Chico Forti e le minacce di morte al segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria. Nardella: “Ecco perché ho scelto di stare con Aldo Di Giacomo, esempio di sindacalismo coraggioso”
ROMA – Mauro Nardella, delegato nazionale Cnpp-Spp, interviene sulla vicenda che protagonista Chico Forti, il detenuto italiano rimpatriato da qualche mese dalla Usa, e le minacce da lui rivolte al segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo.
“Molti ancora oggi si chiedono il motivo per cui ho scelto di stare al fianco del sindacalista Aldo Di Giacomo, dopo 25 anni di militanza in un altro sindacato e con alle spalle finanche i “gradi” di segretario confederale.
Nulla di personale, ovviamente, visto che nel sindacato uscente ho lasciato alcuni tra i miei migliori amici, con i quali tutt’oggi mi sento e con i quali collaboro.
A convincermi del fatto che avevo bisogno di cambiare mi è bastato leggere il brano di un’intervista rilasciata più di un anno fa da Aldo Di Giacomo.
A dir la verità di quell’intervista mi sarebbe bastato leggere solo il titolo per capire che con lui avrei trovato, così come di fatto è accaduto, nuovi stimoli.
Oggi, a distanza di un anno, grazie anche e soprattutto a un’interrogazione parlamentare avanzata dalla deputata M5S Vittoria Baldino e che vi invito a seguire cliccando il link di seguito riportato (https://youtu.be/z3hUYmXzlTE?si=gdgi8MH7pJ-AyyZU), di quella intervista ne ho riassaporato il contenuto contornato da un inusuale quanto raro coraggio.
Non è un caso quindi che Di Giacomo faccia parte di quella triade composta dai giornalisti Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli anch’essi, a quanto pare, minacciati da Chico Forti. “Chico Forti è un privilegiato. Voleva silenziarmi? Non sono preoccupato”.
E’ con queste parole che a Luglio del 2024 il mio attuale segretario generale rispondeva alle domande dei giornalisti sulla vicenda che lo vedeva vittima di un presunto messaggio di morte che Chico Forti aveva fatto trapelare e per di più, a quanto sembra, per il tramite di uno ndranghetista.
Lo avrebbe fatto, così come anche riportato nella sua interrogazione dall’onorevole Baldino, a seguito, sembra, del fastidio prodotto dalle affermazioni fatte da Di Giacomo, evocanti un trattamento di favore a Chico Forti attribuito e che, proprio per la conseguente sperequazione prodotta, relegavano i restanti detenuti Italiani a ristretti di serie B.
Sono state proprio le parole dette da Di Giacomo, a seguito delle minacce ricevute che hanno fatto maturare in me la convinzione che stare al suo fianco, nella squadra nazionale del Cnpp-spp, avrebbe reso ancora più forte il desiderio di mettermi al servizio della salvaguardia dei diritti dei miei colleghi.
Una scelta che benedico e che mi auguro possa essere fatta da molti altri miei colleghi. Sto parlando di quelle persone che di sindacalisti come Di Giacomo ne hanno oggi più che mai bisogno”. Il delegato nazionale Cnpp-Spp Mauro Nardella

Qui di seguito l’intervista rilasciata il 12 luglio 2024 da Di Giacomo
“Chico Forti è un privilegiato. Voleva silenziarmi? Non sono preoccupato”
Attività, Intimidazione
Dopo quelli di Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli spunta il terzo nome indicato dall’omicida estradato negli Usa a un detenuto che avrebbe rapporti con la criminalità organizzata.
È il sindacalista Aldo Di Giacomo, che racconta a Today.it: “Se dovesse uscire a breve, non ci sarebbe da meravigliarsi”
La terza persona che Chico Forti avrebbe chiesto di far “silenziare” tramite un detenuto legato alla ‘ndrangheta, insieme a Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli, sarebbe Aldo Di Giacomo, il segretario generale dell’Spp (il sindacato della Polizia Penitenziaria). Il sindacalista nei mesi scorsi era più volte intervenuto sulla vicenda, lamentando il trattamento di favore ricevuto da Forti, un trattamento che avrebbe creato forti malumori tra gli stessi detenuti.
“Io non sono mai stato contattato dalla procura di Verona – spiega Di Giacomo a Today.it – né formalmente, né informalmente. Il giornalista mi ha assicurato che la sua è una fonte certa ma non posso confermare”.
Ritiene però verosimile che il terzo nome possa essere il suo?
“Potrebbe anche essere, dato che ho scritto un sacco di cose contro Chico Forti, non perché ce l’abbia con lui, ma perché pensavo delle cose sul suo caso e le ho dette.
