Tra le onde dell’antico lago. “Una volta passo’ Carlo per il Fucino”, la storia medievale del Lago del Fucino

ORTUCCHIO – Terza Tappa del nostro viaggio che ci sta portando all’interno della storiografia dell’antico Lago del Fucino. Oggi faremo sosta nel medioevo. Nel precedente articolo abbiamo visto di come l’impresa voluta da Claudio segnasse una sorta di “interruzione” della presenza del Lago percepita dalla popolazione locale. Nonostante l’immensa opera voluta da Claudio il Lago era sempre li, tenuto a freno nel suo impeto naturale.

In foto: il lago del fucino

Passati alcuni secoli, l’immensa opera idraulica compiuta da Claudio doveva essere, in qualche modo, risistemata. Ci pensò l’imperatore Adriano, a tal proposito c’è una bella descrizione fatta da Ludovico Antinori, storico e vescovo Aquilano del ‘700, che dice: “L’Emissario del Fucino renduto inutile, dall’Imperatore Adriano venne perfezionato. Vi è chi dubitò,se Claudio, o Traiano, o Adriano deviasse le soprabbondanti acque del Fucino, che inondavano le Pianure de’ Marsi, ma poi stimò, che vi contribuissero tutti e tre quegl’Imperadori”.

Ma con la caduta dell’impero romano d’occidente le cose si arrestarono bruscamente, non c’era più il potere centralizzato di Roma e molte opere subirono le stesse sorti dell’antica e potente città. Già nel 509 d.C le acque si ripresero ciò che Claudio gli aveva tolto, ovvero le loro sedi naturali. Anzi, anche la nomenclatura del Lago mutò: da quel momento, il nome “Lago del Fucino” venne sostituito, anche se in parte, in “Lago di Celano” vista la vicinanza ad un luogo di potere ben accentuato, ovvero Celano e la sua Contea. A tal proposito l’Antinori, riportando nella sua opera “Raccolta di memorie istoriche delle tre provincie degli Abruzzi una frase pronunciata da Leon Battista Alberti, afferma: “Al fine della Pianura de Campi Palentini, al mezzo giorno giace il Lago di Celano, talvolta detto di Alba, o de’ Marsi; ma da Strabone, e da Tacito Lago Fucino, come dagli altri Scrittori. Esso è di tanta lunghezza, che al dire di Strabone, sembra un Mare . Si dice, che alcune volte cresce tanto, che giunge ai Monti, e che talvolta altresì tanto cala, e che rimangono disseccati i luoghi bagnati, e sommersi da esso, talchè si possono coltivare. E ciò interviene perché l’acqua di lui trapassa altrove per alcuni sotterranei , ed occulti cunicoli, e Ruscelli”.

Ci furono svariate ipotesi di riprendere il lavoro fatto dall’impero romano, ma l’opera costava troppo e ne Federico II di Svevia (colui che nel 1227, dopo uno scontro con il conte di Celano Tommaso, la distrusse e ne deportò i suoi abitanti in Sicilia e a Malta), ne Alfonso I D’Aragona e successivamente ne Fabrizio I Colonna avevano la possibilità economica di affrontare questa impresa. Ed li Lago, per molti anni ancora, restò li! Testimone di una storia fatta di guerre, scheggi, rinascita e vita quotidiana. Gli abitanti che affollavano i grandi centri nei pressi del lago, come Celano, Trasacco, Luco dei Marsi etc erano anche dediti alla pesca nel lago: in qualche modo si pescava molto bene anche se i prezzi venivano fissati da poteri politici ed ecclesiasti.

Infine, come potete leggere dal titolo di questo articolo c’è un noto proverbio marsicano, che al cui centro c’è proprio il Lago. In poche parole, dopo la vittoria di Carlo D’Angiò nella celebra Battaglia dei Piani Palentini (1268), c’è chi dice che passò sul lago ghiacciato oppure, c’è chi sostiene l’impraticabilità del terreno nei pressi del lago. Fatto sta che il detto sta ad indicare una cosa più unica che rara, quasi al limite del possibile…. Poi ognuno, in questo proverbio, trova la sua giusta risposta.

Nel prossimo articolo vi racconteremo l’opera di Prosciugamento operata da Alessandro Torlonia.

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