Caso aborto negato a Vasto, il Pd: “Garantire che ogni donna possa esercitare i propri diritti senza ostacoli e con il supporto adeguato”

Ospedale Vasto

VASTO – Si accende la polemica sulla vicenda della donna di Vasto che è dovuto ricorrere ad una struttura sanitaria in Molise, per la precisione a Campobasso, per effettuare l’interruzione di gravidanza che, secondo la sua ricostruzione, le sarebbe stata negata nell’ospedale di Vasto.

Mancanza di medici non obiettori, la prima causa, e un velato tentativo, sempre secondo la donna e le associazioni che la assistono, di farle cambiare idea, anche dicendole che si sarebbe dovuta fare una ecografia per ascoltare il battito del feto.

Di qui la decisione della donna di andare fuori regione (con aggravio ulteriore per il bilancio già disastrato della sanità regionale) e poi di rivolgersi alle associazioni competenti per avviare una battaglia per il rispetto di questi diritti delle donne.

Il Direttore della Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Vasto, Gabriele D’Egidio, da arte sua ha smentito e precisato, con una nota che, a differenza di quanto sostenuto dalla donna e dalle associazioni, “è prassi effettuare il certificato che avvia all’interruzione dopo aver fatto una ecografia che accerta lo stato di gravidanza. E questo è stato detto alla donna che è stata trattata come tutte le altre. Le sono state date le informazioni dovute, che identificano un percorso, e a quello ci si deve attenere”. 

Sul caso ora interviene il Pd con tre donne Emanuela Di Giovambattista, Marielisa Serone e Roberta Tomasi, impegnate da sempre, a livello nazionale e regionale, nelle lotte per i diritti delle donne.

«Riguardo il caso della denuncia fatta da una donna abruzzese che ha provato ad accedere ad una interruzione volontaria di gravidanza (IVG), abbiamo letto in questi giorni dichiarazioni di questo tipo (e con questi toni):
“Si può effettuare il certificato che avvia all’IVG dopo aver fatto una ecografia che accerta lo stato di
gravidanza”; alla donna “sono state date le informazioni dovute, che identificano un percorso, e a quello ci si deve attenere. Si fa l’ecografia, si compila il certificato e si indirizza la donna all’ospedale che pratica l’IVG, che a Vasto è temporaneamente sospesa per mancanza di medici non obiettori”.

Abbiamo osservato gli accadimenti in queste ore, consapevoli dell’ottimo lavoro portato avanti dai collettivi e dalle associazioni territoriali che ogni giorno lavorano e sono al fianco delle persone e delle donne che non riescono da sole a far valere i propri diritti.

Siamo però ora convinte che sia necessario sottolineare in tal senso le serissime condizioni in cui versa la sanità abruzzese per quello che riguarda la possibilità di accedere a servizi garantiti a norma di legge (in teoria) e che meritano una riflessione approfondita.

  • Disinformazione e Ostacoli: come evidenziato da Zona Fucsia, e poi con lei il collettivo Malamend3 e la
    piattaforma “IVG ho abortito e sto benissimo”, l’ospedale pubblico di Vasto si è trasformato in un luogo di
    disinformazione, ostacolando l’accesso a un diritto fondamentale. La negazione dell’IVG non solo contraddice le normative vigenti, ma crea anche un clima di paura e confusione per le donne che si trovano in situazioni di necessità.
  • Diritto alla Salute: è fondamentale ricordare che l’accesso all’IVG è un diritto sancito dalla legge. Le affermazioni del direttore della ASL di Vasto sembrano ignorare questo principio, mettendo in discussione la responsabilità delle istituzioni sanitarie nel garantire la salute e il benessere delle donne.
  • Impatto Sociale: le parole del direttore non solo influenzano le decisioni individuali, ma hanno anche un impatto sociale più ampio. Parlare di battito del feto, normalizzare una circostanza, quella dell’obiezione di struttura – che NON è consentita dalla legge – usando peraltro un tono paternalistico e secco, quando si parla della vita e delle esperienze vive di una e più persone in carne e ossa, stigmatizzare in una parola l’IVG, contribuisce a perpetuare una cultura di silenzio e vergogna, che può avere conseguenze devastanti per le donne e le loro famiglie.
  • Richiesta di Trasparenza: è essenziale che le autorità sanitarie forniscano informazioni chiare e trasparenti riguardo ai servizi disponibili. La mancanza di comunicazione e supporto può portare a situazioni di emergenza e a scelte forzate, come quella di rivolgersi ad altri servizi, in questo caso anche fuori regione, che non dovrebbero mai essere parte dell’esperienza di una donna.

In conclusione, le esternazioni del direttore devono essere riviste e corrette. È necessario un impegno collettivo per garantire che ogni donna possa esercitare i propri diritti senza ostacoli e con il supporto adeguato». Emanuela Di Giovambattista, coordinatrice della Segreteria regionale del PD Abruzzo – Marielisa Serone D’Alò, responsabile del dipartimento Diritti del PD Abruzzo – Roberta Tomasi, coordinatrice della Conferenza delle donne democratiche.