Il Tribunale di Avezzano rischia di affondare come il Titanic. L’avvocato Roberto Verdecchia: «È ora di reagire energicamente per farsi sentire»

AVEZZANO – Tribunale di Avezzano, dopo la carenza di organici amministrativi non coperta, ora arriva la decisione di chiudere, anche se solo temporaneamente, il front-office della cancelleria dei procedimenti sia monocratici che collegiali.

Una storia, quella del Tribunale di Avezzano, che assomiglia sempre più a vicende note, riguardanti molte società private, soprattutto editoriali nel settore proprio del giornalismo, dove, con una certa dose di sadismo, non si procede alla chiusura diretta delle strutture operative, costi quel che costi, ma con uno stillicidio di depauperamenti successivi e continui, che portano poi al… decesso.

Il Tribunale di Avezzano, in trent’anni, ha visto la riforma delle preture, poi i primi tentativi di accorpamento, poi la cronica carenza di organici, poi l’accorpamento e una serie infinita di rinvii.

L’ultimo governo, quello che sta per andare a casa, quello “dei Migliori”, modestamente, con la Ministra Cartabia e la poderosa azione della Presidente del Senato Casellati (Forza Italia), sembrava aver imboccato con decisione la strada della chiusura. Insomma un pietoso atto di eutanasia che mettese termine allo stillicidio.

Una nave che si sta lasciando affondare lentamente, come fosse una sorta di “Titanic” della giustizia.

Contro questa funesta ipotesi oggi interviene l’avvocato Roberto Verdecchia, del foro di Avezzano, appunto, che è anche assessore alla sicurezza e altre deleghe, nella locale Amministrazione comunale.

Questo l’intervento integrale dell’avvocato Roberto Verdecchia.

L’avvocato Roberto Verdecchia

«È giunto il momento per tutti noi avvocati di capire dove vogliamo andare e soprattutto il “quando e se” è nostra intenzione di reagire ai tentennamenti che arrivano da altra a. g.  diversa dalla nostra.

Che siamo produttivi e con pieno organico di Giudici è cosa nota a tutti anche grazie al nostro impegno quotidiano ed al Consiglio dell’ordine che negli ultimi dieci anni ed oltre si è sempre attivato in tal senso, ma la chiusura, seppur temporanea, del front office della cancelleria del dibattimento sia monocratico che collegiale, la dice lunga, sull’attenzione che sia il Ministero (che seguita a dire che noi siamo oramai chiusi dall’anno 2012) e della Corte di Appello e del Presidente f.f. del Tribunale dell’Aquila, riserva al nostro territorio.

Se dagli eventi negativi dobbiamo trarre esempio ed apprendere, allora comprendiamo come e quando reagire e modificare il nostro comportamento che non può essere più “supino” o “prono” a nessuno, né a Roma, né all’Aquila e né tantomeno ad altri.

Dialogo sì, ma da oggi non oltre, lo chiede la città, lo chiede un territorio di 135.000 abitanti, lo chiedono circa 600 colleghi con pari dignità come quelli degli altri fori, lo chiede tutto il personale di cancelleria del Tribunale e della Procura, lo chiedono le forze dell’ordine, la chiedono tutte le categorie sociali, le partite iva, i commercianti, ma lo chiede il sistema giustizia.

In otto giorni di sciopero sono saltati circa 700 processi penali e non si sa bene quanti contenziosi civili ai danni di tutti, ma era inevitabile. Se qualcheduno non ascolta o finge di non vedere la trave che ha nell’occhio, pensando che sia una pagliuzza si sbaglia e di grosso.

Ci si impone una reazione, che sia uno sciopero integralista o una occupazione senza interruzione di pubblico servizio o altre forme di protesta, per destare l’attenzione e sollecitare decisioni e trasferimenti che ben vengano, senza che si aspettino date già prestabilite per la fine che non dovrà mai esserci se si tenterà la riapertura ed un costruttivo dialogo con il prossimo governo.

Tutti e dico tutti siamo chiamati ad intervenire e non ad emulare uccelli incapaci di volare della natura di pennuti di medie – grandi dimensioni».

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