Le magiche Feste in Abruzzo, tra storia e tradizioni millenarie
“È trèste chije nen tè ninde, ma è ‘cchijù trèste chije nen tè nisciéne” (È triste chi non ha niente, ma è più triste chi non ha nessuno)
di Sergio Venditti
La terra abruzzese, con le sue valli e conche millenarie, ha vissuto molte storie e leggende, specie grazie alla sua fervente fede cristiana, in primo luogo permeata dai vari movimenti monacali, che hanno animato i suoi tanti eremi, come quello di Sant’Onofrio al Morrone con Fra Pietro Angelerio, divenuto il “Papa del Gran Rifiuto”: Celestino V aprendo la Chiesa cattolica romana al Giubileo Universale, che si è rinnovato anche per l’anno che verrà, il 2025.
Una tradizione ricca e diffusa, che ha assorbito nei secoli altresì le culture pagane e dei vari dominatori passati per i suoi aspri territori, dai romani ai borboni, permeandone la sua cultura meridionalista, con capitale Napoli, più che la Roma papalina.
Una serie di riti e credenze tipiche di una cultura agropastorale, che pur diradandosi resiste più che altrove, all’omologazione consumistica, sul filo dei ricordi ancestrali, attorno al camino, in attesa della notte del “Santo Natale”.
In una vecchia intervista il compianto antropologo Emiliano Giancristofaro, la definiva una tipica “Festa della Famiglia” in Abruzzo ed ancor più tra i suoi emigranti abruzzesi e molisani in tutto il mondo, emigrati dai suoi borghi tra l’800 ed il ‘900: “Fin dai suoi Preludi, ben raccontati da uno studioso come Donatangelo Lupinetti.
A Lanciano così esiste LA SQUILLA, il suono della campana che annuncia l’arrivo del Natale già alla vigilia…. con il TECCHIO, il pezzo di legno che il capofamiglia accende nel caminetto per riscaldare il Bambinello…Ad annunciare il grande giorno, inoltre, dappertutto non mancano zampognari e ciaramellani*”: Antonio Bini, già Dirigente del Turismo della Regione Abruzzo ed anche la ” voce per le comunità all’estero”, (citato da Dom Serafini ,a New York)è uno storico cultore e custode di queste preziose tradizioni, curando proprio una suggestiva mostra a Moscufo (PE), dal titolo: “Zampognari, mito dell’ Abruzzo pastorale”, arrivata al XII anno.
Sempre dalle ricerche di E. Di Giancristoforo (ora continuate dalla figlia, la Prof. Lia, presso l’Università “G.D’Annunzio “-CH-PE), queste tradizioni natalizie erano molto sentite, specie la vigilia, con :” il cenone innanzitutto è tradizionalmente magro e a base di pesce e a seconda delle zone prevede sette o nove pietanze (in questo caso in memoria dei mesi di gestazione della Vergine), come analizza Gennaro Finamore, nella sua pubblicazione del 1920, dedicata ai cibi di Natale”….
E IL PRESEPE? “Anche questa è una tradizione forte in Abruzzo, che pur risentendo della tradizione napoletana ha una sua identità autentica che, grazie ai francescani della nostra terra, ci porta direttamente ad Assisi e al primo presepe di San Francesco. Cosi, il primo esempio di presepe domestico della storia è a Celano, con ben centosedici figurine…. Un capolavoro, poi quelli di Costantino Barbella o di Peppino Avolio a Pacentro, fino al presepe vivente di Rivisondoli*, il più antico d’Italia: tutti esempi di una tradizione artistica diffusissima.
In definitiva nella storia della Festa di Natale si coglie il senso della storia dell’umanità: da festa pagana a più importante festa cristiana, in un itinerario, in cui l’Abruzzo ha avuto molto da creare e lasciare ai posteri”.
Un retaggio umano e culturale, ripreso anche dai nostri grandi scrittori, come Gabriele D’Annunzio, che abbandonava i suoi artifici retorici, in una dolce poesia: “Il Presepio”(“..E mentre i sogni m’arridean soavi, tu piano, piano venivi a mettere confetti e soldarelli fra i guanciali…”).
Dopo Ignazio Silone scriveva: “I pastori più ingegnosi avevano una volta diverse minime risorse. Ad esempio la zampogna”. (La terra e la gente -1963) Cosi Mario Pomilio riprese la lirica manzoniana ” Il Natale del 1833″, con un” percorso letterario, storico e teologico”.