Riccardo Zappone è “morto per trauma toracico, il taser non ha avuto alcun ruolo”: i risultati dell’autopsia sul corpo del 30enne di Pescara

PESCARA – “Sommersione interna emorragica da trauma toracico chiuso”.

Questa la causa del decesso di Riccardo Zappone, il trentenne morto martedì a Pescara. E’ quanto emerso dall’autopsia eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio. Lo rende noto la Procura del capoluogo adriatico, sottolineando che “l’utilizzo del taser da parte del personale di polizia non ha avuto alcun ruolo ai fini del determinismo della morte”. 

“Il consulente tecnico medico legale del pm, professor Cristian D’Ovidio dell’Università G. d’Annunzio di Chieti e Pescara – si legge in una nota della Procura – all’esito dell’esame autoptico eseguito a norma dell’articolo 360 c.p.p., ha chiarito che il decesso di Riccardo Zappone avvenuto in Pescara il 3 giugno 2025 è stato causato da ‘sommersione interna emorragica da trauma toracico chiuso’, e che l’utilizzo del taser da parte del personale di polizia non ha avuto alcun ruolo ai fini del determinismo della morte”. “Gli accertamenti – prosegue la nota – saranno completati anche con esami tossicologici e istologici sui prelievi eseguiti. Le indagini della Procura della Repubblica di Pescara sono in corso, al fine di accertare fatti, circostanze e responsabilità della morte violenta del trentenne Riccardo Zappone, vittima in condizione di particolare vulnerabilità”.

Morto dopo taser a Pescara: indagato, ‘Era fuori di sé

“C’è stata una colluttazione tra me e quel ragazzo, mi dispiace come sono andate dopo le cose. Ma nonostante le parolacce e le minacce non l’ho preso a pugni. E meno male che non l’ho colpito”. Così, in un’intervista al quotidiano ‘Il Centro’, Angelo De Luca, 60 anni, tra gli indagati per la rissa che martedì mattina ha visto protagonista Riccardo Zappone, il 30enne morto dopo essere stato colpito dalla polizia con il taser. L’uomo, titolare dell’officina in cui c’è stata la colluttazione, parla di una caduta in cui il giovane avrebbe sbattuto la testa e sottolinea che il ragazzo “era fuori si sé, stava agitato, sbraitava, parlava forte, era come se avesse paura di qualcuno o di qualcosa, era sporco di sangue sotto le narici, si vedeva che non stava bene”.

“Era super eccitato, ho capito che aveva preso qualcosa, che era drogato. Gli ho detto ‘lasciami perdere, fammi lavorare'”, racconta ancora l’uomo, che riferisce anche di come Zappone gli abbia “buttato dieci euro in terra” e di come il giovane continuasse a urlare “io qua ammazzo tutti quanti”. Quando il meccanico l’ha invitato ad andarsene, Zappone “ha preso la mazza della scopa e se n’è andato verso il bar di mia figlia e verso l’ex circolo tennis, dove stanno ormai tutti i balordi e i tossicodipendenti”. Poi l’arrivo degli altri due indagati, il genero e il fratello: “Mio genero che aveva la scopa gliel’ha lanciata per impaurirlo e mio fratello ha cercato di agguantarlo. Dopo che ha cercato di lanciarmi un carrello, ha iniziato a tirare pugni, uno l’ho schivato l’altro mi ha preso e io a quel punto l’ho spinto.

È caduto prima di sedere e poi è andato indietro con la testa. Forse un quarto d’ora dopo è arrivata la polizia, due pattuglie. Dicono che in quattro ci hanno messo mezzora per caricarlo sulla macchina”.

(Ansa)