Nessuno tocchi la scuola!

AVEZZANO – Dal primo settembre tutte le scuole d’Italia hanno ripreso le canoniche lezioni in presenza, non senza una tiritera di polemiche che hanno accompagnato per tutta l’estate le esternazioni, più o meno ufficiali, più o meno istituzionali, della Ministra, dei dirigenti scolastici, dei sindacati e dei docenti.

Le scuole, e per esse i dirigenti scolastici coadiuvati da tutto il personale, senza un attimo di tregua hanno dato fondo a tutte le loro energie e risorse per predisporre, nel migliore dei modi, gli spazi a disposizione e, lì dove non era possibile garantire quanto richiesto, si sono attivati per reperirli presso comuni, amministrazioni provinciali e persino regionali.

Sono stati predisposti ingressi scaglionati per evitare assembramenti, sono stati studiati percorsi dedicati alle entrate e alle uscite per evitare “incroci pericolosi”, i distanziamenti tra i banchi sono stati misurati al millimetro, le mascherine e i disinfettanti per le mani acquistati prontamente per averli disponibili dal primo giorno di scuola… Insomma, tutto quello che le disposizioni prescrivevano, è stato rigorosamente osservato e attuato. Si può sostenere, senza tema di smentita, che la scuola è il luogo più sicuro dove possano stare i nostri bambini e ragazzi; non foss’altro perché c’è, vivaddio, chi le regole le fa rispettare sempre e comunque cioè i docenti e i collaboratori scolastici che, da sempre cooperano affinché la scuola, oltre che un luogo di formazione ed educazione, sia un posto dove star bene e serenamente anzi! per alcune scuole, il benessere degli studenti è prioritario rispetto all’apprendimento, nel convincimento che se si sta bene si apprende di più e meglio.

La scuola ha attivato, già all’inizio dell’anno scolastico, la DAD dove si rilevavano situazioni di fragilità, permettendo agli studenti di seguire le lezioni da casa; e la DAD sulla linea di partenza, scaldando i motori, aspetta solo lo sventolio della bandiera a scacchi per partire. La metafora automobilistica sta per dire ciò che nessuno dice, neanche chi ne avrebbe più diritto, cioè i dirigenti e i docenti: cioè che tutto, ma proprio tutto è stato pre-parato per non trovarsi con le spalle al muro. Perché la scuola certo insegna ma impara pure; e la scuola ha imparato, oh se ha imparato! dalla dura e, per alcuni versi, dolorosa lezione dei mesi di marzo/maggio 2020.

Affermando ciò non si intende negare né l’attuale presenza del virus né che c’è bisogno di una maggior attenzione verso il problema. Diciamolo francamente: il virus non ci ha mai lasciato, neanche durante il periodo estivo; in modo silente e nascosto, considerato l’alto numero di asintomatici, ha continuato a circolare al punto che il governo, ed è solo dell’altro ieri l’ultimo DPCM, ha ritenuto di disporre, con idonei provvedimenti, ulteriori misure di contenimento.

Ma ora basta. La scuola non è il parafulmine di tutte le inosservanze personali, sociali, politiche e amministrative la cui responsabilità non può e non deve essere accollata all’ultimo anello della catena. La scuola ha sempre operato per il rispetto delle regole e della salute dei suoi utenti. Non si può evidentemente dire lo stesso nei riguardi delle singole persone, dei locali di somministrazione prima e dei trasporti ora.

L’allegra estate è trascorsa senza che una gran parte di singole persone si sia preoccupata di prestare attenzione a norme che nessun decreto o disposizione ha mai abrogato, perciò sempre valide; sono mancati  i controlli costanti e continui sugli esercizi di somministrazione in merito al distanziamento e agli assembramenti; dei trasporti invece, ne scrivevamo il 15 settembre, senza plateali affermazioni poiché la situazione andava verificata; certo, consentire il trasporto all’80% della capienza del mezzo è sembrata piuttosto una misura del tutto simile ad una copertina troppo corta, perché tale provvedimento implicava, di conseguenza, la presenza di più mezzi su di una stessa linea in certi specifici orari. Più mezzi che non ci sono stati o sono stati insufficienti. Ma ci si è provato. Non ha funzionato. Non funziona.

Il triste e grigio autunno è giunto e con esso, tutto ciò che è stato omesso di sapere, vedere e affrontare nel corso di cinque mesi (da maggio a settembre) durante i quali forse, si sarebbe potuto ancora far qualcos’altro. Troppo facile la similitudine con la cicala canterina…

Non si tratta di paranoia del virus, ognuno ha le sue idee, i suoi dubbi e interrogativi ma è necessario comportarsi da buoni cittadini: quel che si pensa non deve impedire di agire dando ascolto a corretti comportamenti sociali, rispettando le regole impartite. È un’agire che tiene in gran conto la responsabilità personale, quella che non può essere delegata ad alcuno, esattamente come la volontà. Quella responsabilità personale che è davanti a qualunque legge e che da qualche generazione a venire in qua si è completamente persa come punto di riferimento e come valore. Eppure, non c’è legge che possa abolirla. Troppe accondiscendenze, troppi permessi, troppe concessioni infiacchiscono gli animi e non lasciano percepire il pericolo che, di certo, è di gran lunga meno intenso dei mesi primaverili ma deve continuare ad esser presente e a lasciar traccia.

Quando si entra in una scuola ci si accorge immediatamente che niente è “come prima”: disinfettante mani all’ingresso, i collaboratori attenti a controllare gli ingressi delle persone estranee, gli alunni nelle aule, i corridoi vuoti e silenziosi, gli spostamenti tra le aule e i laboratori effettuati rapidamente e senza scherzi; in classe ognuno nel suo banco, la mascherina su labbra e naso, le uscite per bagno contingentate. No. Niente è più “come prima”.

Nelle scuole il virus è stato affrontato e si affronta con serietà e senso di responsabilità e dirigenti e docenti, in uno scatto d’orgoglio, dovrebbero rivendicare per sé un ruolo che questa società non gli riconosce più da tanto tempo: il primato di perseguire sempre e comunque il bene fisico e mentale degli studenti.

Perciò, tacciano coloro che: in una scuola non ci sono mai entrati; superficialmente e grossolanamente, guardano la punta del naso e non lo sterminato orizzonte; cercano un capro espiatorio e pensano di averlo trovato nella scuola; intendono far polemica forse perché dalla scuola non son riusciti a prender nulla; e soprattutto, in un interminabile conato di irresponsabilità, attribuiscono alla scuola colpe che non ha. Tacciano. E nessuno tocchi la scuola!

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