Pianeta Carceri. Leo Beneduci (Segretario Osapp): “Protocolli fantasiosi, realtà drammatica e un’Amministrazione che ignora chi rischia la vita e il posto di lavoro”

ROMA – Dopo l’incrocio fra le recenti disposizioni sule carceri italiane e la realtà dei fatti che vede ogni giorno un crescendo di problemi al loro interno, sia per gli agenti di Polizia Penitenziaria che per gli stessi detenuti, interviene il Segretario generale dell’Osapp, uni die più grandi sindacati della Polizia Penitenziaria, Leo Beneduci, a tracciare un po’ il panorama in un settore che reclama interventi decisivi e strutturali.

“L’ultima circolare della Direzione Generale dei Detenuti sul contrasto a cellulari e droga nelle carceri è l’ennesima dimostrazione di come l’Amministrazione centrale viva in una realtà parallela.

Parliamoci chiaro: nel 2024 sono state registrate 5.532 aggressioni al personale – dice Leo Beneduci -. Con un organico operativo in carcere di 20.000 unità, significa che ogni quarta unità ha subito violenza. Ma di questo, nella circolare, non c’è traccia.

Il direttore generale dei detenuti si preoccupa degli “ordini di morte” – certamente rilevanti – ma serviva un servizio di Striscia la Notizia (quello trasmesso l’altro giorno a firma Luca Abete) per accorgersi che i detenuti hanno i cellulari?

E i tanto decantati “protocolli operativi”, che continuano a essere diffusi come la panacea di tutti i mali, dove sono quando un agente viene aggredito? La realtà è assai diversa da quella delle scrivanie ministeriali.

Mentre si scrivono circolari su come intensificare i controlli, la ketamina entra nelle carceri attraverso magliette impregnate. Mentre si parla di “implementare la vigilanza”, la droga arriva nascosta nella corrispondenza cartacea.

Mentre si teorizzano “strategie di intervento”, il personale non riceve alcuna formazione specifica sul riconoscimento delle sostanze stupefacenti.



È un problema di sistema: da una parte abbiamo una direzione generale che emana direttive senza conoscere la realtà operativa, dall’altra una direzione del personale che si vanta di protocolli mai coordinati con chi dovrebbe attuarli.
Il risultato? Un incremento del 107,74% di cellulari rinvenuti in due anni, un’impennata nel traffico di droga, e soprattutto migliaia di agenti lasciati soli a fronteggiare una situazione esplosiva.
L’altro ieri ad esempio ad Avellino un agente del 184° corso, nonostante le previsioni che prevedono almeno un mese di affiancamento, è stato lasciato da solo con un 14 bis che gli ha rotto il setto nasale.

Prive di praticità e solo all’apparenza apprezzabili le parole del Sottosegretario Delmastro a quei ragazzi: “dietro ogni agente di Polizia Penitenziaria c’è il cuore di una madre…c’è un padre…” perché, invece, non ci sono nè ci saranno lo Stato e l’Amministrazione…ad vitam.

Non servono altre circolari verbose – prosegue Beneduci -. Servirebbero: Formazione specifica sulle nuove sostanze stupefacenti, strumenti tecnologici adeguati, protocolli operativi realmente attuabili, coordinamento effettivo tra le direzioni centrali e tutele concrete per il personale.

Insomma, tutto quello che invece non c’è e, si ritiene, nell’assoluta penuria di idee, nella completa assenza di concretezza e nella lontananza del Dap; di Via Arenula e del Governo dal territorio penitenziario non ci sarà neanche in futuro.

L’altro ieri un vertice tra Presidente del Consiglio, Sottosegretario e Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria (la f.f. Capo del Dap?) per individuare 7.000 posti detentivi in più.

È per questo che il Commissario straordinario sta acquistando decine di prefabbricati? O forse servono per le “camere dell’amore carcerario”? (sic!).

Ma lo sanno questi signori che per 7.000 posti detentivi in più servono almeno 5.000 agenti e visto che già ne mancano almeno altrettanti, servirebbero in tutto 10.000 agenti in più che nessuno vedrà mai.
Perché? Perché i Poliziotti Penitenziari sono “carne da macello” ovvero “manodopera a basso costo”, al più buona per qualche voto in più in alcune sedi del Piemonte e della Lombardia o per le carriere lampo e speciali (a suon di forfettarie) di qualche compiacente funzionario del Corpo che finché gli dura ‘fa verdura’.

Invero, sarebbe tempo che al DAP si nomini un Capo che conosca davvero le carceri, non attraverso le statistiche ma attraverso l’esperienza diretta. Qualcuno che sappia che la sicurezza non si fa con le circolari, ma con il supporto concreto a chi rischia la vita ogni giorno.

Fino ad allora, continueremo ad assistere a questo teatro dell’assurdo dove le direttive si accumulano e dove un Sottosegretario alla Giustizia fa da capo dell’Amministrazione, da capo del Personale e persino da “caporale di giornata” – conclude Leo Beneduci -, mentre la situazione peggiora di giorno in giorno. E a pagarne le conseguenze saranno, come sempre, gli agenti in prima linea”.