La dinastia dei Proia, da Pescina alla conquista di Roma. Dall’abate Salvatore al giornalista-produttore Alfredo, “Padre Costituente” della Repubblica

di Sergio Venditti*
PESCINA – La Città di Pescina non è famosa solo per i due giganti della storia e della letteratura, il Cardinale Giulio Raimondo Mazzarino e lo scrittore Ignazio Silone, ma anche per una dinastia come i Proia, comunque meritevole di essere riscoperta.
Tutti figli del secolo XIX, entrambi legati ad una vocazione dello storico capoluogo della antichissima terra marsa, per il più fervente spirito cattolico, unito a talenti unici, che guardavano lontano, come narra un cronista d’eccezione come Serafino Rinaldi, il medico chirurgo, a cui oggi è intitolato il PTA di Pescina.
Così l’abate Salvatore Proia nacque nel 1800, proprio sulle rive del fiume Giovenco e dopo le scuole di base, frequentò l’Università Romana degli studi teologici e matematici, prendendo l’abito talare a soli 24 anni, con l’ordinazione a sacerdote.
Nel 1829 tornò a Pescina, ad insegnare presso il suo seminario la filosofia, ma poi fu richiamato a Roma, dalla sua fama di profondo cultore, come “desiderato” socio delle più distinte Accademie di studi: da quella Pontiniana di Napoli a quella Pontificia Tiberina, nonché all’Accademia Reale di Palermo ed in ultimo nella prestigiosa Pontificia dei Nuovi Lincei, sotto il Pontificato di Pio IX.

Alfredo Proia, nacque sempre a Pescina, l’11 luglio 1890 e fin dalle scuole di base dimostrò una spiccata attitudine agli studi letterari, con la grande passione del giornalismo, che lo portò ad essere corrispondente del giornale cattolico “L’Osservatore Romano”(e de Il “Cittadino di Mantova” e “La Difesa del Popolo), fondando “L’Avvenire delle Puglie”, a Bari, nonché tra i ideatori de “Il Popolo”, tutti di estrazione cattolica.
Con l’avvento del regime fascista, sotto l’egida dell'”altra sponda” del Tevere, a Roma, riuscì a mantenere un’autonomia, relativa, rispetto alla successiva censura del Minculpop, fino alla fine degli anni’ 20, dedicandosi poi più all’attività di studio, come autore di libri di storia e cultura romana.
In quel quadro di relativa libertà Alfredo Proia, divenne nei primi anni ’30 un dirigente delle associazioni nel settore cinematografico (A.D. di I.C.A.R.), come un affermato produttore, con pellicole popolari (come “Lo Smemorato”, “Fedora”, “Nonna Felicita”), divenendo nel 1936 Presidente della S.G.I. Cinematografica Generalcine, eletto alla fine del secondo conflitto mondiale, come il primo Presidente delle Associazioni del settore (ANICA).
La legislazione cinematografica vide così una sua evoluzione nel nuovo regime democratico con il Decreto Luogotenenziale del 1945 e la Legge Alfieri del 1947, visto il ruolo crescente del giovane Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’On. Giulio Andreotti.
Nell’immediato dopoguerra, per il suo prestigio, fu designato dalla DC come membro dell’Assemblea Costituente, insieme ad Ignazio Silone, indicato dal PSI. Nella prima legislatura, dal 1948 fu eletto parlamentare in Abruzzo (Collegio XX, con 22.459 voti), rispetto ai 31.786 voti per la elezione all’Assemblea Costituente, nel Collegio dell’Aquila.
In Parlamento fece parte della IV Commissione Speciale per l’esame e l’approvazione dei DDL sul teatro e relativa alla cinematografia (N.928/9) fino alla sua prematura scomparsa, (avvenuta a Roma il 23 ottobre 1950), che fece entrare nel suo seggio della Camera dei Deputati, come primo degli eletti, l’On. Lorenzo Natali, futuro leader e ministro democristiano e poi Vicepresidente CEE.
Nel 2013 la Città di Pescina, gli ha intitolato un Largo (loc. Fontevecchia), per ricordarne la sua eminente figura, rievocata anche dal figlio Gianni, (nato nel 1921), che è stato un apprezzato regista, con il nipote Paolo Di Giannantonio, già giornalista RAI.
*Giornalista e membro della Fondazione Ignazio Silone