Non sono state molte le persone che hanno detto e scritto contro di lui, io sono una di quelle.
Voglio però aggiungere una cosa: se domani Chico Forti dovesse uscire dal carcere nessuno potrebbe gridare troppo allo scandalo perché in Italia, chi commette omicidi, solitamente dopo 26 anni esce, perché il sistema giudiziario italiano prevede questo.
Per me lui è l’omicida per molte ragioni e lo dico con cognizione di causa perché mi sono letto tutte le carte.
È uno che mistifica la realtà e ha più volte mentito, anche questo si legge dagli atti.
Gli informatori della polizia americana sono dei professionisti e sono ritenuti attendibili.
E uno di questi dice chiaramente che Forti gli chiese, previo pagamento, di trovare un sicario per uccidere l’avvocato.
Questo è agli atti del processo, non lo dico io.
La sua difesa si può riassumere con ‘ha detto bugie perché aveva paura’ e secondo me non è verosimile perché non ci sono elementi oggettivi che possano scagionarlo”.
È preoccupato?
“Assolutamente no. Non è quello il luogo in cui un detenuto può incontrare persone che in qualche modo possono creare problemi all’esterno. L’area in cui si trova è quella in cui ci sono gli “articoli 21”, quelli in cui l’amministrazione penitenziaria si adopera per assicurare ai detenuti un lavoro fuori o dentro gli istituti.
Se mi avessero detto che aveva parlato con un detenuto al 41 bis… beh, lì mi sarei preoccupato un po’ di più.
È come se uno va al giornalaio a chiedere se gli trova qualcuno perché vuole uccidere la moglie, lascia il tempo per trova.
Quando mi hanno detto che forse ero io il terzo mi sono andato a informare, il carcerato in questione è condannato per truffa, non è mai stato accertato che abbia rapporti con alte sfere della mafia.
Fosse stata una persona pericolosa, non lo avrebbe mai detto a nessuno; magari avrebbe dato un cazzotto a Chico Forti ma non avrebbe parlato. Nel carcere vigono regole ben precise e si sa bene chi è pericoloso e chi comanda”.
Lei ha più volte lamentato il trattamento di favore ricevuto da Chico Forti rispetto agli altri detenuti. Può spiegare cosa intende?
“Noi abbiamo 2.424 italiani detenuti all’estero, di cui 200 con pena lunga, dove per lunga si intende più di 10 anni. Lei ha mai sentito di un governo che si è mobilitato per uno di loro?
Lei ha mai visto un presidente del Consiglio che va a prendere un detenuto che ha una condanna definitiva per omicidio non in un Paese qualsiasi, ma in Usa che – ci piaccia o no – è uno degli Stati più civili al mondo?
Chico forti è condannato per omicidio e io penso che Giorgia Meloni non si sia neanche letta le carte, ma sarebbe ora che qualcuno le leggesse”.
“La premier lo ha accolto in aeroporto – spiega ancora Di Giacomo – dopodiché lo hanno portato a Verona dove è stato prima nel reparto infermeria, dove va chi sta male o chi ha commesso reati gravi come l’infanticidio ed è in attesa di una sistemazione, poi dove stanno gli “articoli 21”, che in sostanza è il luogo dove si arriva alla fine della carcerazione e ci sono i detenuti che in carcere vanno solo a dormire perché durante la giornata lavorano fuori; è l’anticamera della scarcerazione.
E ancora: dopo due giorni gli è stata concessa un’intervista con Bruno Vespa, quando un detenuto normale deve attendere almeno quattro mesi per un’autorizzazione che non è detto che arrivi.
Quando ancora non era arrivato in Italia, già era stata inoltrata la richiesta – subito accettata – per farlo andare a incontrare la madre: di media un detenuto che ha gravi problemi – ovvero un parente stretto che sta per morire – deve attendere 3 giorni in caso di decesso, altrimenti la media è 18 giorni.
Lui l’ha ottenuta in due”.
Insomma, pensa che Chico Forti uscirà presto dal carcere?
“In Italia chi è condannato per omicidio resta in carcere non meno di 22 anni, lui in Usa – dove non ha mai creato problemi per cattiva condotta – si è già fatto 25 anni.
Quindi lui è sicuro di poter uscire presto, come tutti gli altri detenuti per reati analoghi.
E non è assolutamente vero che l’Italia debba attenersi alle applicazioni degli altri Stati: in Italia si applica solo la legge italiana e lui ora è sotto la competenza del magistrato di sorveglianza, che potrebbe farlo uscire senza difficoltà.
Quindi ribadisco: non ci sarà nulla di anomalo se Chico Forti uscirà dal carcere a breve, ma è fastidioso quello che è successo prima”.



