Un Cioccolatino Storico. “Ancora un terremoto!” reporter, scrittori e giornalisti raccontano la tragedia che colpì la Marsica il 13 gennaio 1915

AVEZZANO- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al settimanale appuntamento con i racconti del Cioccolatino Storico. Oggi è il 13 gennaio una data che per noi marsicani segna la fine e l’inizio di una era, un giorno triste ma carico di speranza e di voglia di ricominciare: insomma il 13 gennaio è il giorno di tutta la Marsica senza campanilismi e antiche rivalità. Comunque, in questo Cioccolatino Storico, pur avendo il nostro cuore rivolto alle 30.000 vittime di questa tragedia lo dedichiamo ai numerosi reporter, giornalisti, scrittori, musicisti e registi che con grande coraggio hanno testimoniato tale tragedia.

La chiesa di San Giovanni (Avezzano) distrutta dal Terremoto

Report e Giornalisti:

Una dettagliata e cruenta testimonianza ce la fornirà lo scrittore e illustratore palermitano Eduardo Ximenes sulle pagine della rivista “Emporium” v.41, n.42 del 1915. Nel suo articolo dal titolo “La devastazione della Valle della Marsica” Ximenes, da buon reporter, annoterà tutto ciò che i suoi occhi videro in quella tragedia, descrivendo anche il viaggio lungo in treno. Così racconterà il suo arrivo in terra marsicana:

“Vi arrivai di notte ad Avezzano, e dopo dodici ore di treno, dove se ne impiegano tre in tempi normali. Ma v’erano i treni dei feriti che scendevano a Roma e la linea dispone di un solo binario (p.140)”.

Malinconica è la descrizione che lo scrittore palermitano, due pagine dopo, fa dell’Avezzano che fu e dei suoi abitanti scrivendo:

“Dov’era Avezzano? Non si riusciva a scoprirla, era distesa nel buio, senza torri e senza campanili, senza lumi, senza voci: abbattuta, fracassata, informe. Là sotto v’erano chi sa quanti esseri viventi che invocavano la salvezza ma i cui lamenti venivano soffocati dalle rovine! (p.142)”.

Ma la descrizione più forte Ximenes la fa, sempre nelle medesima pagina, parlando delle donne di Avezzano e scriverà così:

“V’erano i vivi che nelle tenebre interrogavano le macerie colla voce: coll’occhio: — Angelina! Angelina! Dio, Dio mio, Angelina! Mi senti? Rispondi, Angelina! E I’ invocazione moriva nel pianto sconsolato, sommesso e angoscioso.  Come avevano fatto a penetrare fra quel frantume minaccioso? Erano donne quelle che avevano osato sfidare le ascensioni micidiali arrampicandosi fra montagne di macerie, aggrappandosi alle travi oscillanti, svoltolando massi sospesi, tegole e pietre; affondando nei calcinacci, avventurandosi in cima ai più pericolosi scoscendimenti: davvero che la pietà infonde alla donna una forza sovrumana al cui confronto l’energia degli uomini resta immensamente inferiore (p.142)”.

Un Sacerdote tra le macerie

Oltre a Ximenes nella Marsica arrivarono grandi nomi del giornalismo come Tullio Giordana, Giuseppe Prezzolini, Scipio Slataper e Giovanni Cena. Quest’ultimo, sulle pagine di “Nuova Antologia” (del 1 febbraio 1915) da una ottima descrizione della tragedia, anche alla luce di un viaggio che lo stesso Cena fece qualche anno prima in territorio Marsicano. Così racconterà gli effetti del sisma qualche giorno dopo:

