Uccise il figlio: per la Cassazione merita l’attenuante della provocazione. L’uomo era “esasperato dal contegno offensivo e aggressivo” del giovane

ALESSANDRIA – Uccise il figlio a colpi di pistola ma probabilmente merita l’attenuante della provocazione, che invece gli era stata negata, per le continue “vessazioni e umiliazioni” cui era sottoposto: per questo motivo la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con cui, nel 2021, la Corte d’Assise di Torino aveva condannato il settantaduenne Luciano Assandri a sei anni e otto mesi di carcere.

Assandri sparò al figlio Diego, 39 anni, il 17 aprile 2019 nel loro appartamento di Rivalta Bormida (Alessandria).

Secondo le stesse carte del processo, era “esasperato dal contegno offensivo e aggressivo” del giovane, “tossicodipendente da molti anni, già inutilmente collocato in varie comunità di recupero, che aveva dilapidato ogni risorsa economica familiare oltretutto accusando i genitori di non avere mai fatto nulla per lui”.

Quel giorno Diego “aveva nuovamente preteso soldi” e “aveva fisicamente aggredito il padre”.

A differenza dei giudici d’Appello, gli ‘Ermellini’ hanno ravvisato lo schema della cosiddetta “provocazione per accumulo” e hanno quindi ordinato un nuovo passaggio in aula per un approfondimento.

Del resto – si legge nella sentenza – era stata la stessa Corte piemontese a dare per chiariti “i reiterati comportamenti ingiusti del figlio nei confronti del padre” e “il grave e sedimentato perturbamento emotivo”, dovuto alla “situazione di oppressione”, che pativa il 72enne, e che aveva portato a riconoscergli un “vizio parziale di mente”.