Misteri e stranezze legate alla scomparsa dei papi. Pio XII e la disastrosa “tanatoprassi” eseguita dal medico a capo dell’equipe

Vi siete mai domandati come fa il corpo di un papa a rimanere intatto per tutto il periodo delle esequie senza nemmeno emettere un minimo odore?

Si chiama procedura di tanatoprassi ed è un trattamento di conservazione temporanea. Consiste nell’iniezione del Fluytan, un moderno fluido conservante nel sistema arterioso, allo scopo di rallentare il processo di decomposizione.

Questa tecnica, usata sulla salma di Papa Francesco, permettere di mantenere un’immagine integra della persona, eliminando per alcune settimane il processo di decomposizione. Diventa, quindi,  possibile esporne il corpo. Le salme così trattate possono essere conservate dai 10 ai 15 giorni prima della sepoltura, rimanendo intatte in qualsiasi tipo di ambiente. La stessa procedura è stata effettuata sulla salma del Papa Emerito Benedetto XVI, così come su quelle dei suoi predecessori.

Andrea Fantozzi, il massimo esperto in Italia della Tanatoprassi, Presidente e fondatore dell’A.I.T. (Associazione Italiana di Tanatoprassi), e dell’I.N.I.T. (Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi) in passato ha preparato le spoglie dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. In una intervista all’Ansa ha spiegato la procedura: “Il nostro è un trattamento che consente di avere una cura altamente igienica, nonché di garantire un aspetto più presentabile dei corpi. […] Con il nostro nuovo sistema, totalmente innocuo, riusciamo anche a conservare meglio il Dna. Per questo la tanatoprassi presenta benefici anche nel settore della medicina legale e della polizia scientifica

Una volta, se il trattamento con la formalina non era fatto a dovere poteva accadere di tutto, la salma potrebbe anche esplodere ed è ciò che avvenne a Sua Santità Pio XII.

Quando scoppia un Papa è sempre un grosso problema: provoca guai a catena e trarsene d’impaccio è sempre difficile. Ed ecco gli accadimenti che riguardarono il povero papa. Naturalmente La vicenda che vado a narrare fu pietosamente trattata col massimo riserbo dagli organi di informazione pontifici; ma veniamo al fatto.

Vi racconterò gli esiti di un trattamento modernissimo tanti anni orsono che, però, diede macabri risultati. Si era alla fine degli anni ‘50 dello scorso secolo, location: Castel Gandolfo e San Pietro. Protagonisti: Papa Pio XII Pacelli (o meglio le sue spoglie mortali) e il dottor Riccardo Galeazzi Lisi archiatra pontificio.

Cosa è un archiatra? Dovete sapere che il Santo Pontefice viene seguito da una folta ed efficiente équipe di medici; il capomedico di questa squadra è chiamato archiatra, ed è una figura di grande spicco, esperienza ed autorità all’interno della comunità medico-scientifica o, almeno, così dovrebbe essere. invece, nel nostro caso, manco per niente: era un oculista.

Riccardo Galeazzi Lisi era membro onorario della Pontificia Accademia delle Scienze e fratello di un celebre e rispettato architetto. Era membro della commissione medica che decretò l’appartenenza delle ossa umane avvolte in un panno di porpora e rinvenute durante gli scavi nelle Grotte Vaticane, all’apostolo Pietro. Tuttavia passerà alla storia come una persona  senza scrupoli e artefice del più macabro e grottesco funerale pontificio.

Il Nostro che, pare, avesse debiti di gioco salì all’onore delle cronache per i suoi rapporti con Ugo Montagna, coinvolto nel delitto Montesi, fattaccio che sconquassò nel 1954 tutta l’alta società romana sfiorando il mondo politico.

Pio XII, per riguardo verso il fratellastro, Enrico Galeazzi, funzionario vaticano e architetto dei Santi Palazzi Apostolici, pur lasciandogli l’incarico, ahinoi, di archiatra pontificio, non lo volle più vedere. Dirà al riguardo: “Non voglio affamare né svergognare nessuno… se vuole stare in Vaticano che stia, ma faccia in modo che io non lo veda”.
Questo atto di carità si rivelerà un terribile errore e mal ne incolse al Santo Padre.