“22 gennaio, notte. — Pioggia e neve ad Avezzano. L’attendamento della Sanità militare, coperto di neve, sembra un fantastico villaggio orientale. A sera, le finestre illuminate degli ospedali da campo dànno un senso di sollievo e di pace. Molte volte ho sostato in questi giorni davanti alla sala di pronto soccorso. Portate a spalle dai soldati, o sulle automobili, giungono dai paesi vicini le barelle col loro doloroso peso, uomini, donne e bambini, da cento a centocinquanta feriti al giorno, di cui venti o trenta gravissimi, ai quali è necessario fare operazioni d’urgenza o applicare apparecchi per farli viaggiare in treno. Nell’ospedale giacciono quelli che non possono essere rimossi, un centinaio d’infermi. E i medici, mirabili per attività, gravità e dolcezza, sono in gran parte volontari, che hanno lasciato in città le loro clientele. Passano da una tenda all’altra le figure bianche delle dame infermiere, volti dolci e gravi, portando medicine ed alimenti. Spinte dal freddo e dai disagi, madri e bambini sono scesi dai paesi circostanti e hanno atteso per l’intera giornata un treno che le porti a Roma grande, a Roma madre. Cadono per la stanchezza e quando la pioggia le immolla, il maggiore medico s’intenerisce, scuote il capo e le ospita sotto le tende dei feriti, promettendo che sarà l’ultima volta e che qualcun altro deve provvedere. Ma chi può resistere al pianto lungo, pauroso dei bambini? Lì presso, in una baracca dov’è un piccolo spaccio di tabacco e di vino, un unico tavolo è tutto occupato da soldati, seduti gomito a gomito. Che fanno? Scrivono delle lettere. Qualcuno ha la testa fasciata: qualcun altro tosse lungamente. Ma quel pianto di bambini! Sotto la tenda, mi provo invano a dormire!”.

Magliano de’ Marsi colpito dal Terremoto

E la stampa estera? La tragedia ebbe eco anche in altri paesi sia europei (che erano in guerra ormai da un anno) e sia oltre oceano. Abbiamo avuto modo di avere alcune prime pagine di quotidiani statunitensi che parlavano di tale tragedia. Vi mostriamo le foto:

Evening Times-Repubblican (Marshalltown, Iowa) del 16 gennaio 1915:

The Sun (New York) del 30 gennaio 1915:

Scrittori e registi:

Il terremoto di Avezzano ebbe eco anche nel Mondo della letteratura e del cinema (nascente). Oltre alle descrizioni di Ignazio Silone (che fu testimone diretto di tale tragedia) e di Benedetto Croce (suo cugino, il deputato Erminio Sipari colui che denunciò i ritardi nei soccorsi e che, più in là fonderà il parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise) troviamo una bella citazione nell’opera “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello in cui leggiamo: “possibile che le case d’Avezzano, le case di Messina, sapendo del terremoto che di li a poco le avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene tranquille sotto la luna, ordinate in fila lungo le strade e le piazze”.

Pescina

Ma la testimonianza del poeta danese Johannes Jorgensen -pubblicata nel 1915 a Copenaghen aveva la finalità di raccontare ai danesi le vicende drammatiche che avevano colpito quell’amato pezzettino di Danimarca in Italia- commosse molti danesi. Così parla di Avezzano:

“Si piange molto ad Avezzano, ma in modo strano, inconsapevolmente. È fra i dodici e i quattordicimila il numero di coloro che sono morti o gravemente feriti – di fronte a una cosa così orribile la natura umana ha un solo rimedio – il pianto incessante. Le lacrime scendono in silenzio e senza sosta, non si pensa nemmeno ad asciugarle, sono l’unica consolazione, l’unico sollievo, l’unico sfogo se si vuole riuscire a sopportare. Continuiamo a camminare cercando di mantenere l’equilibrio sulla strada piena di pietre. Ancora rovine vuote – e sotto le macerie sappiamo che giacino i morti – una città di morti come Pompei. La strada sbuca in piazza Torlonia – un piccolo giardino con aiuole, alberi, un palco per la banda e i gabinetti. È il quartier generale dei soccorsi. Qui vi sono file di tende – lì fuochi e falò – laggiù medici e infermieri, ufficiali e soldati in fermento – e lì vengono raccolti i morti estratti dalle macerie”.

Avezzano

Anche il mondo del cinema si interessò alla tragedia. Il primo cortometraggio – muto e in bianco e nero- fu girato ad Avezzano dai cinematografi francesi dell’Istituto Gaumont a pochi giorni dal sisma. Viceversa, la società italiana Cines proiettò, a Roma e senza censura, le cruente immagini della tragedia: infine, il regista Carmine Gallone girò, sempre ad Avezzano, il film muto Sempre nel cor la Patria!

E ci piacerebbe concludere questa nostra lunga storia con la scritta che troviamo incisa nei pressi del monumento in ricordo delle vittime del terremoto del 1915 (Pietraquaria): “Amico, la città che vedi laggiù alla tua vista si stende non è quella dei nostri padri. Di essa non restò pietra su pietra nel primo mattino del 13 gennaio 1915. Questa ha un altro volto nel quale l’antico si rischiara non nel disegno, troppo diverso ma nella forza dell’uomo che tosto riprese a camminare”.

Un abbraccio storico

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