Strada dei Parchi: “Mancata approvazione del PEF blocca la messa in sicurezza sismica di A24-A25 e genera gli aumenti dei pedaggi”

Un PEF esiste già, le risorse ci sono ma, dopo 9 anni, manca ancora l’approvazione del Ministero

In occasione dell’audizione parlamentare presso la Commissione VIII Ambiente della Camera dei Deputati, l’ing. Mollo, Amministratore delegato di Strada dei Parchi, concessionaria dell’autostrada A24/A25, ha sottolineato l’urgenza dell’approvazione del PEF (Piano Economico Finanziario) per completare la messa in sicurezza antisismica di cui l’infrastruttura necessita, dopo 9 anni di continui rinvii.

Lo strumento del PEF consentirebbe al contempo di scongiurare l’aumento dei pedaggi che, secondo la formula stabilita per la convenzione, subiranno un incremento del 34% al 1° gennaio 2022. Le tariffe, infatti, sono bloccate dal 2017 e hanno subito tagli già dal 2015 per effetto di una serie di decreti interministeriali.

Questo blocco ha determinato una sorta di palla di neve in continua espansione che rischia di innescare una valanga in base alla formula stabilita dal contratto di concessione.

La mancata approvazione di un PEF impedisce anche di completare gli adeguamenti antisismici urgenti e non più rinviabili.

“La zona attraversata dall’A24/A25 è classificata come l’area a maggior rischio sismico in Italia e probabilmente in Europa. Secondo le stime dell’INGV potrebbe generarsi un terremoto superiore a quello del 2009 che l’infrastruttura non sarebbe in grado di sostenere. Proprio a seguito del terremoto dell’Aquila, l’autostrada è stata classificata per Legge “infrastruttura strategica ai fini della Protezione Civile” (legge 228 del 2012), quindi per definizione un’arteria stradale che non si può interrompere per ragioni di sicurezza nazionale” – ha spiegato Mollo.

Con tale legge il Parlamento intese imporre al concedente, il MIMS, di rinegoziare un piano economico finanziario che consentisse di mettere in sicurezza sismica l’intera infrastruttura e di mantenere al contempo le tariffe calmierate.

“Grazie al lavoro portato avanti da SdP con il Commissario straordinario Gentile e il Commissario ad acta Fiorentino, siamo già oggi in grado di proporre un PEF che permetterebbe di risolvere completamente questa distorsione attraverso: aumenti delle tariffe contenute ad un massimo del 1% all’anno fino al 2030 (scadenza della concessione), nessuna proroga alla concessione in essere e completamento dell’adeguamento antisismico. In termini quantitativi, il Commissario straordinario Gentile ha stimato un investimento complessivo di 6,5 miliardi, di cui 5,1 miliardi per la fase più urgente. Per una volta nella storia del partenariato pubblico-privato in Italia ci sarebbe una perfetta coincidenza tra fonti e impieghi perché della somma complessiva per la prima fase, 3 miliardi sono già resi disponibili dal Commissario straordinario, tra fondi italiani e fondi complementari al PNRR, mentre 2,1 miliardi sono garantiti in autofinanziamento dal concessionario” – prosegue Mollo.

Due miliardi inoltre sono già entrati nelle casse dello Stato per effetto della convenzione con SdP, perché questa prevede che il 57% dei pedaggi incassati dal concessionario debbano tornare allo Stato come prezzo di concessione, IVA e imposte varie, una percentuale enorme rispetto a tutti gli altri concessionari italiani.

Con il restante 43% in questi anni Strada dei Parchi ha dovuto fare tutto: manutenzione, stipendi e gestione dell’infrastruttura. Il Concessionario non ha mai distribuito dividendi ai suoi azionisti, ma ha pagato nel solo 2021 90 milioni per le manutenzioni ordinarie a fronte dei 28 stabiliti dalla convenzione, uno squilibrio finanziario insostenibile.

Strada dei Parchi intanto continua ad applicare tariffe più basse del 17% della media italiana per le autostrade classificate “di montagna” e questo a fronte anche di un calo congiunturale del traffico.

I commissari, ben tre per un’infrastruttura di 280 chilometri, hanno terminato il loro lavoro e sono stati nominati per sanare le inadempienze del concedente.

Eppure, l’urgenza sembra non preoccupare i decisori politici a 10 anni dalla legge 228, a 18 mesi dalla nomina del Commissario ad acta (imposto dal Consiglio di Stato per lo stallo del concedente) e a 17 mesi dalla nomina del Commissario straordinario per la messa in sicurezza.

Una condizione ad altissimo rischio che deve essere recepita dal Governo, prima che sia troppo tardi.

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