Dopo Francesco (si fa per dire) è tempo di Conclave: per i cardinali e lo Spirito che li assisterà la scelta più difficile della storia

Morto il Papa non se ne fa un altro, o meglio uno come Bergoglio. L’intero mondo sente la mancanza di quello che è stato considerato il padre di tutti. È come se, all’improvviso, sia mancato il punto di riferimento, il supporto alla vita mondiale.

Quando si verifica un evento terribile come un terremoto, l’aria pare cristallizzarsi e la natura diviene attonita, immobile nella sua impotenza. Questo è quanto accadde nel mattino a Roma quando Papa Francesco ci lasciò.

Girando per la città, oggi, si respira un’aria attonita, come se tutto fosse rimasto sospeso a metà: perfino il traffico, normalmente caotico, è rado, scorrevole, quasi come se tutti si fossero rintanati in casa a leccarsi le ferite.

La città Eterna, infatti, maggiormente subisce l’influenza della dipartita di un Pontefice essendo da sempre stata immersa nel mondo ecclesiastico, con lo Stato della Chiesa prima e la contiguità con il Vaticano poi.

Fino al 1870 il Papa re ha sempre governato l’Urbe e da questa direttamente o indirettamente il Mondo. I romani hanno visto il suo potere spirituale e temporale emanarsi dal palazzo del Laterano, poi da quello del Quirinale, ora dal Vaticano, sviluppando una sorta di sesto senso clericale. Il numero delle campane stimate arriva a circa 1.260 e il loro suono riempie la giornata (nonché la testa) dei figli di Romolo. Tutto questo ha fatto in modo che il romano “doc” avvertiva, allora come oggi, “a pelle”, quale ecclesiastico barometro, le variazioni della Cattedra di Pietro. Un esempio?

Quando fu dimesso Francesco dal policlinico Gemelli, i media illustravano i progressi della salute pontificale ma a Roma, i romani, apprendendo quelle notizie, scuotevano il capo.

Perfino quando Sua Santità fece la improvvisata passeggiata per San Pietro, il romano “doc” pronunciava tristemente queste due parole: ” è arrivato…” e qualcuno maliziosamente aggiungeva: “l’hanno mandato a morire a casa…” alludendo alle statistiche ospedaliere salve.

Se Roma è ferma, sbigottita, un posto, nell’Urbe, ferve di preparativi e di frenetico impegno: il Vaticano. Dietro alle Mura Leonine c’è chi si affaccenda nei preparativi dell’apparato funebre papalino. Non è cosa da poco viste le importanti personalità che presenzieranno, ad eccezione di Putin al quale, un mandato di cattura internazionale, impedisce di mettere piede in Italia e l’eventuale presenza del coniglio pasquale di Trump.

Se da una parte si allestisce il Conclave e la sua parte logistica dall’altra corre, dietro alla Cattedra di Pietro, un intrecciarsi di accordi (vietati) che per la maggior parte riguardano il lato temporale della Città Sacra. I malpensanti che presumono accordi segreti, sappiano che non sono ammesse riunioni preliminari per definire “strategie politiche” o accordi sul futuro Pontefice: la cosiddetta “campagna elettorale” è considerata materia di scomunica.

Non dimentichiamo che il Papa assomma in sé il potere spirituale in quanto Vicario di Cristo e vescovo della Città Eterna e quello temporale perché sovrano della Sacra Città del Vaticano e non è cosa da poco.

Al di là del potere spirituale, si è detto che il Sommo Pontefice è anche sovrano di uno stato con tutti gli adempimenti temporali che comporta la sua amministrazione.

La Santa Sede è uno dei tanti paradisi fiscali, ad esempio e l’Istituto delle Opere di Religione (IOR)  viene collocato da Moneyval “tra le istituzioni meglio classificate al mondo”. Lo IOR, di questi tempi, infatti, si distingue per l’elevata solidità patrimoniale e la robusta liquidità. Tralascio il turbolento periodo in cui il cardinale Paul Marcinkus guidò l’Istituto trascinandolo nelle perigliose acque dell’affaire Sindona e Calvi.

