Se nel Conclave qualcosa va “storto”. Da Stefano VI e Sisto V passando per Papa Borgia: ecco i “Santo Padre” che non erano santi ma a volte… padri

Negli ultimi centocinquant’anni abbiamo visto molti papi salire all’onore degli altari: Pio IX, Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono santi. Per Pio XII, Paolo VI, e Giovanni Paolo I è in corso la causa di beatificazione. Insomma anche i papi, al pari dei salmi, finiscono in gloria. Naturalmente senza voler togliere nulla al carisma e alla santità degli elencati.

Rimarrebbero ancora tre nomi tra i papi più recenti: Leone XIII, Benedetto XV, Pio XI, ma prima o poi anche loro sfoggeranno una bella aureola attorno al capo.

Una considerazione: se un Papa è il Vicario di Cristo in Terra, credo abbia raggiunto di già la santità, anzi anche un tantinello in più considerando che durante il Conclave è lo Spirito Santo a scendere tra i Cardinali elettori e ad ispirarli. Viene, però, un dubbio: nella storia del papato, i Sommi Pontefici che si sono alternati, son tutti santi? Hanno avuto tutti una vita santamente orientata?

Fino alle porte del ‘900 esisteva il Papa Re, che assommava in sé potere temporale e spirituale. Anche l’attuale pontefice assomma i due poteri, ma di quello temporale, escluso il Vaticano, non rimane granché.

Buttando uno sguardo al passato, non tutti i papi ci sembrano poi così “santi” e questo perché il potere temporale, in alcuni casi era così soverchiante da usare quello spirituale per scopi poltici. In che modo? Usando la scomunica.

Putacaso un re si rifiutava di fare qualcosa che urgeva al Papa? Il rischio d’essere scomunicati c’era e un regnante scomunicato aveva una vita difficile con i sudditi.

Di scomuniche ne sapevano qualcosa Enrico IV, per il quale se Parigi valeva una messa, gli accordi di Canossa gli andavano stetti, Federico II che in qualità di “stupor mundi” non voleva metter su una crociata per far contento il Papa ed Enrico VIII re d’Inghilterra. Quest’ultimo, poi, la fece grossa.

Ricevette la scomunica da Papa Paolo III dopo che aveva annullato il suo matrimonio con Caterina d’Aragona, aveva creato la Chiesa d’Inghilterra, impalmato Anna Bolena e distrutto il santuario di san Tommaso Becket a Canterbury nel settembre 1538.

Non tutti i papi furono un esempio di santità. Alcuni, anzi, gettarono disdoro sull’abito che indossavano. In tempi passati il Papa si comportava più come un dispotico sovrano che mutuava i pessimi costumi del peggior potere temporale dimenticando, spesso, di essere vicari di Cristo.

Vi propongo alcuni papi la cui “santità” nell’accezione classica del termine, non fu proprio il loro forte.

Era un tizio con lunghi peli sullo stomaco. Eletto pontefice il 22 maggio 896 rimase in carica fino al 14 agosto 897. Secondo alcune fonti, sarebbe morto strangolato. Attualmente riposa nelle Grotte Vaticane. In uno dei suoi primi atti da Papa riesumò il corpo del suo predecessore, Bonifacio VI, sottoponendolo poi ad un processo in Laterano. Riconosciuto colpevole. Il corpo di Bonifacio VI  fu quindi mutilato e gettato nel Tevere. Ecco lo stralcio di una cronaca dell’epoca:

Il cadavere del Papa, strappato alla tomba in cui riposava da otto mesi, fu vestito dei paludamenti pontifici, e deposto sopra un trono nella sala del concilio.

L’avvocato di papa Stefano si alzò, si volse verso quella mummia orribile, al cui fianco sedeva un diacono tremante, che doveva fargli da difensore, propose le accuse; e il papa vivente, con furore insano, chiese al morto: “Perché, uomo ambizioso, hai tu usurpato la cattedra apostolica di Roma, tu che eri già vescovo di Porto?“.

Il processo, che passò  alla storia come “sinodo del Cadavere” non andò giù ai romani che si rivoltarono contro Stefano VI e si vendicarono imprigionandolo in Castel Sant’Angelo prima e strangolandolo dopo.

Un altro dei papi più discussi della storia della Chiesa. Pontificò dal 16 dicembre 955 al 6 novembre 963. Aveva circa 18 anni quando fu eletto: in otto anni si macchiò dei crimini più efferati. Dall’omicidio allo stupro compresa  l’istigazione alla prostituzione. Morì a circa 27 anni.

Papa Giovanni XII, nato Ottaviano dei conti di Tuscolo  è stato il 130° papa della Chiesa cattolica dal 16 dicembre 955 al 6 novembre 963. Deposto, fece un breve rientro dal febbraio 964 alla morte.

