La “strage” sul lavoro. La Cgil regionale: «Nel 2023 in Abruzzo 36 persone hanno perso la vita lavorando»

L’AQUILA – È una vera e propria strage di lavoratori quella che emerge dai dati frutto dell’osservazione della Cgil Abruzzo e Molise.

Una realtà che parla di troppe persone, poco meno di 40 in un anno solo in Abruzzo, che hanno perso la vita per lavorare e avere il diritto ad una vita dignitosa.

Uno scandalo vero e proprio, se si pensa che il lavoro, stando almeno alle parole scritte in calce, è il principio fondamentale sul quale si basa la nostra Costituzione e quindi l’agire e il fine della Repubblica Italiana. E uno Stato che tradisce il suo principio fondamentale…

Questa la sconvolgente nota diramata dalla direzione regionale della Cgil a firma del Segretario Cgil Abruzzo Molise, Francesco Spina, e dal coordinatore regionale Inca Cgil Abruzzo Molise, Mirco D’Ignazio.

«36 persone in Abruzzo, lo scorso anno, sono uscite per andare a lavoro ma non hanno fatto più ritorno a casa.

Un dato drammatico e superiore a quello già tragico del 2022 quando a morire furono in 21. Un trend inverso rispetto all’andamento degli infortuni sul lavoro scesi dai 15.686 del 2022 ai 12.112 del 2023.

Le vittime, in tutti i casi maschi (28 di nazionalità italiana ed 8 stranieri), sono state 13 nelle province di Teramo e Chieti, 8 in quella di Pescara e 2 all’Aquila.

L’edilizia, con 7 morti, ha fatto registrare il maggior numero di casi, seguita dai settori dell’industria chimica, dell’agricoltura e del commercio in cui si sono contate 5 vittime ciascuno.

31 gli incidenti avvenuti durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre 5 durante il percorso casa-lavoro.

Dai dati INAIL, poi, emerge che diversa è la situazione generale degli infortuni che diminuiscono del 23%, facendo registrare un calo in tutte le province (442 in meno in provincia dell’Aquila, 1.300 a Teramo, 558 a Chieti e 1.235 a Pescara).

Poco meno del 20% di questi si registra nei servizi sanitari (in particolare negli ospedali e nelle case di cura e nell’assistenza), più del 10% nell’edilizia e circa l’8% in agricoltura.

Dei complessivi 12.112 incidenti, che hanno visto coinvolti 7.236 uomini e 4.876 donne, l’88% è avvenuto in azienda durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre il 12% in itinere, ovvero nel trasferimento da casa al posto di lavoro.

I dati degli infortuni evidenziano una situazione inaccettabile: nonostante tutte le opportunità che oggi la tecnologia offrirebbe rispetto a migliori e più efficaci misure di sicurezza, sono sempre di più le persone che muoiono sul lavoro e sempre più gravi gli incidenti che occorrono.

Numeri che evidenziano tutte le criticità ed i limiti del mondo del lavoro in Abruzzo, rimarcando la necessità di politiche nazionali e regionali che riducano la precarietà e le forme flessibili  come i  lavori a chiamata, somministrazione spinta, utilizzo crescente dei  voucher , ricorso massiccio ai sub appalti.

Così come è necessario rafforzare il sistema dei controlli attraverso l’aumento del personale degli enti preposti per contrastare quelle imprese che non rispettano i dettami legislativi e, risparmiando sull’adeguamento normativo, producono possibili rischi per la vita e la salute dei lavoratori oltre che una concorrenza sleale verso quelle aziende che invece correttamente investono nella sicurezza.

Necessario poi formare e aggiornare i lavoratori in maniera permanente dedicando ore specifiche durante il regolare lavoro e prevedere controlli annuali mirati sul territorio in più ambiti lavorativi e un piano regionale di interventi da attivarsi come previsto dal  Dl 81.

Investimenti in sicurezza ed innovazioni tecnologiche, rispetto di leggi e contratti, maggiori controlli e risorse agli enti ispettivi, lavoro stabile e sicuro, formazione, coinvolgimento delle parti sociali e contrattazione, attenzione della politica nazionale e locale sul tema: questi gli elementi necessari perché il lavoro smetta di essere causa di morte e diventi solo strumento di crescita economica e sociale».