Oggi si confrontano i nomi dei papabili in termini “politici” temo che lo Spirito Santo, che dovrebbe illuminare le menti dei cardinali nel conclave, guarderà altrove in questo caso.

L’ombra di Bergoglio si stenderà sulle votazioni perché, piaccia o meno, dei 138 cardinali votanti (tanti sono, c’è chi dice 136, chi 135), 104 sono stati nominati dal defunto Pontefice spesso scegliendo uomini che condividevano le sue priorità pastorali e credo che la sua volontà in vita supererà la morte per operare nella riunione a porte chiuse. Una ulteriore dimostrazione delle capacità del “Grande Trapassato” che arrivano a sfiorare il paranormale.

Volendo celiare, in due guideranno il sacro spoglio: Lo Spirito Santo e Francesco, l’uno invocato dagli elettori, l’altro autoconvocato.

I cardinali votanti sarebbero di più se si contasse Angelo Becciu il quale fu condannato per via della compravendita-truffa di un immobile a Londra, a cinque anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nel 2020, durante la fase di indagine, Becciu fu di fatto esautorato da Papa Francesco il quale accettò la rinuncia del porporato all’incarico di prefetto della Congregazione delle cause dei santi e ai “diritti connessi al cardinalato“.

Conservò il titolo cardinalizio, seppur senza alcun incarico nella Curia. Il problema è che ora Becciu sostiene di avere ancora il diritto a partecipare al prossimo conclave per eleggere il successore di Francesco.

Anzi in una dichiarazione rilasciata al giornale “L’unione Sarda” dice: “… il Papa ha riconosciuto intatte le mie prerogative cardinalizie in quanto non vi è stata una volontà esplicita di estromettermi dal Conclave né la richiesta di una mia esplicita rinuncia per iscritto“. Insomma se qualcuno lo vede all’orizzonte è meglio che attivi il bat-segnale! L’umana improntitudine non conosce limiti.

Il cardinale in questione potrà partecipare all’elezione del successore di Bergoglio? Sorge un doveroso dubbio: eleggere un Papa, per i cardinali, è un dovere oltre che un diritto. Le congregazioni generali, riunite dallo scorso 22 aprile nell’aula del Sinodo, hanno il potere di ribaltare una decisione presa da un Papa in vita? I romani l’avrebbero risolta così: “Ahò, ringrazia er Padre Eterno che t’ha conservato un posto de lavoro e statte zitto!

Per la verità iI porporato sardo non è l’unico guaio: i cardinali Cipriani (Perù) e Ricard (Francia), dove li mettiamo? Entrambi superano gli 80 anni e non sono elettori, ma dovrebbero essere ammessi alle congregazioni ante-Conclave. Entrambi sono coinvolti in vecchi casi di abusi sessuali. La loro presenza alimenterebbe ulteriori polemiche.

Il portavoce vaticano Matteo Bruni, sollecitato dalla stampa sulla questione ha risposto: “Alle congregazioni sono stati invitati tutti, adesso pensiamo ai funerali di papa Francesco“. Vedremo… .

A dirla tutta queste presenze risulterebbero inopportune. Potrebbero creare tensioni, soprattutto tra quei porporati che vedono in loro il simbolo di tutto quello che Bergoglio ha cercato di estirpare.

Hic sunt leones” viene da dire. La parola “conclave” deriva dal latino “cum clave” che in italiano suona all’incirca: “chiuso a chiave”.

Il termine scaturisce da un episodio del 1270 quando a Viterbo, allora sede papale, i cittadini decisero di rinchiudere i cardinali a chiave all’interno del palazzo papale. Questo per accelerare l’elezione del nuovo Pontefice (il futuro Gregorio X). Ora, però, vediamo come funziona la cosa ai nostri tempi.

A scegliere il Papa sono i cardinali elettori, che non devono raggiungere la tenera età di ottanta anni. In verità ce ne è uno che di anni ne ha quarantaquattro.