Benchè fosse divenuto papa, pensò bene di continuare la sua vita lussuosa cui si era dedicato fino all’elezione al Soglio pontificio, seguitando a vivere tra sfrenati piaceri.

Eletto papa, il palazzo del Laterano divenne una vera e propria casa di piacere, la sede delle sue dissolutezze. Lo riempì di belle donne e bei ragazzi conducendo una vita depravata, dove lo spirito evangelico non trovava, certo, posto.

Il 6 novembre 963 Giovanni XII fu deposto dal pontificato per la sua condotta, ritenuta indegna di un pontefice. Lo sostituì Leone VIII.

Ma non finisce qui. Il Nostro, pochi mesi dopo, fece ritorno al soglio pontificio con tutti gli onori e si vendicò dei sostenitori di Leone. Fece mutilare i due prelati che lo avevano osteggiato: ad Azzone fu tagliata la mano destra, al cardinal Giovanni il naso, la lingua e due dita.

Morì appena tre mesi dopo, il 14 maggio 964, a soli 27 anni. C’è chi dice , per un colpo apoplettico; secondo altri. Invece, volò da una finestra gettato dal marito di  Stefanetta moglie dell’oste presso cui alloggiava, sorpreso in flagrante adulterio. Non morì subito: pare fosse rimasto in coma per otto giorni, prima di spirare.

Ed ecco il campione della cristianità a rovescio, il simbolo del secolo buio del Papato: Teofilatto dei Conti di Tuscolo che divenne per tre volte papa. Il suo era un periodo dove il peggio si dava da fare e simonia, concubinaggio e sodomia rappresentavano quasi la normalità.

Divenne papa, con il nome di Benedetto IX, nel 1032. Pare avesse 12 anni quando divenne Pontefice comprando la carica grazie al denaro di papà Alberico III. Un pontificato che esordì grazie al grave peccato di simonia e che proseguì dissolutamente.  

Questo il motivo della sua cacciata da Roma prima nel 1036 e poi nel 1044. Al suo posto fu eletto Silvestro III, il cui pontificato durò per l’appunto da Natale a Santo Stefano.

Lo depose due mesi dopo sempre il buon Benedetto IX. Successivamente, un po’ perché stufo del ministero e un po’ perchè voleva sposare una cugina, all’inizio del 1045 si dimise chiedendo che gli venissero restituiti i soldi con i quali aveva acquistato il papato.

Giovanni dei Graziani sborsò quanto richiesto  diventando Sommo Pontefice con il nome di Gregorio VI. Passato un po’ di tempo e mentre tutti tiravano un sospiro di sollievo, rieccolo all’attacco del titolo: ci aveva ripensato e voleva indietro la carica. A chiudere la vicenda ci pensò Enrico III di Sassonia che volle impicciarsi delle compravendite papali e scese in Italia per porre fine alla cosa.

Indisse un Concilio a Sutri. Dei tre papi citati si presentò solo Gregorio VI.

Ammise d’avere comperato il Sacro Soglio da Benedetto IX e dichiarò di voler abbandonare il soglio petrino. Siccome Benedetto IX non si era presentato, si prese una bella scomunica e le sue pretese di riavere il papato respinte. Un nuovo pontefice ebbe l’onore di rivestire la tiara papalina: il vescovo di Bamberga, Suidgero, che prese il nome di Clemente II.

Mal gliene incolse: il poveraccio non riuscì nemmeno a mettere piede a Roma perchè avvelenato dai sostenitori di Benedetto IX. Il Teofilatto tornò a San Pietro per riprendere la carica pontificia, stremati lo cacciarono definitivamente a forza, per lasciare il posto a papa Damaso II.

Rimase in carica ben dodici anni consecutivi. In questo lungo periodo si palesarono comportamenti gravemente immorali, che mettevano interessi, avidità e lussuria al di sopra del bene della Chiesa e delle anime. Attualmente le sue spoglie riposano nel Monastero Esarchico di S. Maria di Grottaferrata.

Alessandro VI, al secolo Rodrigo de Borja y Borja, assurse a simbolo della Chiesa rinascimentale i cui pontefici, anzichè pascolare anime, si occupavano di cose politiche o militari. Nel 1492, salito al trono pontificio, Borgia fu soggetto a critiche impietose. Dopo la sua morte si scatenò un vero e proprio fiume d’accuse infondate e dicerie spropositate. Il mondo protestante lo elevò a simbolo della corruzione imperante nella “Grande Meretrice” dell’Apocalisse, vale a dire la Roma papalina. Nel corso dei secoli all’elenco dei misfatti di Papa Borgia si aggiunsero capi d’accusa come la simonia, il nepotismo, la lussuria, perfino l’incesto con la figlia Lucrezia.

