Un (altro) abruzzese allo Strega

AVEZZANO – Riceviamo dalla Agenzia Scribo un comunicato stampa – e volentieri ne scriviamo – che è ufficiale la   candidatura dello scrittore Remo Rapino al Premio Strega 2020.  L’autore concorre con un libro –  Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio – edito per la  minimum fax – che evidentemente ha incontrato i favori e gli apprezzamenti dei giurati.

Remo Rapino

Il Premio Strega è giunto in questo anno alla sua 74esima edizione, avendo preso avvio nel  1947 quando a vincere fu, neanche a dirlo, un altro pregevole scrittore abruzzese di Pescara, Ennio Flaiano con il libro  Tempo di uccidere edito da Longanesi.   Consideriamo, questa, una felicissima concomitanza  che, sarà portafortuna per il nostro  autore Remo Rapino  che  nasce a  Casalanguida (CH) nel 1951, vive a Lanciano,  è docente di Filosofia e Storia presso il  locale Liceo Classico  “V.Emanuele II”,  ha pubblicato dal  1993 ad oggi  30  libri  di poesie e narrativa ed ha  partecipato a diversi premi letterari.

Il libro di Rapino in lizza per lo Strega 2020

Il romanzo con il quale concorre al Premio  –  Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio –  è un percorso dagli anni ’40 a fine secolo; il percorso di vita di un uomo  che  è considerato  un matto da tutta la gente del paese. Che paese è?  Un paese. Tutti i paesi. Perché la vita, la morte e i miracoli di Liborio sono di  quelli   comuni, di quelli che accadono  nei paesi dove il “diverso”   – matto  o savio che sia –  viene visto con un misto di timore e di scherno e che non cambiano mai: “paese sempre piccolo e sempre uguale, uguale quando si lascia, uguale quando ci  si ritornerà” (Montieri Gianni in Huffpost 4.11.2019).  Può una vita farsi lingua/linguaggio? Ebbene si. E’ quel che accade nel romanzo di Rapino e ne è la formula vincente.  Una mescolanza di dialetti – del sud e del nord, che si fanno racconto seguendo il protagonista nei suoi spostamenti  –  e di lingua italiana  in  cui non c’è prepotenza  degli uni o dell’altra …semplicemente si combinano insieme  – grazie alla accorta e sapiente  “mano” dell’autore –  vitalizzando il passaggio di Liborio attraverso tutto il Novecento.   Scrive ancora Montieri: ” Non possiamo non riconoscere qualcosa di noi in Bonfiglio Liborio, non possiamo evitare di scorgere il profilo di un nostro nonno, di un conoscente. …… Succede perché Rapino inventa un linguaggio e quando si ascoltano parole nuove, quando il ritmo impressionante della prosa impastata, ruvida, musicale, brillante ti travolge, non puoi far altro che emozionarti, lasciarti agguantare e perderti nel flusso degli accadimenti”. Dunque, un romanzo da leggere tutto d’un fiato, senza attardarsi a criticare la mancanza di purismi linguistici o arricciare il naso per l’assenza di costrutti perfetti, ma lasciando che la narrazione trasporti in una dimensione – quella dei nostri nonni – che ci risucchia nel libro perché “il Novecento è stato il secolo più di tutti gli altri, così pieno di cose e così vicino”.

In ultimo, non può mancare “il tifo” perché la vittoria – in questo 2020 – arrida ad un altro abruzzese.

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