Tutta la Pasqua 2021… animale per animale.

Pasqua è una festa caratterizzata da un bestiario simbolico mica da ridere; si va dal coniglio alla colomba, dall’agnello alle lucertole, persino il cardellino fa pasqua assieme al pettirosso per non parlare del leone.

Cominciamo dall’animale che a mio avviso ha a che vedere con la Pasqua quanto un coguaro col Natale: il famoso coniglietto. Avrete sicuramente notato come, negli ultimi anni, spuntano da tutte le parti dolci che lo raffigurano e che affiancano i grandi classici come le uova e le colombe. Sapete da dove deriva l’usanza di questo simbolo pasquale?  Dai soliti tedeschi che non sapendo cosa inventarsi per la Festa tirarono fuori il cosiddetto “Osterhase” (il coniglio di Pasqua) il quale, non si sa per quale strano motivo, nascondeva le uova, per poi farle ritrovare ai bambini che si erano comportati bene.

La dea Eostre

La sua storia, riguarda una divinità sassone associata alla Primavera il cui nome è Eostre ma chiamata anche Ostara, da cui deriva il termine tedesco, Ostern, e in inglese, Easter. Secondo quanto si tramanda,  un pomeriggio di primavera, la dea Eostre, per far divertire i bambini che aveva intorno, trasformò in coniglio l’uccellino che aveva appoggiato sul suo braccio. I bambini furono contenti della trasformazione, tutti tranne l’uccellino il quale ci rimase male e imprecò in tedesco, lingua formidabile per la bisogna. I fanciullini, vista la mala parata, chiesero alla dea di ritrasformare il coniglio in volatile. Nel frattempo era però giunto l’inverno e la dea, esausta, non aveva più le forze per annullare l’incantesimo. Arrivata nuovamente la primavera Eostre, rimessasi in sesto, ridiede all’uccellino la forma originale. Dalla gioia il piccolo pennuto, depose delle uova colorate che regalò ai bambini e alla dea invece di tirargliele appresso.

Alboino

Ma veniamo alle due bestiole che, si contendono il titolo di rappresentanti della Pasqua: la colomba e l’agnello. La leggenda del candido volatile trae origini nientemeno che dalla storia medioevale. Sceso in Italia con le sue truppe, Alboino, sovrano dei Longobardi, dopo un terribile assedio durato tre anni, occupò Pavia: era il giorno della vigilia di Pasqua del 572 e il Re aveva deciso di mettere a ferro e fuoco l’intera città. Secondo una tradizione tutta italiana che vuole si corra in soccorso del vincitore, l’invasore ricevette dal popolo stesso un gran numero di omaggi. Tra i regali vi erano dodici bellissime fanciulle, destinate, potete immaginare a far cosa. Mentre il sovrano se ne stava lì decidendo su quale fine far fare alla città, si presentò davanti a lui un vecchio artigiano che gli porse dei dolci a forma di colomba quale tributo di pace per il giorno di Pasqua. Assaggiati, Alboino ne rimase a tal punto deliziato da decretare il termine delle ostilità e che mai colomba sarebbe stata uccisa in avanti. Siccome il Sire non era un micco, mangiate le colombe se ne andò a cercare le fanciulle e trovatele domandò il loro nome. Tutte risposero di chiamarsi Colomba. Comprendendo l’inganno e facendo buon viso a cattivo gioco il re si fece una doccia fredda e rispettò le giovinette, d’altro canto parola di re è parola di re! Anche Federico Barbarossa è stato oggetto di una storia legata al dolce pasquale. Nel 1176, durante la battaglia di Legnano tre colombe si posarono sulle insegne del Carroccio. La cosa fu interpretata come un segno di benevolenza celeste. Sconfitto l’invasore i cucinieri lombardi vollero rendere omaggio al segno divino realizzando colombe di pane dolce da distribuire ai soldati.

Termino con una suggestiva leggenda che originò l’antica usanza di consumare a Pasqua un dolce a forma di colomba in onore di San Colombano. Si narra che attorno al 612, l’abate irlandese fu ricevuto dai sovrani longobardi e invitato con i suoi monaci ad un sontuoso pranzo. Gli furono servite numerose vivande tra cui molta selvaggina.

