Un Cioccolatino Storico. “Nivibus horrenda altitudine”, storia di neve e.. di antichità

AVEZZANO- Carissimi lettori benvenuti al consueto appuntamento settimanale con i racconti del Cioccolatino Storico. Questa mattina, almeno noi abitanti della Marsica, ci siamo svegliati con una soffice e delicata nevicata che, in qualche modo, ci distrae dalle ansie e dai tormenti provenienti (o dovuti) al lunedì mattina. E guardando la neve ci siamo chiesti: «perché non raccontare qualche fenomeno meteorologico antico?» e proprio da questa interiore domanda iniziamo questo viaggio tra neve, freddo e storia.

Dionidi di Alicarnasso

Una delle prime testimonianze storiche su un inverno particolarmente rigido nella città di Roma ce lo fornisce lo storico greco Dionigi di Alicarnasso che, nelle sue “Antichità romane” racconta degli effetti dell’inverno del 400-399 a.C. scrivendo che: “A Roma vi fu una precipitazione nevosa molto abbondante, e dove la neve cadde in minor quantità non fu inferiore ai sette piedi. Vi furono alcune vittime, e specialmente la perdita di greggi, mandrie, bestie da soma, alcune per assideramento, altre per impossibilità di nutrirsi. Gli alberi da frutto che non poterono reggere la troppa neve furono spezzati dal vento o ebbero i germogli avvizziti e non diedero frutto per molti anni. Molte case crollarono e alcune furono travolte, specialmente quelle in pietra durante i cicli gelo-disgelo delle nevi. Non abbiamo nessun’altra notizia storica di calamità di questa portata, né prima né dopo, sino ai giorni d’oggi, a questa latitudine”.

Tito Livio

Ma anche il grande storico latino Tito Livio, nel suo V libro (v.13) di “Ab Urbe condida”, parlando dell’assedio romano alla città volsca di Anxur scrive che: “Quell’anno rimase memorabile per l’inverno che fu così gelido e nevoso da bloccare le strade e impedire la navigazione sul Tevere”. Non so se avete fatto caso alle ultime parole di Livio, ovvero del fiume Tevere ghiacciato: questo ultimo punto venne anche sottolineato, molti secoli dopo, da quel grande uomo di Agostino d’Ippona che nella “Città di Dio” raccontò di tale glaciazione, anzi ne ricordò anche una nel 295 a.C.; ma non fu solo il Tevere ad avere problemi con il ghiaccio, ma anche “altri” fiumi coinvolti nelle vicende belliche romane. Pesiamo al Danubio, raccontato da Plinio il Giovane nel Panegirico a Traiano (XII) in cui scrive: “il Danubio congiunge le due rive col gelo e assodato coi ghiacci trasporta poderosi eserciti sul dorso”.

Sant’Agostino

Così scrive il nostro conterraneo Ovidio – mentre era in esilio nel Ponto (odierna Turchia) – in “Tristia” a proposito del gelo: “E non mi giova avere scritto, liberi da vera colpa, versi d’amore, e che più che la vita sia stata leggera la mia musa; ma dopo aver sofferto mille pericoli per terra e per mare mi tiene il Ponto bruciato da un gelo incessante (III2”) e poi “Ma non basta aver visto, ho calcato la distesa ghiacciata e il piede si è posato asciutto sulla superficie delle onde. Se tali flutti tu avessi avuto allora, o Leandro, la tua morte non incolperebbe lo stretto braccio di mare. Allora i delfini non possono balzare ricurvi nell’aria – e se tentano li impedisce il rigido inverno – e, per quanto Borea ululi agitando le ali, nessun’onda si muoverà nel gorgo assediato bloccate dal gelo staranno ritte nel marmo le navi, né il remo potrà più fendere le rigide acque. Ho visto i pesci imprigionati stretti nel ghiaccio e una parte di loro ancora viva in quel momento (III10)”.

Ovidio

E concludiamo questo nostro excursus tra il freddo e la storia antica con due capoccioni: Orazio e Cicerone. Nell’epistola 1,8 dedicata al suo amico Celso, Orazio parlando della “micidiale accidia” sottolinea un fatto che per noi è assai interessante ed è il seguente: “[…] e non perché la grandine abbia flagellato la mia vigna”: nell’ironizzare le preoccupazioni Orazio ci parla dell’effetto del maltempo sulle sue vigne.

Plinio il Giovane

Infine Cicerone nella lettera a suo fratello Quinto scrive: “Ho riso della neve scura, e ben mi piace che tu sia di buon umore e disposto a scherzi”. Il tono sembra melodrammatico, ma Cicerone, in fin dei conti parla di come l’abbondanza della neve abbia impedito a molti senatori di raggiungere la curia a Roma per discutere in senato.

Cicerone

Sarà, ma la neve porta sempre felicità e con questo vi salutiamo dandovi appuntamento alla prossima settimana.

Un abbraccio storico.

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