Un Cioccolatino Storico. Sant’Antonio Abate: storia di un santo egiziano molto venerato nel Mondo

AVEZZANO-  Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti in questo nostro cioccolatino storico. La storia che oggi ci piacerebbe raccontarvi, in qualche modo, ci porterà nel deserto egiziano: effettivamente, con questo gelo, un po’ di caldo del deserto andrebbe molto bene. Vi porteremo nel deserto egiziano per raccontarvi la storia di un Santo molto conosciuto e venerato nella nostra bellissima Italia: stiamo parlando di Sant’Antonio il Grande.

Se pur molte iconografie, soprattutto occidentali, ci dipingono la figura di Antonio come un monaco semplice, sciatto e tendente all’eterna bontà la realtà sembra assai differente o meglio, è proprio agli antipodi. Molte fonti storiche, tra cui la Vita araba di San Macario il Grande, parlando di Antonio, ci descrivono il suo pessimo carattere, la sua tendenza ad esser un eterno scontroso e, infine, una grande padronanza della cultura. Una padronanza che lo spinse nel redigere una prima “regola” per i monaci (il monachesimo venne introdotto in Egitto e nella cristianità da un altro egiziano di nome Shenuda) e soprattutto nel redigere testi contro l’eresia ariana.     

In foto: la statua di Sant’Antonio Abate conservata presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria Nuova in Collellongo (AQ)

                                

Già, ma cosa sappiamo di più sulla figura di Antonio il Grande? Sappiamo, per certo, che egli nacque a Cora in Egitto intorno al 251 d.C. Tali notizie vengono fornite, però senza data apparente, da un suo amico/discepolo il vescovo Atanasio di Alessandria d’Egitto nella Vita Antonii. Il vescovo di Alessandria, dopo un prologo molto sdolcinato e soprattutto di parte, nella quale scrive queste parole “Il solo fatto di ricordarmi di Antonio è in effetti un grande guadagno anche per me” passa alla descrizione della nascita del monaco. Due cose spiccano del capitolo della nascita di Antonio: la prima era la nazionalità del monaco e la seconda è inerente ai genitori e alla sua formazione umana. Atanasio scrive così: “Antonio era di origine egiziana; nacque da genitori nobili, sufficientemente ricchi. Essi stessi erano cristiani per cui anch’egli fu allevato nella fede cristiana. Da bambino fu allevato da loro e non conosceva nessun altro al di fuori dei genitori e della sua casa. Quando crebbe e divenne ragazzo, con l’avanzare dell’età, non volle apprendere le lettere perché voleva sottrarsi alla compagni degli altri ragazzi. Tutto quello che desiderava era di rimanere in tutta semplicità in casa sua, come sta scritto a proposito di Giacobbe. Frequentava la casa del Signore insieme ai genitori; da bambino non era svogliato, né col passare degli anni mostrava disprezzo per i suoi genitori, ma restò loro sottomesso. Stava attento alle letture e ne custodiva il frutto in cuor suo. Inoltre, da bambino, nonostante la sua condizione agiata, non molestava i genitori pretendendo cibi svariati e ricercati e non cercava godimento nel cibo; si accontentava di quello che trovava e non chiedeva niente di più”.

La fede in Antonio restò sempre grande anche quando perse entrambi in genitori: Atanasio ci racconta che aveva tra i diciotto ed i vent’anni e che si prese cura di sua sorella più piccola. Ma qualcosa cambiò in Antonio, soprattutto dopo aver sentito un celebre brano del Vangelo, che dice: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che possiedi e dallo ai poveri; poi vieni, seguimi e avrai un tesoro nei cieli”. Il giovane allora distribuì tutti i suoi averi ai più poveri, riservando qualcosa per sua sorella e decise di seguire il Signore. Si allontanò dalla sua Cora e si inoltrò nel Sacro Deserto.

Molte fonti Copte che raccontato che, intorno al 285 d.C si insediò in un vecchio fortino militare romano verso il Mar Rosso nella località detta di Pispir. Qui vi rimase per circa 20 anni lottando contro il demonio, pregando, consigliando il popolo che si recava a lui e formando i monaci. Nel 311 d.C tornò ad Alessandria d’Egitto per consolare i cristiani che erano vittima di una brutale persecuzione ad opera dell’imperatore Massimino Daia e per lottare contro l’eresia ariana che proprio in quella città si era sviluppata.

In foto: la Statua Lignea raffigurante Sant’Antonio Abate conservata nella chiesa parrocchiale di Santa Lucia in Magliano de’ Marsi (AQ)

Man mano Antonio diventava sempre più importante sia tra il Popolo di Dio, sia nei monaci e sia nel potere statale. A tal proposito, sempre Atanasio, in maniera quasi propagandistica, nella Vita Antonii riporta di una presunta lettera che l’imperatore Costantino inviò ad Antonio anche se poi, il risvolto di queste lettere, è assai ambiguo. Atanasio scrive: “La fama di Antonio giunse fino agli imperatori. Non appena Costantino Augusto e i suoi figli, gli Augusti Costanzo e Costante, ebbero notizie dei prodigi compiuti da Antonio, gli scrivevano come a un padre e lo pregavano di rispondere.  Ma Antonio non tenne in gran conto le loro lettere, né provò piacere al riceverle; rimase tale e quale prima che le scrivessero. Quando gli portavano le lettere, chiamava i monaci e diceva: «Perché vi meravigliate se un imperatore ci scrive? È un uomo! Meravigliatevi piuttosto che Dio abbia scritto la legge per gli uomini e abbia parlato loro per mezzo di suo Figlio»”.

In foto: la grotta ove visse Sant’Antonio Abate (Egitto)

Antonio, nei suoi ultimi istanti di vita, si volle ritirare nella Tebaide, ove morì all’età di 105 anni. Sia nella Vita araba di San Macario il Grande e sia nella Vita Antonii di Atanasio troviamo scritto che il suo corpo venne sepolto in una località che tutt’ora è sconosciuta. Nonostante ciò la sua figura continua ad affascinarci moltissimo.

Un Abbraccio Storico

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