Borgia passò alla storia come un pontefice raffinato, crudele, goloso e sessualmente incontinente. Ebbe tre figli dall’amante quando era cardinale tra cui Cesare e Lucrezia Borgia. Fu senza dubbio uomo del suo tempo, con tutto il peso morale che ciò può comportare: e peccatore fin che si vuole. Ma avviò la riforma degli ordini religiosi, sistemò la contesa ispano-portoghese dopo la scoperta del Nuovo Mondo. Era uno statista accorto che sopportò pazientemente anche gli attacchi di Girolamo Savonarola (fino a un certo punto

Al secolo Giuliano della Rovere è passato alla storia come “il papa guerriero” o “il papa terribile”, epiteti che riflettono il suo temperamento un po’ “nervoso”.  

Quando nel 1503 prese la tiara papale aveva quasi sessant’anni e la sua fama era ben nota agli altri cardinali, che ne ricordavano la feroce inimicizia e rivalità con Rodrigo Borgia il quale undici anni prima gli aveva soffiato il papato.

Alla morte di Alessandro VI nel 1503 e dopo il breve pontificato di Pio III, che passò a miglior vita ventisei giorni dopo la sua elezione, ebbe luogo un conclave che risultò essere il più breve della storia: durò dieci ore.

Giuliano della Rovere salì, finalmente, al Soglio Pontifico con un’incredibile unanimità e col consenso dei cardinali della famiglia Borgia, ai quali assicurò che non ci sarebbero state rappreseglie. Promessa non mantenuta. Prese il nome di Giulio II, in riferimento al grande generale romano.

Il suo esordio la disse lunga: celebrò la sua elezione con una parata in cui passò sotto sette archi di trionfo in stile romano lanciando un chiaro messaggio fin dall’inizio: avrebbe riportato Roma al suo antico splendore. E lo fece.

L’avversario più pericoloso era il figlio naturale di Rodrigo, Cesare, il duca Valentino, tanto esaltato dal Machiavelli, che aveva creato un proprio ducato in Romagna a spese dello stato pontificio. Giulio II lo fece arrestare e portare in Vaticano e lo tenne lì finché non accettò d’inviare alle città sotto il suo dominio istruzioni per sottomettersi al papa.

Con lui si ebbero i prodromi del concetto di “Papa re”: un Pontefice che si comportava come un capo di stato senza farsi scrupolo di ottenere ciò che voleva anche con le cattive.

Se, come accennato, l’usanza papale era quella di adoperare la minaccia della scomunica contro i suoi nemici politici, il Nostro, se era necessario ricorrere alle armi arruolava un esercito straniero. Non aveva problemi a dirigere personalmente le campagne e questo faceva di lui più un sovrano che un papa. Passò alla storia come “papa guerriero” e, soprattutto per i suoi nemici, “papa terribile”.

Quando morì, il filosofo e teologo Erasmo da Rotterdam gli dedicò uno scritto satirico intitolato “Giulio escluso dal Paradiso“, in cui san Pietro gli negava l’accesso al cielo. Poca cosa perché il papa guerriero avrebbe potuto facilmente ordire una cospirazione tra gli angeli per ottenere lui stesso le chiavi.

Se ci fu un papa terribile, di polso fermo, giustizialista, ma attaccato a Roma, fu Sisto V e nonostante tutto a me sta simpatico; vi avverto mi dilungherò su di lui.

Era una persona a tutto tondo che non te la mandava a dire, al quale ogni tanto saltava la mosca al naso e quando succedeva erano dolori. Ebbe vita difficile proprio per il suo caratterino e anche per il fatto che nell’Inquisizione ci sguazzò dentro per cui non raccoglieva molte simpatie. Tra l’altro apparteneva pure all’ordine francescano: era un fraticello per cui, agli occhi della curia romana, appariva una figura trascurabile, ma se ne accorse dopo diversi anni se lo era o meno. Poco amato dal popolo, alla sua morte Pasquino ebbe a dire:

Furti, dazi, gabelle, odi, rapine,
bolle, riforme, bandi, assalti e torti
carceri, esilii e mille ingiuste morti,
per la morte di Sisto ebbero fine.

Il suo pontificato non fu dei più lunghi, durò cinque anni, ma in quel periodo mise pesantemente mano all’urbanistica di Roma, così come all’economia e alla repressione del brigantaggio. Di lui si disse nell’Urbe che fece costruire cinque strade, cinque ponti, cinque fontane e lasciò un’eredità di cinque milioni di scudi d’oro!

Come divenne Papa? Ve lo voglio proprio raccontare:

In seguito alla morte di Gregorio XIII, avvenuta il 10 aprile 1585, la sera del giorno di Pasqua dello stesso mese, si aprì il conclave.

