Donato, poeta quindicenne di Pescasseroli, fotografa con le parole la vita al tempo del Coronavirus

AVEZZANO – Il Coronavirus in poesia. L’ardito esperimento letterale e dialettico è stato compiuto, e a nostro avviso con risultato più che eccellente, da un poeta marsicano in erba. Si tratta di uno studente del Liceo Artistico “Bellisario” di Avezzano, che frequenta il secondo anno, residente a Pescasseroli che così ci spiega le motivazioni e gli stati d’animo che lo hanno portato a scrivere la sua poesia.

Poesia che riportiamo subito dopo le notazioni sul testo e sul suo vissuto descritte dal nostro Donato Berardini, poeta di soli 15 anni.

Una panoramica di Pescasseroli

“Mi chiamo Donato Berardini, ho quindici anni e frequento il secondo anno del Liceo Artistico “V. Bellisario” di Avezzano. Abito a Pescasseroli, che è un paese che amo molto e a cui sono molto legato, dove vivo con la mia famiglia.
Da qualche mese a questa parte, la nostra vita improvvisamente è cambiata; a causa del diffondersi del virus molti hanno perso i loro cari, per la maggior parte anziani, a cui noi ragazzi siamo molto attaccati e, cioè, i nostri nonni.
Scrivendo questa poesia in dialetto, intitolata “A Coronavirus”, ho voluto inviare un messaggio di coraggio e solidarietà ai miei compaesani, a cui voglio molto bene, e, soprattutto, esprimere vicinanza, oltre che a tutti i compagni di classe e di Liceo, alla nostra Preside, Prof.ssa Annamaria Fracassi, alla ex Vice Preside, Prof.ssa Angela Rubini, ai miei Professori, con i quali ho instaurato rapporti bellissimi e di cui, in questi giorni così difficili, sento particolarmente la mancanza, per aver compreso, ancora di più, quanto la scuola e il rapporto con ciascuno di Loro sia parte essenziale della vita per imparare e per crescere.
L’ispirazione l’ho avuta dalla difficoltà del periodo che stiamo vivendo, di non poter intrattenere rapporti di vicinanza, come eravamo da sempre abituati, se non in maniera “virtuale”, a cui, ora, purtroppo, siamo obbligati, con la speranza e l’augurio, però, che torneremo presto ad essere felici, a riabbracciarci e fare una grande festa, che duri anche più di un giorno, con i nostri amici.
Ora finalmente stiamo entrando nella “Fase 2” perché l’epidemia sta iniziando ad attenuarsi ma, purtroppo, dobbiamo, ancora, per molto, rispettare le regole di sicurezza, per far si che non si ritorni a quei momenti indescrivibili.
Questo periodo ci fa sicuramente riflettere su ciò che è importante nella vita, imparare ad apprezzare di più i valori e a capire che i rapporti umani sono una risorsa preziosa”.

A CORONAVIRUS

di Donato Berardini


Dice ca de forma tè cénte i chiù spine,
se te se appicceca n’golle è la fine.
Ste cunde pe glie vecchie è comme a na témbesta,
ma pe glie quatrane è tutta na festa:
è ne periode particolare,
s’è firme tutte
dalle grosse aziende aglie péquerale.
Povere a nu che ce avime a che fa,
na jettate n’derra, ma mo n’avima da rarrezzà!
Ce petime dicere sule “Té puzze arrabbià’!”,
ma penze ca ne fenime de peggiorà.
Mo comme a mo avima da prejà,
ca sule a Patraterne ne po ajjetà.
Dalla Cina è arrevate a Milane
i fine a nu c’è venute chiane chiane.
Quande ne sendavame parlà,
pariva ne cunde ca ne‘nze petiva avverà.
Glie scenziate i glie medeche ne stanne ad ajjetà
Però nu mo avima da collabborà
“Tutte dentre n’avima da stà’!”
I quande fenisce ste cunde né rendrime manghe pe ne crecà.
Ne sta a parì tante nire ca ogne jurne
ne fa venì a sespire,
i speriame ca la petime raqquentà
che tante orgoglie i felicità.
Comunque chemenzamene a rassequerà
ca glie cunde se stanne a resestemà
i ne petime rabbraccià.
Mo Pasquetta ne né la rescime a fa,
ma requerdeteve ca ferrajuste
che na partuccia i du fiaschette
fine azze jurne appresse remanime a cantà.

Un saliscendi di emozioni e di sentimenti, dalla paura alla sorpresa, dall’angoscia alla speranza, che ben sintetizza quello che, in tutti noi, da oltre due mesi, ci fa compagnia nelle nostre giornate di isolamento. Ma il finale è solo speranza e questo è un invito alla positività che nessuno poteva meglio esprimere se non un ragazzo, pardòn, un poeta di soli quindici anni.

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