Il testamento di Silone è nel “Tempo Presente”, con la sua creatura. “Una rivista internazionale di informazione e discussione fondata sulla libertà di critica”

*di Sergio Venditti

PESCINA – Il testamento di un grande letterato non è mai solo un atto materiale, ma implica l’eredità storica e morale nella società del suo tempo, ma anche il lascito per tutti i posteri. E così è per uno scrittore senza tempo come Ignazio Silone, con un testamento personale come Secondino Tranquilli, con il ritorno nella sua Pescina natia e quello di un’apolide, che forse solo nella Svizzera del suo esilio antifascista si è sentito pienamente accolto.

Il militante politico comunista prima, poi lo scrittore e l’intellettuale Silone ha attraversato tanta parte del “Secolo Breve”, passando come “Padre Costituente” fino all’autore affermato, dopo il capolavoro giovanile di “Fontamara”, uscito in Svizzera nel 1933, in lingua tedesca.

Ignazio Silone

L’esilio nella terra neutrale d’oltralpe, fu’ la vera palestra umana e letteraria, che dopo l’espulsione dal partito comunista, il trauma e la “catarsi”, nacque lì un grande scrittore, che ha avuto con le sue opere i rapporti con i più grandi intellettuali del tempo, da Camus ad Orwell, da Italo Calvino ad un giovane Leonardo Sciascia che hanno scritto sulla rivista “Tempo Presente”.

Così Ignazio Silone ha avuto tanto tempo per meditare sulla sua vita avventurosa ed anche sulla “morte annunciata”, che lui riteneva prossima già’ in Svizzera, a causa di una salute malferma, per cui immaginò di costruire il suo fantastico “villaggio di Fontamara”, che invece gli ridiede la vita e la fama insperata.

Quindi la morte fisica, avvenuta, in una clinica di Ginevra il 22 agosto del 1978 non colse di sorpresa il grande scrittore, che così nel suo testamento volle ritornare nel luogo a lui più caro dell’infanzia pescinese, per riposare in eterno.

La moglie Darina Laracy, raccontò che spirò alle 4,15 del mattino, scandendo ad alta voce in francese “Maintenant c’est fini. Tout est fini. Je meurs”, accostando le mani alle tempie e gemendo. Sullo scrittoio, a lato del suo letto, restavano solo i fogli del suo romanzo “Severina”, incompiuto che la consorte ne curò la pubblicazione.

Il suo corpo, per rispettare le ultime volontà, fu cremato e portato nel cimitero di Pescina, lasciando la sua richiesta accorata di essere posto “Ai piedi del vecchio campanile di San Berardo, con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del Fucino in lontananza”.

Il suo testamento, che viene fatto risalire al decennio prima, (tra il 1963-1966) era in una busta indirizzata a Darina ritrovata l’anno precedente, quando le sue condizioni di salute andavano già peggiorando. Il testo fu poi pubblicato, in appendice, con il romanzo postumo di Severina, nel 1981.

In esso si legge: (credo) “Spero di essere spoglio d’ogni rispetto umano e d’ogni altro riguardo di opportunità, mentre dichiaro che non desidero alcuna cerimonia religiosa, né al momento della mia morte, né dopo.

È una decisione triste e serena, seriamente meditata. Spero di non ferire e non deludere alcuna persona che mi ami. Mi pare di avere espresso a varie riprese, con sincerità, tutto quello che sento di dovere a Cristo e al suo insegnamento.

Riconosco che, inizialmente, m’allontanò da lui l’egoismo in tutte le sue forme, dalla vanità alla sensualità. Forse la privazione precoce della famiglia, le infermità fisiche, la fame, alcune predisposizioni naturali all’angoscia e alla disperazione, facilitarono i miei errori.

Devo però a Cristo e al suo insegnamento, di essermi ripreso, anche standomene esteriormente lontano. Mi è capitato alcune volte, in circostanze penose, di mettermi in ginocchio, nella mia stanza, semplicemente, senza dire nulla, solo con (forte) sentimento d’abbandono: un paio di volte ho recitato il Pater noster; un paio di volte ricordo di essermi fatto il segno della Croce.

Ma il “ritorno” non è stato possibile, neanche dopo gli “aggiornamenti” del recente Concilio. La spiegazione del mancato ritorno che ne ho dato, è sincera. Mi sembra che sulle verità cristiane essenziali si è sovrapposto nel corso dei secoli un’elaborazione teologica e liturgica d’origine storica che le ha rese irriconoscibili.

Il cristianesimo ufficiale è diventato un’ideologia. Solo facendo violenza su me stesso, potrei dichiarare di accettarlo, ma sarei in mala fede” addi 9 giugno 1970. La moglie Darina è erede di ogni suo bene, mentre nei tre allegati, nel primo ci sono le disposizioni sulla sua sepoltura. Nel secondo lascia” un tangibile segno di ricordo a Gabriella Maier, Antonietta Leggeri, Romolo Tranquilli fu Pomponio, Valeria Tranquilli fu Pomponio; Luce D’Eramo.

Ignazio Silone in Svizzera nel 1973 insignito del Premio Gottfried Keller – Keystone / Str

Nel terzo le disposizioni sul suo archivio e si dichiara decisamente contrario alle pubblicazioni di lettere aventi carattere puramente personale e di manoscritti inediti o semplici note.  Alle esequie erano presenti solo undici persone, con la moglie, in particolare il suo amico Luigi Buzzi, vecchio militante socialista di Cernobbio, anche lui in esilio in Svizzera, che in lacrime, dichiarò: “E stato uno dei migliori uomini politici che l’Italia abbia mai avuto. Non lo hanno voluto perché era un politico vero e non un politicante”.

Le ceneri arrivarono poi a Pescina, accolte dal sindaco socialista Ermete Parisse, dirette al cimitero, pieno di corone, tra cui quelle del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini * e dei Presidenti dei due rami del Parlamento, il comunista Pietro Ingrao ed il democristiano Amintore Fanfani. Un anno dopo, l’urna venne collocata sotto la sua croce cristiana, che Secondino aveva sempre cercato, davanti a tanti “cafoni”, a cui aveva dato dignità e voglia di riscatto, dalla miseria e dalla oppressione.

Note: * “Silone era un uomo dal cuore puro, un intellettuale onesto… Gli schiamazzi della folla non possono far tacere le voci della coscienza- c’era tutto Silone in quella frase”.

*Giornalista di Tempo Presente