Liberazione 2021. La lezione dei Partigiani contro i nazifascisti per imparare a resistere e battere l’oppressore invisibile

Siamo al 25 di Aprile festa della Liberazione. Mai come oggi ci sentiamo tanto oppressi e lo scuro senso di asfissiante ansia è dato da ben altro oppressore. Nel 1945 le vicende belliche italiane si risolsero, dopo tante morti, sevizie e deportazioni nella disordinata fuga crucca: i nobili tedeschi dall’alto senso dell’onore militare se ne scapparono a gambe levate, incalzati dalle truppe alleate e da quelle partigiane, riempiendosi le saccocce dell’argenteria buona rubacchiata qua e là nella nostra penisola. Le onorevoli truppe teutoniche fecero la fine dei ruba galline. Per dirla tutta furono dei ruba galline tremendi che non ebbero mai il rispetto della vita umana al punto da trucidare sei milioni di persone. Questo accade settant’anni fa, badate bene, praticamente ieri, anche se a noi sembra una eternità. Oggi l’oppressore ha ben altro nome e si chiama Coronavirus. Un nemico implacabile e invisibile capace di mietere altrettante vittime senza badare a censo od età e come allora pare imperversare senza trovare argini alla sua furia devastante. Settant’anni or sono il nemico era ben visibile, comunque alla portata delle nostre armi: un colpo di pistola ben mirato sull’avversario compiva il suo effetto letale e una bomba ne poteva uccidere decine in un sol colpo. Oggi a chi spariamo e con quali armi? Soprattutto dove sta il bersaglio oltretutto impalpabile? Si dice che la sua origine sia in Cina dove la gente non può sgranocchiare un pipistrello o un pangolino magari crudi in santa pace che subito viene accusata di essere un nefando untore.

La verità è che necessita essere più forti dell’agente patogeno, avere la tempra delle persone d’un tempo. Pensate che alla tenera età di 92 anni Fiorello Fabbri, ex partigiano della brigata Buricchi, glie l’ha fatta vedere pure al Coronavirus. In una intervista ha dichiarato sorridendo: “Non mi hanno preso i tedeschi e i fascisti, non mi faccio ammazzare dal virus. Continuo a resistere”. “Resistere” pare la parola chiave, come disse l’allora magistrato Francesco Saverio Borrelli bisogna: “Resistere, resistere, resistere come sulla linea del Piave”. Resistere fino a quando? Fino a quando la medicina troverà il farmaco giusto per fronteggiare l’avanzata nemica. Resistere significa diventare un po’ soldatini e a tutti non piace. Significa essere ligi al dovere, ai regolamenti e alle leggi anche se questo non ci garba, pure se ci crediamo poco, ma è necessario. La partigiana “Marisa”, al secolo Claudia Lucherini fece notare una cosa di una importanza fondante e cioè che la libertà, non è liceità, ma responsabilità. “La libertà va coltivata con la coscienza, con la consapevolezza e con il riconoscere la libertà degli altri” e questo concetto deve essere sempre presente, piaccia o non piaccia, quindi, anche se detestiamo le mascherine o vogliamo ammucchiarci come tanti turisti giapponesi ebbene non possiamo farlo, non dobbiamo farlo, non foss’altro per il rispetto verso gli altri. Questo non significa essere completamente tetragoni a qualsiasi pensiero, anzi bisogna tenere gli occhi ben aperti e capire. Questo è il punto difficile. In guerra è facile capire: se premo il grilletto e ho un colpo in canna raggiungo il nemico e quello muore. Capire i meccanismi di un virus non è “proprio” alla nostra portata, bisogna saperne di cose… ed ecco il tratto più difficile: affidarsi all’altrui sapere, all’esperto, anche se, spesso è in contraddizione con altri. Le guerre, però son così: si basano sulla strategia e questa mette a confronto pensieri e conoscenze diverse a volte contrastanti ma le idee nascono proprio dalla comparazione delle opinioni.