Si chiama Mykola Bychok ed è Vescovo dell’Eparchia dei Santi Pietro e Paolo di Melbourne per i cattolici ucraini in Australia (ma sono tutti uguali ‘sti ucraini?), Nuova Zelanda e Oceania. Che poi una eparchia sarebbe una sorta di distretto, ma sapete, quando ci si scontra con Santa Romana Chiesa i termini semplici vanno a “farsi benedire” (è proprio il caso di dirlo). Ci pensò Papa Francesco a ordinarlo nel Concistoro del 7 dicembre 2024. Probabilmente non sarà mai eletto pontefice: durerebbe troppo… .

Attualmente è concessa ai cardinali la facoltà di anticipare l’inizio dell’elezione papale se sono presenti tutti, oppure di attendere ulteriori venti giorni. D’altro canto gli arzilli votanti provengono da tutte le parti del mondo e tra un enfisema, una gotta e la glicemia alta non sempre sono rapidissimi nel muoversi.

Dimenticavo… i cardinali che partecipano ai conclavi ricevono un’indennità giornaliera (diaria) per coprire le spese di viaggio e soggiorno. Questa cifra, secondo fonti vaticane, si aggira intorno ai 100-200 euro al giorno, il che mi fa pensare ad una nuova categoria di lavoratori: i cottimisti del conclave: più giorni ci metti e più guadagni. Lo so sono un vecchio arido e bisbetico.

Il Conclave inizia con la riunione di tutti i cardinali elettori nella basilica di San Pietro. Qui, nella mattina,  il cardinale decano presiede la messa pro eligendo Romano Pontefice.

Pomeriggio: tutti alla Cappella Paolina con indosso l’abito corale, una tunica bianca (il rocchetto) una mantellina rossa (la mozzetta) e il tricorno in testa. Qui cantano le litanie dei santi e l’inno “Veni Creator Spiritus” per invocare lo Spirito Santo.

È arrivato il momento della processione verso la Cappella Sistina. In questa grande aula, sotto il capolavoro di Michelangelo, saranno effettuate le votazioni. La stufa per bruciare le schede dopo ogni votazione e da dove scaturisce la fumata bianca in caso di successo dell’elezione o quella nera in caso contrario è posizionata a un lato della sala. Le finestre sono ermeticamente chiuse per impedire interferenze con l’ambiente esterno: insomma sono sigillati come in un Thermos.

I cardinali sono tenuti a giurare tutti insieme secondo la formula latina del Testor Christum Dominum:

Nos omnes et singuli in hac electione Summi Pontificis versantes Cardinales electores promittimus, vovemus et iuramus inviolate et ad unguem Nos esse fideliter et diligenter observaturos omnia quae continentur in Constitutione Apostolica Summi Pontificis Ioannis Pauli II, quae a verbis « Universi Dominici Gregis » incipit, data die XXII mensis Februarii anno MCMXCVI. Item promittimus, vovemus et iuramus, quicumque nostrum, Deo sic disponente, Romanus Pontifex erit electus, eum munus Petrinum Pastoris Ecclesiae universae fideliter exsecuturum esse atque spiritualia et temporalia iura libertatemque Sanctae Sedis integre ac strenue asserere atque tueri numquam esse destiturum.

Praecipue autem promittimus et iuramus Nos religiosissime et quoad cunctos, sive clericos sive laicos, secretum esse servaturos de iis omnibus, quae ad electionem Romani Pontificis quomodolibet pertinent, et de iis, quae in loco electionis aguntur, scrutinium directe vel indirecte respicientibus; neque idem secretum quoquo modo violaturos sive perdurante novi Pontificis electione, sive etiam post, nisi expressa facultas ab eodem Pontifice tributa sit, itemque nulli consensioni, dissensioni, aliique cuilibet intercessioni, quibus auctoritates saeculares cuiuslibet ordinis et gradus, vel quivis hominum coetus vel personae singulae voluerint sese Pontificis electioni immiscere, auxilium vel favorem praestaturos.”

Noi tutti e singoli Cardinali elettori presenti in questa elezione del Sommo Pontefice promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo di osservare fedelmente e scrupolosamente tutte le prescrizioni contenute nella Costituzione apostolica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, emanata il 22 febbraio 1996.