Sua Santità era un uomo schivo che amava starsene da solo, desinava e passeggiava senza gente tra i piedi. Figuriamoci se, proprio in “articulo mortis”, quando stava per incontrare il Padre Eterno, avrebbe voluto essere al centro di un gran clamore. Vano desiderio: non aveva fatto i conti con Riccardo Galeazzi Lisi. Questi non solo assistette alla sua agonia, ma da tempo si era dedicato alla vendita ai giornali delle notizie sulla traballante salute papale.

Il Santo Padre si trovava al Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo: era Il 5 ottobre 1958. Da bravo papa, incurante del suo stato di prostrazione, celebrò la messa e incontrò una delegazione di notai. Al tramonto, impartì, dal balconcino del palazzo apostolico, la benedizione ai fedeli raccolti nel sottostante cortile.

Nella notte fu colpito da un’ischemia circolatoria e un collasso polmonare che lo fce entrare in coma. Ricevuta l’estrema unzione, fu ventilato attraverso un tubo collegato ad una bombola d’ossigeno che gli entrava nella bocca (così si usava all’epoca).

Accanto a lui, tra i presenti, il sempiterno Galeazzi Lisi che, con una polaroid, scattò di nascosto delle foto al papa agonizzante. Le venderà successivamente al giornale francese Paris Match, insieme ad altre effettuate immediatamente dopo la morte, quando Pio XII non era ancora stato vestito con gli abiti papali.

Nel suo zelo di servire la remunerante (per lui) stampa, il nostro medico sembra fosse stato il responsabile della prematura notizia riguardante la morte di Pio XII.

Promise ai giornalisti di una agenzia di stampa che avrebbe aperto la finestra della camera da letto del pontefice non appena fosse trapassato. Caso volle, però, che una suorina, inconsapevole degli archiatrici accordi la aprì prima del luttuoso evento. Ebbene la notizia della morte di Pio XII uscì sui giornali quando il papa non era ancora giunto “ad patres”.

Il 9 ottobre 1958 si concludeva la vicenda terrena di Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli, Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Come d’uso, il corpo doveva subire un trattamento conservativo prima della sua esposizione al pubblico durante il periodo dei novendiali. Ed eccoti entrare in scena, ancora una volta, l’onnipresente Galeazzi Lisi. Proclamò di voler adottare sul corpo del povero defunto una tecnica che definiva “rivoluzionaria”.

Sostenne di averla illustrata a Pio XII ancora vivente al quale aveva mostrato un braccio imbalsamato di un automobilista morto anni prima ottenendo, così, l’autorizzazione al trattamento del corpo di Sua Santità in cotal guisa nel caso di ferale accadimento.

Mi è ancora incomprensibile il motivo per cui le operazioni di consevazione del Santo Corpo fossero state affidate ad un oculista anziché a esperti del settore ma come diceva il Sommo Poeta: “Vuolsi così colà dove si puote…”.

L’oculista applicò il suo metodo sperimentale che consisteva sic et simpliciter nell’avvolgere la salma con alcuni fogli di cellophane insieme a una miscela di erbe aromatiche e altre amenità adottate, a suo dire, niente meno per seppellire Gesù Cristo dopo la deposizione.

Era Ottobre e tra caldo e cellophane il processo di decomposizione del papa impacchettato accelerò in modo esponenziale.  

Chi lo vegliava a Castel Gandolfo, assistette a uno spettacolo degno di un film dell’orrore. Sul volto della salma, posta nella Sala degli Svizzeri e rivestita degli abiti pontificali, comparvero, all’improvviso, migliaia di rughe. Nell’arco di pochi minuti avvenne una enorme sequenza di fenomeni cadaverici trasformativi. Il Dottor Antonio Margheriti così ne fece la descrizione: “E’ la decomposizione in diretta sotto gli occhi inorriditi degli astanti, in seguito all’aberrante “imbalsamazione” brevettata e praticata dall’archiatra Galeazzi Lisi.

