Un incontro speciale nel borgo autentico di Pacentro: emozionante racconto di un viaggio della scrittrice Maria Assunta Oddi

Carmine Tollis, la scrittrice Maria Assunta Oddi e il consorte assessore Mauro Petricca. Incontro speciale a Pacentro
Persino nello sviluppo dei mezzi di comunicazione il viaggio, anche nei piccoli borghi della nostra regione, resta un modo insostituibile di conoscere la propria epoca e di riflettere sulla condizione umana, come più volte ha sottolineato anche Alberto Moravia.
Nella piazza di Pacentro l’incontro causale con Carmine, un proprietario di un ristorante, ora in pensione, in una assolata domenica di giugno, mi ha consentito di constatare come il piacere di incontrare nuove realtà sia l’elemento che da sempre lega tutti i racconti. Carmine mi invita ad osservare da un angolo particolare in un’unica veduta il campanile della Chiesa di Santa Maria Maggiore insieme alla seicentesca fontana.

Descrive poi la scena di un amore contrastato dalla madre dello sposo rappresentato nel murale rilevato posto all’ingresso del centro storico. Narra della “pietra della vergogna”, un ceppo di marmo scolpito, usato inizialmente per la misura del tomolo, posto presso l’arco ogivale della Porta Mulino dove le donne non illibate prima del matrimonio venivano esposte nude per una notte e un giorno dal Signore del borgo.
Parla poi della guerra e della dittatura politica, del terremoto, dello spopolamento causato da un’emigrazione di massa ma anche della ricostruzione e delle antiche tradizioni artigianali elogiando la preziosità dei manufatti con la pietra bianca, delle statuine in terracotta, dei filet all’uncinetto e dei costumi tradizionali delle donne abruzzesi.

Ci invita nel salutarci, dopo una piacevole sosta ad un caffè, presso Piazza del Popolo, cuore pulsante della vita cittadina, a salire tra viuzze acciottolate, affacci mozzafiato e suggestivi scorci, al Castello Caldora. La massiccia costruzione, costituita da un complesso di tre torri quadrate, da un ampio fossato e da tre torrioni posti sulla cinta muraria permette l’incantevole visione dell’abitato, dalle pendici del Morrone fino a tutta la Valle Peligna.

Tornando nel borgo medievale è possibile ammirare i murales, realizzati da Sara Galterio, artista e ceramista, in rilievo ad effetto tridimensionale per illustrare con maestria vivide scene di vita agro-pastorale.

Le opere del museo a cielo aperto, volute da emigranti mecenati, sono “muri parlanti” a restituire la memoria storica del passato creando un legame tra le generazioni. Anche a Pacentro, come in tutti i borghi dei Marsi dai muri affrescati, è possibile leggere, e non a caso, la frase di Cesare Pavese “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

Questo vuol dire che la geografia è antropologia, vita e passione nell’identità di tutti e di ognuno. Il paese natale anche quando andiamo via, come direbbe Silone, resta sempre dentro di noi.
Il legame con Pacentro, pertanto, in qualche modo è presente anche in Papa Celestino V (Pietro da Morrone), nel pittore Francesco Buccitelli, nella diva internazionale Madonna (Veronica Ciccone), nel filantropo Stanislao Melchiorre e nell’artista della terracotta Giuseppe Avolio e in molti altri ancori che pur non conosciuti hanno la stessa anima.

Appare allora chiaro perché anche quando si viaggia resta il bisogno insopprimibile di narrare, annotare, descrivere, riflettere, per comunicare agli altri la bellezza del luogo dove tutto ha avuto origine e dove si sogna di tornare.
Maria Assunta Oddi