Belli, Dannati, Famosi, Geniali. E morti. Il misterioso circolo chiamato “CLUB 27”

Se accenno al club 27 cosa vi viene in mente? Un circolo dove ci sono solo 27 membri? Una associazione che si riunisce il giorno 27 di ogni mese? Una setta segreta dedita all’adorazione del numero 27? Niente di tutto questo. Il club 27 ha una unica, esclusiva, caratteristica: per entrarvi a far parte bisogna essere morti a ventisette anni. Naturalmente ci si deve anche differenziare da tutti i ventisettenni; è necessario, cioè, essere famosi, ma famosi-famosi, di quel famoso per cui si è assolutamente unici e inimitabili. Il Club 27 è diventato una delle coincidenze più misteriose e sorprendentemente tragiche nella storia del rock & roll. Il termine nacque nel 1994, dopo la morte di Kurt Cobain anche lui a ventisette anni. La madre del leader dei Nirvana, in una intervista, disse che suo figlio sarebbe entrato a far parte di quel club di artisti come Jim Morrison, Janis Joplin, Brian Jones e Jimi Hendrix che avevano tirato le cuoia tutti a quella fatidica età. Una curiosità, anzi, mistero nel mistero, gli artisti citati morirono tutti nel giro di due anni. Il club, fu anche chiamato J27 dalla lettera che ricorreva nei nomi di molti degli artisti che lo componevano. Ulteriore stranezza accanto a loro fu rinvenuto un accendino bianco “usa e getta” che comportò alla BIC, azienda produttrice di tali ammennicoli, l’accusa di portate sfiga.

Il cartello indicatore
Robert Johnson

Voglio narrarvi brevemente le storie di alcuni dei membri di questo triste circolo iniziando da Robert Johnson che fu uno dei talenti più celebrati del blues. Storia curiosa la sua: siamo negli anni ’30, narra la leggenda che, mentre si trovava in un crocevia tra le highway 61 e 49 a Clarksdale, avesse incontrato un emissario del diavolo e stretto con lui un patto: gli avrebbe venduto l’anima in cambio della capacità di suonare la chitarra come nessuno. Il demonio prese la chitarra di Johnson, la accordò et voilà il nostro divenne un grande e talentuoso genio della musica. Naturalmente quei bravi ragazzoni statunitensi non persero tempo per piantare un bel segnale stradale sul crocicchio della cittadina statunitense. Molti dei suoi pezzi, in seguito, accennarono a spettri, demoni e crocicchi. A conferma della stravagante vicenda, i racconti dei musicisti che lo avevano conosciuto e che raccontarono della sua iniziale goffaggine nel suonare la chitarra e della sua sparizione, durata un anno, avvenuta dopo la morte della moglie. Quando ricomparve era dotato di una bravura e di un’espressività eccezionali. Qualcuno dice che avesse, invece del diavolo, incontrato un tenebroso suonatore di blues, un certo Ike Zimmerman, che gli fece da maestro. Pare che l’oscuro chitarrista avesse l’abitudine di suonare nei cimiteri, tra le tombe, tanto da venire additato quale emissario del demonio.

Nonostante avesse registrato solo 50 canzoni, iI lavoro di Johnson fu la base di artisti del calibro di Eric Clapton, dei Rolling Stones e dei Cream. Un giorno, mentre suonava in un bar, ebbe l’idea di “approcciare” la moglie del proprietario. Questi, contrariato, gli offrì una bottiglia di Whisky aperta ma avvelenata con la stricnina (“mai bere da una bottiglia se te la offrono stappata” si diceva all’epoca nell’ambiente del blues). Morì tre giorni dopo e oggi è sepolto in una tomba senza nome da qualche parte del Mississippi. Per la verità di ce ne sono tre di sepolture ma nessuna di queste è stata ufficialmente riconosciuta.

Ecco un altro giovane dalla tragica fine: Jimi Hendrix. Nelle prime ore di venerdì 18 settembre 1970, mentre si trovava a Londra con la compagna, Jimi assunse alcuni sonniferi. Trascorso un bel po’ di tempo, poichè non dava segno di risveglio, la ragazza chiamò una ambulanza. Sul letto una scatola di Vesparax dalla quale mancavano nove pillole, la decima era sul pavimento. La posologia del farmaco era di mezza pasticca! All’arrivo degli infermieri il suo corpo giaceva immobile, supino sul letto, in una vasta pozza di un rigurgito nero e marrone; ne era ricoperto e le vie respiratorie completamente occluse. Il coroner di West London Thurston confermò che “non è possibile stabilire se la morte sia stata casuale o in qualche modo provocata”. Alle 12:45, all’età di ventisette anni, Jimi Hendrix venne dichiarato morto. Il corpo fu riportato dalla sua famiglia a Seattle. Poco tempo prima Jimi aveva detto al suo manager: “Se tornerò a Seattle sarà in una cassa da morto”. Qualcuno sussurrò che riguardo alla sua morte c’era lo zampino dei servizi segreti ed in effetti, oggi, grazie al Freedom of Information Act che consente l’accesso alle fonti di polizia, dagli archivi dell’FBI e della CIA emerge quanta invasività fu posta in operazioni condotte su Jimi Hendrix, John Lennon, Jim Morrison e Frank Zappa (tutti passati a miglior vita) e ancora su tanti altri musicisti. Cosa strana, la sua amante di sempre, Dolly Dagger, morì poco dopo in circostanze misteriose e anche la sua fidanzata, la pattinatrice tedesca Monika Danneman, si suicidò.