Parimenti, promettiamo, ci obblighiamo e giuriamo che chiunque di noi, per divina disposizione, sia eletto Romano Pontefice, si impegnerà a svolgere fedelmente il munus Petrinum di Pastore della Chiesa universale e non mancherà di affermare e difendere strenuamente i diritti spirituali e temporali, nonché la libertà della Santa Sede.

Soprattutto, promettiamo e giuriamo di osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l’elezione del Romano Pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell’elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice; di non prestare mai appoggio o favore a qualsiasi interferenza, opposizione o altra qualsiasi forma di intervento con cui autorità secolari di qualunque ordine e grado, o qualunque gruppo di persone o singoli volessero ingerirsi nell’elezione del Romano Pontefice.

Poi, ciascun elettore sfila, terminando il testo del giuramento, con la mano sul vangelo dicendo:

“Et ego X. Cardinalis Y. spondeo, voveo ac iuro
Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango”

“Ed io X. Cardinale Y. prometto, mi obbligo e giuro.
Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli che tocco con la mia mano.”»”

Il giuramento racchiude in sé la “promessa di segretezza”: i cardinali si impegnano a mantenere il segreto sulla loro preferenza, “Libertà di voto”: nessuno può influenzarli o costringerli nel loro voto e infine la “Chiamata a testimone di Dio” dove esprimono la loro serietà e responsabilità al cospetto di Dio all’atto di scegliere il nuovo Papa.

Una volta che tutti i cardinali hanno giurato, il maestro delle celebrazioni liturgiche del pontefice, ad oggi l’arcivescovo Diego Giovanni Ravelli pronuncia la formula solenne “Extra omnes”, “Fuori tutti”.

Nella Cappella rimangono i cardinali elettori, l’ecclesiastico incaricato di tenere l’ultima meditazione e lo stesso maestro. Questi, poi, chiude la porta di accesso a chiave. Da quel momento in poi nessun cardinale, eccezion fatta per motivi di salute, potrà lasciare il Conclave e buonanotte ai suonatori! ( detto che cade a fagiolo perché l’arcivescovo Ravelli oltre a essere maestro delle celebrazioni è anche responsabile della Cappella musicale pontificia sistina).

SI APRONO LE VOTAZIONI

Inizia la meditazione, con cui l’ecclesiastico incaricato espone la posizione della Chiesa. Si cerca di individuare quali caratteristiche debba avere il prossimo Papa. Ultimata l’incombenza, il maestro delle celebrazioni e l’ecclesiastico lasciano la Cappella. Rimangono solo il cardinale decano e i cardinali elettori: incominciano le operazioni di voto. Dai tempi di Giovanni Paolo II l’elezione è ammessa solamente per scrutinio e non più per acclamazione.

Non tutti sanno che sono sorteggiati tre membri con il compito di raccogliere i voti dei cardinali infermi nelle loro stanze. Altri si occuperanno dello spoglio e della conta dei voti. Ulteriori tre scrutatori avranno il compito di visionare e verificare l’esattezza dei risultati.

GLI SCRUTINI

Le fasi di ogni scrutinio sono tre: Antescrutinium (preparazione), Scrutinium vere proprieque (voto vero e proprio) e Post-scrutinium (il conteggio dei voti a cui segue l’incenerimento delle schede nella stufa). Santa Romana Chiesa ammanta sempre le sue cose, anche le più semplici, di un arcano alone ieratico.

I VOTI RICHIESTI PER L’ELEZIONE

Si diventa papa con almeno i due terzi dei voti dei cardinali elettori. Trascorso il 34esimo giorno (o dal 35esimo se si è votato anche in quello di apertura del conclave) inizia il ballottaggio tra i due candidati che nell’ultimo scrutinio hanno ottenuto la maggioranza dei voti. Anche in questo caso è richiesta la maggioranza dei due terzi.

