“Il Picchio Rosso nel Paese della Luna”: il Teatro dei Colori porta in scena l’Eccidio di Celano, l’assassinio dei contadini Berardicurti e Paris

CELANO – Un pezzo importante e doloro della, storia della Marsica, del Fucino, dei contadini e di celano in particolare, messi in scena dalla Compagnia “Il Teatro di Colori”.

Il 30 aprile 2025 alle ore 9,30 in anteprima per gli studenti e alle ore 21 nell’Auditorium “Enrico Fermi” in prima nazionale, con rapporti istituzionali con Ministero della Cultura e Regione Abruzzo e in sinergia con il Comune di Celano, Il teatro dei Colori di Avezzano presenta la pièce “Il Picchio Rosso nel Paese della Luna”, tratta dal libro di Renzo Paris, la storia delle lotte per la terra del Fucino e l’eccidio di Celano.

La scrittura scenica e la regia sono state curate dal regista, attore, sceneggiatore e Direttore Artistico Gabriele Ciaccia e vede in scena lo stesso Gabriele Ciaccia con Niccolò Bove, Vito Caputo, Raffaella Alfidi e Edda Comegna.

Una pagina nera della storia italiana, poco conosciuta, riprende vita in questo libro, che si muove tra l’inchiesta e il memoir, la rievocazione individuale e le testimonianze a caldo dell’epoca.

Sulla piazza di Celano, la sera del 30 aprile 1950, i Carabinieri, le guardie del principe Torlonia, padrone delle terre dell’ex lago Fucino, e un gruppo di fascisti spararono su una folla di braccianti, che attendevano di essere ingaggiati al lavoro.

Uccisero due uomini: Berardicurti e Paris, e ferirono una decina di persone, ma gli assassini, benché riconosciuti dalla folla, rimasero ignoti e impuniti, così l’eccidio di Celano, di cui si occuparono diversi giornali, italiani e esteri, restò un «cold case».

Renzo Paris ne è stato testimone oculare all’età di sei anni. Era andato in piazza IV Novembre con i suoi genitori e la gente della baraccopoli del rione Campitelli, il più malfamato del paese. Teneva con sé in una gabbietta l’amatissimo picchio rosso, che nella sparatoria subì la stessa sorte dei caduti.

Così il ricordo personale si intreccia con la memoria storica nella ricostruzione di una ferita insieme pubblica e privata, che rappresenta la perdita dell’innocenza di un’infanzia.

Un Drammaturgia della Storia, da conservare come impegno nel riconoscimento del sacrificio per il lavoro e della rivalsa sociale che nel Fucino segnò uno dei capitoli più amari, nel contesto della lotta per la terra che si disseminò in tutto il Paese.