San Colombano e la colomba…

Colombano rifiutò i cibi a base di carne essendo il periodo quaresimale. La regina Teodolinda si offese, ma l’abate, furbo, ci mise una pezza dicendo che avrebbe consumato la carne solo dopo averla benedetta. Nel momento in cui Colombano alzò la mano destra nel sacro gesto, le pietanze si trasformarono in colombe di pane. Il prodigio colpì la regina che comprese la santità dell’abate e decise di donargli il territorio di Bobbio dove nacque, per l’appunto, l’abbazia che porta il suo nome. Da allora il santo è rappresentato con una colomba bianca sulla spalla. Dette queste cose, la volete sapere la storia della colomba di Pasqua ma quella vera? Nel 1930 la ditta milanese Motta, famosa per i panettoni, allo scopo di sfruttare, molto grettamente, gli stessi macchinari e lo stesso impasto per un dolce pasquale, si  inventò la Colomba.  Ecco crollato un mito: altro che leggende…

Siamo giunti all’agnellino, croce e delizia delle mense pasquali. La bestiolina, rappresenta Gesù e il suo sacrificio sulla croce ed è quindi il simbolo del cristianesimo. L’origine dell’iconografia si trova, però, nella celebrazione della Pasqua ebraica (Pèsach) quando il Signore annunciò al popolo d’Israele che lo avrebbe liberato dalla schiavitù punendo gli egiziani con l’uccisione di tutti i primogeniti , sia umani che animali. Il popolo d’Israele avrebbe dovuto segnare la porta d’ingresso della propria casa con il sangue di un agnello. Solo così sarebbero stati risparmiati dal flagello. Oggi mangiare durante il pranzo di Pasqua il povero ovino è motivo di guerra da parte degli animalisti. Giunse a dar loro manforte Benedetto XVI, ritenuto una delle maggiori menti filosofiche del cattolicesimo moderno. Durante l’omelia del Giovedì Santo del 2005, se ne uscì con l’affermazione secondo la quale probabilmente lo stesso Gesù non consumò l’agnello durante la celebrazione della Pasqua con i suoi discepoli. Questo fu considerato un grave momento di frattura con la tradizione ebraica. Forse al Papa Emerito non sovvenne il tradizionale svolgimento della Cena Pasquale ebraica che segue, nel suo consumo e composizione delle vivande, un ordine (Seder) ben preciso: Kadesh (la Benedizione sul Vino), Karpas (l’Antipasto), Yachatz (si spezza il pane azzimo). A seguire le erbe amare, l’uovo, l’acqua salata e poi, eccolo lì, l’agnello.  “Ciascuno si procuri un agnello per la famiglia […] In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi ed erbe amare» (Esodo 12, 2-8). Le elucubrazioni sull’Ultima Cena e sulle relative vivande mi sembrano, come dire? Un po’ cervellotiche: Gesù era uomo del suo tempo, figlio di un falegname e consumava la Pasqua tra gente umile come lui e pertanto rispettoso della tradizione.

Cattedrale di Melfi, ultima cena (notare l’agnello nel piatto)

Vogliamo vedere quali altri animaletti rientrano nella tradizione pasquale? Iniziamo dalla lucertola. Tradizione vuole che esca dalle crepe dei muri nel momento in cui sente suonare le campane della Pasqua. È una diceria senza fondamento, ma dal punto di vista spirituale, mi dicono rappresenti l’essere che si ridesta con le campane della Resurrezione. Dai rettili ai volatili ed ecco un simbolo della Festa che fa pure primavera: La rondine. Un tempo le cartoline d’auguri la raffiguravano volando sui campanili o intorno alle campane. Si vuole che faccia il suo ritorno il giorno di San Benedetto, il 21 di marzo portando la bella stagione e inizia a fare il nido sotto le grondaie nella Settimana santa.  

Altri volatili legati alla tradizione? Il Pettirosso e il cardellino. Sapete perché il pettirosso si chiama così? Eccovi la storia. Un pettirosso volando vicino a Gesù crocifisso, si accorse che la sua testa sanguinava a causa di una corona. Per non farlo soffrire cominciò a sfilare una dopo l’altra le spine col suo becco. Il sangue che fuoriusciva gli macchiò il petto e quella macchia non andò più via a ricordo del suo coraggio e della sua sensibilità (io vorrei sapere chi è che si inventa queste storie strappalacrime). Ed ecco Il Cardellino. Anche se è l’animale della Pasqua meno noto, simboleggia la Passione di Cristo, proprio per via del suo nome che deriva dai cardi, simili alle spine della corona messa in testa a Gesù mentre saliva al Calvario. Raffaello lo rappresentò in una delle sue tele più famose: La Madonna del Cardellino.

Per finire il re della foresta. Sapevate che il leone è il simbolo del coraggio, della forza e della Resurrezione? La leonessa partorisce i piccoli, che per tre giorni paiono morti e risuscitano il terzo giorno (come Gesù Cristo). Il felino è simbolo della vittoria del bene sul male e proprio per questo motivo, Cristo è soprannominato il “Leone di Giuda” anche perché sia il re Davide che lui discendevano da quella tribù di cui il leone è simbolo. L’espressione è anche usata nell’Apocalisse per indicare il Messia. Una felice e serena  Pasqua a tutti da un metro e mezzo di distanza.

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