San Giovanni Paolo II definì le norme che regolano il Conclave nella “Universi Dominici Gregis” nel 1996. Aveva stabilito che, se l’elezione si fosse protratta di oltre 30 scrutini in dieci giorni, si sarebbe proceduto per maggioranza semplice.

Poi arrivò Papa Benedetto XVI che disse: “Teufel! Te lo tico io come si fota!” e modificò ancora le regole col “motu proprio” del giugno 2007.

Il teutone Pontefice ripristinò la norma tradizionale sulla maggioranza richiesta nell’elezione, oltre a quella sul ballottaggio. Specificò anche che i due cardinali rimasti in lizza per l’elezione non possono partecipare attivamente al voto: precisione germanica.

Prima di recarsi nella Cappella Sistina, alle ore nove, tutti i santi giorni, i cardinali celebrano la Santa Messa e recitano le Lodi. La sera, effettuata l’ultima votazione, si uniscono nella preghiera dei Vespri, in attesa del nuovo giorno e di quello che porterà.

Ogni eminenza, dicevamo, riceve una scheda bianca. Deve essere piegata in due mentre il cardinale raggiunge l’altare. Qui, giurando di fronte a Dio, dichiara di votare colui che ritiene debba essere eletto e depone la scheda nell’urna sul tavolo degli Scrutatori. Voglia mai il caso che gli Scrutatori, dopo avere aperto la cassetta elettorale, mescolate le schede e contate non gli tornino i conti: si  ricomincerebbe tutto da capo! Al termine di ogni scrutinio, le schede sono bruciate, per garantire la la segretezza del voto, quindi i porporati, sfiniti se ne vanno a riposare a Santa Marta.

LE DUE FUMATE

Il risultato degli scrutini è palesato al mondo dalla fumata che esce dal comignolo del tetto della Cappella: se è nera nessuno ha ottenuto la maggioranza richiesta, se è bianca il papa è fatto!

Ogni giorno possono esserci due fumate, una alle 12 e una alle 19: le schede sono incenerite ogni due scrutini. Nel caso di vittoria di un nominativo al primo voto mattutino o pomeridiano, la fumata è anticipata.

Pare semplice far uscre il fumo da un camino e invece no.

Come accennato le fumate sono di due tipi ma ci sarebbe pure la fumata gialla, di prova, fatta prima dell’inizio del Conclave. Secondo voi il colore della fumata è così semplice a prodursi?  Scordatevelo!

Non si può buttare un pezzo di copertone nel fuoco per fare una fumata nera. Necessita un fumogeno composto da perclorato di potassio, antracene e zolfo; per quella bianca, invece, un composto di clorato di potassio, lattosio e colofonia.

La stufa è la stessa dal 1939 ma dal 2005 è stata affiancata da un’apparecchiatura ausiliaria elettronica installata di fianco.

L’elezione di chi ottiene la maggioranza non è automatica. L’interessato deve accettarla e in caso affermativo (a meno che non sia un emulo di Celestino V) comunicare ai presenti nella Cappella il suo futuro nome pontificale.

Se tutto va bene, il Cardinale Decano chiede all’eletto: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?”. Quello dice subito di si altrimenti si ricomincia tutto e gli elettori, disperati, lo accoppano sul posto.

il Decano domanda successivamente: “Come vuoi essere chiamato?”. Qui corre una spiegazione sul motivo per cui i papi cambiano nome. Lo fanno per rispettare un’antica usanza: secoli addietro, infatti, c’era chi trovava il suo nome poco adatto alla carica da ricoprire.

Il primo a mutar nome fu Mercurio, che aveva il nome di un dio pagano. Eletto papa scelse di chiamarsi Giovanni II, dal nome del martire. Successivamente, dopo che Pietro Buccaporca (chi dice Boccapecora e chi Boccadiporco, nella immagine a sinistra) lo cambiò in Sergio IV, ne rimase l’uso. Non tutti, però seguirono questa usanza: Adriaan Florenszoon Boeyens scelse il nome di Adriano VI e Marcello Cervini quello di Marcello II. 

Non esiste una regola per la scelta del nome, Bergoglio, ad esempio, religioso gesuita, scelse quello del fondatore di un altro istituto religioso, San Francesco, che istituì l’ordine dei francescani.