Certo che se si dovesse guardare allo Stato Maggiore Italiano (quella sorta di cabina di regia sanitaria) impegnato a combattere questa epidemia, un po’ di sconforto ci prende soprattutto considerando la chiarezza di idee dimostrata: Astra Zeneca mai agli ottantenni, Astra Zeneca agli ottantenni, prima vacciniamo chi lavora, no vacciniamo i settantenni, no prima i sessantenni eh no prima gli ultrasessantenni. Continuando nel paragone militare, anche sugli armamenti usati ci sarebbe da ridire: Astra Zeneca ha dei problemi, pochi ma mortali, un po’ come se ti fanno sapere, mentre usi il bazooka, che ogni tanto uno ti scoppia in faccia e ti porta via la capoccia, pensa come saresti contento nel maneggiarlo. Sul munizionamento, poi, si rimane perplessi: Abbiamo un milione di vaccini Pfizer, duecentomila Astra Zeneca, centomila di qua, duecentomila di là e poi fai i conti e capisci che se il ritmo dovesse mai essere quello di cinquecentomila vaccinati al giorno se ce la facciamo per una settimana a pieno regime ci è andata di lusso dopodiché bandiera bianca. Ma poi anche l’organizzazione territoriale è un po’ in preda all’anarchia. Assimilando le divisioni dell’esercito italiano alle Regioni, immaginiamo, per un attimo, che durante la seconda Guerra Mondiale il comandante della Divisione Julia, all’ordine di stanziarsi lungo una certa direttrice rispondesse: “no, no, noi ci mettiamo da tutt’altra parte perché siamo la Julia e riteniamo giusto non obbedire, che diavolo abbiamo un nome da difendere…” Che catastrofe!

Non è che proprio tutti gli esperti sembrano avere le idee chiare ma, d’altro canto, la situazione è nuova e imprevista ma soprattutto offre il destro a opinioni contrastanti da parte del popolo. Chi pensa sia un complotto, chi crede sia una qualche arma biologica, ci sono pure coloro che ritengono sia in atto una manovra finanziaria per far aumentare i profitti delle aziende farmaceutiche. La paura e lo sconcerto origina di tutto nelle menti della gente se manca un punto di riferimento saldo come la Rocca di Gibilterra. La prestigiosa Johns Hopkins University, ha valutato che il Coronavirus ha superato per numero i morti americani del secondo conflitto mondiale. In italia pari e patta tra caduti nel periodo bellico e deceduti per l’attuale pandemia. Quest’anno il parallelo tra la festa della liberazione e il Covid19 è d’uopo ed è nella logica. Dobbiamo combattere ‘sto nemico invisibile e il paragone corre tra i combattenti in prima linea di una volta e quelli attuali individuati negli operatori sanitari. Le armi sono quelle della quarantena, delle mascherine e nel distanziamento sociale (oltre agli antivirali) a patto, come anticipato ad inizio articolo, che li si usi comportandoci come un esercito unito in una causa comune.

Sono scivolato nella retorica guerresca e guerreggiante, me ne rendo conto solo ora, ma d’altronde il commissario straordinario per l’emergenza Covid è un generale degli Alpini con tre lauree all’attivo di cui una in scienze strategiche (una sorta di Sun Tzu nostrano)… . A pensarci bene, il paragone con un evento bellico ha insita una sua efficacia psicologica: le guerre si possono vincere, non si è ineluttabilmente sconfitti e questo getta una luce di speranza. Che poi ‘sta cosa non la dico manco io ma J. Blake Scott uno studioso della University of Central Florida, buttalo via… .

Cosa dobbiamo imparare dalla Liberazione? La determinazione nell’affrontare un problema grande o piccolo che sia. Mi rifaccio al fermo discorso fatto da Sandro Pertini alla radio “Milano Libera” nel 1945: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Il tavolo degli eventi s’era ribaltato e i tedeschi costretti ad una ignomignosa fuga dalla determinazione popolare. A noi tocca ribaltare la situazione virale, con tenacia, senza tentennamenti, senza “ma” o “se” perché altrimenti con il Coronavirus e le sue ondate non ci sarà stato un due senza tre ma ci sarà un tre senza quattro, un quattro senza cinque e chissà cos’altro.

Carla Nespolo

Stranamente non trovo cenni alla pandemia nei programmi della commemorazione del 25 aprile se non per ricordarci le limitazioni sanitarie da rispettare durante i festeggiamenti. Sarebbe stato, forse, opportuno prendere spunto dai fatti dell’epoca trascorsa per infondere forza e fiducia nell’affrontare questo temibile avversario virale e mi piacerebbe che i tanti morti, i medici e infermieri che hanno perso la vita nel corso della loro missione fossero ricordati quali soldati e partigiani caduti in questa guerra maledetta. Forse il mio è solo un pensiero irrealizzabile: ci affligge troppa retorica politica. La compianta presidente dell’ANPI, Carla Nespolo ebbe a dire lo scorso anno “Di fronte a questa emergenza si deve ritrovare e si sta ritrovando, lo vedo da più parti, la coesione nazionale e il senso forte di solidarietà tra le persone. Questo è un autentico lascito della Resistenza“.

Spero che si potrà celebrare, il 25 Aprile futuro, una doppia liberazione: quella dal nazismo e quella dal Covid 19. Termino col motto di famiglia di Charles De Foucald: “Jamais Arrière” (mai indietreggiare). Un saluto da un fiducioso metro e mezzo di distanza.

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