Narra la leggenda che il futuro papa Sisto si presentò in conclave curvo, malandato e sostenuto dalle stampelle affinché si credesse che fosse una persona priva di energia e soprattutto che la sua elezione sarebbe stata di breve durata. Insomma poteva essere un buon Papa di “transizione”.

Eletto all’unanimità il 24 aprile 1585 all’età di 64 anni ebbe l’incoronazione il 1° maggio con il nome di Sisto V, in ricordo di Sisto IV, già membro dell’Ordine francescano.

A proposito della sua elezione al Santo Soglio, c’è un episodio del film “Signore&Signori Buonanotte”, a regia di Luigi Magni, con Nino Manfredi quale protagonista, chiaramente ispirato alla sua elezione a Pontefice.

Per il suo carattere forte e autoritario fu soprannominato dai romani: “Er Papa tosto”.

Il brigantaggio proprio non gli andava giù ed emanò una costituzione contro la nobiltà e le comunità protettrici dei fuorilegge, che vietava ai baroni di accogliere i banditi, mentre faceva loro obbligo di perseguirli attivamente.

Pensate che Tra il 1585 ed il 1590 furono celebrati davanti al tribunale del Governatore di Roma quarantanove processi contro i banditi ed i loro fautori tutti finiti a colpi di mannaia.

A proposito della sua lotta al brigantaggio ecco un aneddoto. Il Colosseo, in quei tempi era l’inespugnabile luogo di ritrovo dei briganti.

Papa Sisto si travestì da viandante e si presentò di notte con una grossa fiasca di vino che era stato  precedentemente drogato proprio al Colosseo, chiedendo ai banditi ospitalità ed offrendo loro la bevanda nella fiasca. Inutile dire che questi ne tracannarono tutto il contenuto e  caddero addormentati. Ad un suo cenno le guardie, che erano appostate nei paraggi, catturarono tutti. All’alba i banditi penzolavano dalle forche.

Sempre sul suo modo di fare giustizia: in città si sparse la voce che presso la basilica di Santa Maria Maggiore (luogo di culto a lui particolarmente caro come Bergoglio) avevano portato un crocifisso in legno che sanguinava. Come poteva Sisto V resistere? Arrivato sul posto e data una occhiata al miracoloso reperto diede di piglio a un’ ascia esclamando: “Come Cristo ti adoro, come legno ti spacco“. Distrutta la statua, all’interno si scoprì una spugna imbevuta di sangue e una corda che, tirata, la strizzava. Naturalmente Il proprietario fu giustiziato sul posto. Da allora fu coniato il detto: “Papa Sisto, che non perdonò manco Gesù Cristo!”.

Durante il suo pontificato fece divieto di portare armi. Capitò che a Ranuccio Farnese figlio del Duca di Parma, nell’inginocchiarsi al suo cospetto cadde una pistola. Il Papa lo fece arrestare e stabilì per la notte stessa l’esecuzione del giovane nobile. Il cardinale Farnese, zio dello sciagurato ragazzo, con l’aiuto di alcuni amici, fece in modo che nel palazzo papale non suonassero gli orologi, poi mise un ora avanti quello dello studio del pontefice e si recò da lui implorando la grazia per il nipote.

Sisto V udendo battere i rintocchi dell’orologio manomesso, credendo che la sentenza fosse stata già eseguita, graziò il malcapitato, atto di grazia immediatamente recapitato al carnefice. Quando seppe della beffa giocatagli, il pontefice esclamò:” Un prete ha gabbato un frate!”. La cosa non terminò lì. Tempo dopo vantandosi il cardinale Farnese del tiro giocato al papa, terminato il concistoro, davanti a tutti i prelati, fu chiamato da Sua Eminenza che lo fece non solo inginocchiare, ma anche  recitare il pater, l’ave e il credo aggiungendo: “Questa è penitenza da frate; se non tacete un’altra volta ve la daremo da Papa” umiliando, così, il cardinale davanti a tutti. Sisto V riposa nella basilica di Santa Maria Maggiore e tiene buona compagnia a Papa Bergoglio assieme a Gian Lorenzo Bernini.

Non sempre i papi rappresentarono “Cristo in Terra”, anzi le loro opere, contaminate dal potere temporale, tutto sembrarono tranne che sante.

A volte penso a Renatino De Pedis della banda della Magliana la cui salma fu tumulata nientemeno che nella basilica di Sant’Apollinare a Roma con il nulla osta dell’allora vicario di Roma cardinale Poletti e il suo funerale celebrato da monsignor Piero Vergari nella basilica di San Lorenzo in Lucina. Che ve devo da dì? Alle vorte cascheno le braccia!

La cosa fece scalpore perché non si riusciva a capire come un tal bandito fosse così santamente ospitato (ora non più). Ebbene, rispetto a certi papi, credete a me, fu un angioletto!!!

Un saluto

LEO VITO