Il Papa eletto si dovrà ritirare nella “Stanza delle Lacrime“, che sarebbe la sacrestia della Cappella Sistina (in Vaticano nulla si chiama come dovrebbe e tutti i nomi sono drammatizzati). ll posto prende il nome dalle lacrime di gioia versate dai papi appena eletti… .

Tornando a noi, all’interno della stanza, lacrime o meno, indossa i paramenti e la talare bianca, quelli con cui si presenterà ai fedeli, quindi torna dagli altri cardinali e il Conclave finisce ufficialmente con l’intonazione del Te Deum.

Bergoglio, dopo l’elezione uscì dalla “stanza delle lacrime” con la semplice talare bianca e la croce pettorale che aveva sempre portato a Buenos Aires. Un gesto che ha immediatamente evidenziato la sua umiltà e il suo stile di vita semplice e che fece dire a molti conservatori alla Bertone: “e mo’ so guai!“.

Bisogna, ora, far conoscere al mondo il Papa. Il cardinale protodiacono (attualmente Dominique Mamberti) si affaccia dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro e pronuncia l’Habemus Papam.

Annuntio vobis gaudium magnum:
habemus Papam!
Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum,
Dominum
Gennarum,
Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Esposito,
qui sibi nomen imposuit Pium Omnia I “.

Ecco che compare quindi il nuovo Pontefice, a cui spetta la benedizione Urbi et Orbi e farà il suo primo discorso da Pontefice.

Chi sarà il nuovo Papa? Di nomi se ne fanno ma solitamente il prescelto non ha una grande storia, salta fuori a sorpresa! I conservatori ora che Francesco è giunto ad patres si ritrovano a gestire non più una fase di “resistenza”, ma a dover presentare qualcosa di nuovo e alternativo, di discontinuità col Bergoglio-pensiero.

In realtà sono orfani di Francesco: con chi se la possono pigliare più? Non hanno un candidato forte da presentare al Conclave e sono divisi al proprio interno. Non dimentichiamo, inoltre, che il preposito generale della Compagnia di Gesù, Arturo Sosa Abascal, è interessato a un dialogo interreligioso e un interesse per le questioni sociali, quasi un progressista… . Attenzione, dunque, padri coscritti della Chiesa, ai Gesuiti (quattro nel Conclave): con quelli non si sta mai tranquilli!

In questa situazione di forze centrifughe e centripete mi sovviene che che Papa Francesco ha ripetutamente espresso l’idea per cui la Chiesa ha un futuro promettente in Asia, in contrasto con la crescente crisi di identità in Europa (sempre meno vocazioni, ad esempio). In termini commerciali si direbbe che nel vecchio continente il mercato è saturo.

Durante i suoi viaggi apostolici in Asia, ha sempre sottolineato l’importanza della fraternità e della crescita della Chiesa in quei paesi. Ricordo le parole del Pontefice al ritorno dal quarantacinquesimo viaggio in Asia e Oceania: “Siamo ancora troppo eurocentrici, o, come si dice, occidentali. In realtà, la Chiesa è molto più grande di Roma, d’Europa, molto più grande e molto più viva in quei Paesi!”.

Questa frase la dice lunga sulle elucubrazoni del Papa orientato a smuovere la Chiesa verso nuovi orizzonti. Se ricordiamo gli altri pontefici per la bontà o acutezza d’intelletto, dovremo ricordare Francesco per l’intuizione e l’indirizzamento della Chiesa verso nuovi popoli, la necessaria spinta verso l’espansione della Fede cristiana che, al momento, pare avvitarsi su sè stessa in occidente. Calcolando i 104 cardinali da lui ordinati, c’è da aspettarsi un papa asiatico o filoasiatico (oppure filippino come Luis Antonio Gokim Tagle, molto vicino a Francesco e che è mezzo cinese da parte di madre). Sarebbe una mossa fenomenale che taglierebbe la testa al toro delle opposizioni, una mossa da Bergoglio!

Un triste saluto

LEO Vito