riprende il suo volo.

LA STRAGE DEI CRISTIANI DI BOKO HARAM

La bandiera adottata dai Boko Haram

Nel 2012, sempre in occasione della Befana, in Nigeria, Boko Haram, il movimento fondamentalista islamico, decise di omaggiare i cristiani di una bella ecatombe mandando “ad patres” venticinque persone.

Le intenzioni talebane erano chiare, perchè indugiare? Avevano intimato un ultimatum secondo il quale tutti i cristiani avrebbero dovuto abbandonare la Nigeria entro tre giorni, pena la morte.

Quando si dice una cosa, bisogna essere conseguenti e così eccoti le stragi dell’Epifania di Gombe dove i terroristi sparano ai fedeli che escono dalla messa e a Mubi  in occasione della cerimonia funebre per una delle vittime di Gombe.

CI SI METTONO ANCHE I NAUFRAGI

Mare, Cielo e Terra sembra essere il motto della Befana che non risparmia, in occasione della sua festa, proprio nessuno e nessun luogo.

Passò alla storia, nel 2018, come il “Naufragio dell’Epifania” la vicenda che vide morire più di settanta profughi in mare. Quaranta miglia a nord di Tripoli in direzione di Gars Garabulli è dove si è verificato il natalizio evento. Tra le cause il cedimento del fondo dell’imbarcazione che si sarebbe spaccato facendo cadere in mare decine di migranti.

L’allarme è scattato intorno alle 11 quando un mezzo aereo della missione europea Sophia ha individuato un gommone in difficoltà. Manco a dirlo è arrivata la solita Diciotti, nave della Guardia Costiera italiana, per porre in salvo i superstiti. Da quelle parti, ormai, quando una nave recupera dei profughi a bordo si dice che sta “Diciottando“.

IL CROLLO DELLA MINIERA IN AFGHANISTAN

L’adorabile vecchietta non demorde.
Il 6 Gennaio del 2019 una cinquantina di persone muoiono nel crollo di una miniera d’oro nel distretto di Kohistan, provincia di Badakhshan, nel nordest dell’Afghanistan. Manco a dirlo la miniera era abusiva, senza rispetto delle norme di sicurezza che da quelle parti paiono essere solo una pia illusione. I minatori muoiono sepolti vivi in un tunnel profondo oltre 60 metri scavato nel greto di un fiume in secca. La povertà, spinge la gente di quelle parti a sfruttare qualsiasi risorsa a loro disposizione, il tutto nel completo abbandono da parte dello Stato.

C’è, però, una buona notizia. Le famiglie dei feriti riceveranno dallo stato un indennizzo di 10mila afghani (116 euro) mentre quelle dei morti un risarcimento di circa 50mila afghani (580 euro): quando si dice la fortuna… !

TERMINIAMO QUI

Insomma si fa presto a dire che la Befana, la vecchina (ma è una strega) che porta doni o anche cenere e carbone ai bimbi, sia poi così brava. Intanto non conosce perdono: se sei cattivo cenere e carbone senza pietà, la domanda di grazia è respinta cosa che, trattandosi di bambini, pare un atto di singolare crudeltà con buona pace della Montessori.

Considerando gli accadimenti avvenuti il 6 di gennaio, la nonnina pare più una maledizione ambulante che altro. Comunque vi auguro una buona Befana a tutti ma… state attenti!