Progetto europeo sui disturbi dell’alimentazione alla d’Annunzio: un’epidemia nascosta che dilaga tra i più giovani anche maschi

CHIETI – Oltre 230.000 nuovi casi ogni anno in Italia, il 30% dei pazienti ha meno di 14 anni e crescono i casi tra i maschi: il Ministero della Salute parla di “epidemia nascosta”. I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono stati al centro del convegno conclusivo del progetto europeo INGENIUM “BE-side” che si è tenuto nei giorni scorsi presso l’Auditorium del Rettorato dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti.
In Abruzzo sono attivi 12 ambulatori specializzati, una struttura semiresidenziale e una residenziale eppure serve fare di più a fronte dei dati emersi nel corso della giornata di studi dal titolo “Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione. Clinica, Ricerca e Territorio”, evento conclusivo del progetto europeo “BE-side INGENIUM project: Effectiveness of Integrative Intervention Strategies for Binge Eating in Patients with Overweight or Obesity” coordinato dalla professoressa Chiara Conti, professoressa associata di Psicologia Clinica presso l’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti.
La giornata ha visto la partecipazione di oltre 500 persone, tra presenza fisica (circa 350 partecipanti) e collegamento online (circa 150), includendo studenti, professionisti della salute mentale e operatori dei servizi socio-sanitari.
L’iniziativa è stata promossa dall’Università d’Annunzio in collaborazione con il consorzio europeo INGENIUM, l’Ordine degli Psicologi della Regione Abruzzo e la sezione di Psicologia Clinica e Dinamica dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP).
I lavori della mattinata si sono focalizzati sugli approcci clinici multidisciplinari ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, con particolare attenzione ai modelli d’intervento innovativi, alle buone pratiche cliniche e alle specificità del contesto territoriale abruzzese.
Nel pomeriggio, ampio spazio è stato dedicato alla presentazione dei risultati del progetto “BE-side”, con interventi dei gruppi di ricerca delle Università di Oviedo (Spagna) e Rouen Normandie (Francia), partner internazionali del progetto. Il dibattito ha evidenziato l’importanza dell’integrazione tra ricerca scientifica e pratiche cliniche sul campo, a partire dai bisogni dei pazienti.
Come sottolineato dai coordinatori scientifici dell’evento, il professor Piero Porcelli e la professoressa Chiara Conti, “i temi affrontati hanno confermato la necessità di cure tempestive, personalizzate, continuative e proporzionate alla gravità clinica. In questo senso, un approccio integrato e radicato nel territorio rappresenta una condizione imprescindibile per una presa in carico efficace e sostenibile dei pazienti e delle loro famiglie”.
Il convegno ha rappresentato un’importante occasione di dialogo tra mondo accademico, istituzioni sanitarie e realtà locali, rafforzando il ponte tra ricerca clinica e territorio in un’ottica di salute pubblica e benessere psicologico.