Janis Joplin
e Kurt Cobain

Proseguo brevemente con Janis Joplin, la cantante che cambiò per sempre l’immagine della donna. Si spense mentre cercava di poggiare un pacchetto di sigarette sul comodino: scivolò e colpì il mobile con il volto. Cadde sul pavimento dove fu trovata morta il giorno successivo. Fece seguito Jim Morrison dei Doors. Il suo culto, dopo la morte crebbe a dismisura, culminando nel 1979 quando Francis Ford Coppola usò “The End” per la colonna sonora di Apocalypse Now. Lo trovarono a Parigi, nella vasca da bagno immerso nel suo sangue in un appartamento che condivideva con la compagna Pamela Courson. Il decesso fu attribuito ufficialmente ad un’insufficienza cardiaca provocata da una overdose di eroina ma sul suo corpo non fu mai eseguita una autopsia e il caso fu chiuso frettolosamente. Cosa accadde quella notte del 1971 non si saprà mai. La sua fidanzata, Pamela, fu successivamente trovata morta nel 1974. Citerò ancora solo un paio di cadaveri “eccellenti”, iniziando da Kurt Cobain. Un suo elettricista della Veca Electronics lo trovò esanime venerdì 8 aprile del 1994. Secondo le risultanze Kurt Cobain si era suicidato sparandosi in bocca con un fucile Remington calibro 20; l’arma era stranamente pulita e senza impronte digitali. il chitarrista non solo aveva ingerito del Valium in dosi a dir poco esagerate ma si era iniettato eroina sufficiente per una tripla overdose. Nel 1998 un tale: Eldon Hoke, batterista dei Mentors, sostenne, durante le riprese di un documentario, di aver ricevuto cinquantamila dollari per uccidere Cobain. Non specificò chi fosse il mandante. Pochi giorni più tardi Hoke morì travolto sui binari da un treno, mantenendo così il silenzio.

La coltre del silenzio ricoprì le vicende del Club 27 fino a quando, nel 2011, anche la cantante Amy Whinehouse se ne dipartì, ventisettenne, da questo mondo.

I media si diedero da fare e il Club e le sue vicende furono (scusatemi il termine) riesumati. Amy era una persona fragile e piena di problemi al punto che si disse la cantante essere probabilmente disgustata dalla sua stessa carriera e prigioniera della propria immagine tanto da passare la notte in cui morì guardando i suoi filmati su YOUTUBE. Il fratello dichiarò che la cantante non era deceduta a causa dell’alcol, anche se risultò ne avesse bevuto una dose cinque volte superiore alla norma, ma per colpa della bulimia della quale soffriva fin dall’adolescenza.

Venti giovani morirono tutti alla stessa età e tutti dotati di sensibilità e talento da vendere. L’età che li accumunava è certamente un caso ma per altri è intervenuta qualche misteriosa forza paranormale; per i soliti complottisti furono oscure manovre governative (ma perché l’età?). Personalmente ritengo la cosa del tutto casuale; a pensarci bene, di club composti da deceduti se ne possono creare a iosa e per ciascuno di questi un contorno di gruppi complottisti o esoteristi…: c’è solo l’imbarazzo della scelta: chessò il “club delle morti sospette” con Marylin Monroe, John Lennon, Lady Diana Spencer e Moana Pozzi; il club dei “giovani sfigati” composto da attori e attrici che erano piccole star e hanno poi fatto una brutta fine: Mary Anissa Jones (Tre nipoti e un maggiordomo ), Dana Plato (Il mio amico Arnold), Gene Anthony Ray (Saranno famosi), River Phoenix (Stand by me), Rob Knox (Harry Potter), Dominique Dunne (Poltergeist), Jonathan Brandis (La storia infinita). La verità è che nel campo artistico accade di tutto: i grandi attori e musicisti sviluppano una tale sensibilità da farli soffrire smisuratamente. Lo star system è implacabile con le sue galline dalle uova d’oro e le spreme fino a far loro esalare, in alcuni casi, l’ultimo respiro. Volete creare un club dei morti bello corposo con qualche mistero manco tanto misterioso? Vi suggerisco il “club di Taranto” con 11.550 morti causate dall’inquinamento. Vi saluto da un metro e mezzo (sembra ancora per poco).

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