I gas scaturiti dal processo di necrosi gonfiarono il ventre del magrissimo Pio XII, mentre liquidi scuri trasudarono dalla bocca e dagli occhi.

Un miasmo terribile invase la stanza a tal punto che alcune guardie d’onore persero i sensi. Si dovette procedere, pertanto, a vegliare la salma con turni di quindici minuti. Il peggio, però, non era ancora giunto…

Secondo il rituale, la salma di Sua Santità doveva essere traslata in Vaticano per le esequie, quindi, con un carro funebre, si procedette al suo trasporto. Arrivato il corteo funebre alle porte di Roma, un terribile scoppio provenne dalla salma: il torace del Santo Padre era esploso squarciando il petto!

A San Pietro dei veri imbalsamatori dovettero operare per tutta la notte sulla salma, tra nauseabondi miasmi, allo scopo di consentirne l’esposizione in Vaticano. Purtroppo la dissoluzione dei lineamenti di Pio XII era in fase avanzata: il viso era diventato nerastro mentre il setto nasale, distaccatosi, era caduto. I muscoli facciali, si erano ritirati, mettendo in mostra i denti in una sorta di ghigno agghiacciante. Nonostante l’adoperarsi dei tanatologi non si potè porre rimedio ai danni, così il volto del pontefice fu coperto con una particolare maschera di cera.
Trascorso il periodo di esposizione del corpo nei novendiali il defunto trovò, infine, riposo in un sarcofago, nelle Grotte Vaticane.

Dopo lo scandalo delle foto vendute, il Collegio cardinalizio pensò bene di licenziarlo. Successivamente Papa Giovanni XXIII, successore al Sacro Soglio di Pio XII, rincarò la dose bandendolo dal Vaticano. L’ex archiatra ottenne così un insolito primato, quello di essere l’unica persona nella storia della Santa Sede ad essere stata oggetto di tale provvedimento. Fece seguito la radiazione dall’Ordine dei Medici per comportamento indegno a causa del mercimonio di notizie sulla salute del papa e delle foto ante e post mortem. Successivamente, per vizio di forma, il provvedimento fu ritirato.

Qualcuno, forse, troverà strano che si fece tanto baccano per delle foto ma bisogna calarsi nel contesto dell’epoca. Il Sommo Pontefice assommava (e assomma) in sè due poteri: quello spirituale e quello temporale. Spiritualmente era il vicario di Cristo in Terra e come tale mai le menti dell’epoca avrebbero potuto concepire che il suo corpo palesasse i segni dell’umana caducità.

In quanto al potere temporale era (ed è) il sovrano monarca dello stato del Vaticano e come tale non poteva mostrare debolezze che avrebbero potuto minarne gli interessi e affari. Oggi si è più elastici, mentalmente più aperti, ma allora la cosa era intollerabile!

Sulla storia di quella assurda imbalsamazione, invece, i media dell’epoca stesero un pietoso velo di silenzio. Nel 1960 Galeazzi Lisi scrisse un libro in francese, “Dans l’ombre et dans la lumiere de Pio XII” (All’ombra e alla luce di Pio XII). Nella pubblicazione presentò le sue ragioni, e non ammise, naturalmente, alcuna colpa. Sopravvisse a Pacelli dieci anni. Nel 1968 anche lui andò a raggiungere gli antenati.

Questa è la triste vicenda della dipartita di Pio XII, figura molto dibattuta in vita ed esplosiva (lo possiamo ben dire) in morte. Mi sorge una domanda: chissà se un giorno sapremo qualcosa sulla dipartita di papa Giovanni Paolo I o sulla defenestrazione di Papa Benedetto XVI?

Dimenticavo… Nel 1990, ha ricevuto il titolo di servo di Dio mentre nel 2009, quello di venerabile: è in corso la causa di canonizzazione che è affidata alla Compagnia di Gesù (I Gesuiti), lo stesso ordine di Papa Francesco.

Un saluto.