Appello della Cgil L’Aquila: «Le aree interne si stanno spopolando. Intervenire subito»

L’AQUILA – Nuovo grido di allarme per evidenziare il progressivo spopolamento e impoverimento delle zone interne d’Abruzzo, lanciato da Francesco Marrelli, Segretario Generale Cgil della Provincia dell’Aquila, da Miriam Del Biondo, Segretaria Generale Flc-Cgil della Provincia dell’Aquila e da Anthony Pasqualone, Segretario Generale Fp-Cgil della Provincia dell’Aquila.

Dopo la nota pubblicata qualche mese fa, con tanto di dati Istat e Inps, nella quale si evidenziava un abbandono inarrestabile di queste zone della regione, peraltro le più dotate a livello naturalistico, ambientale e di risorse storico-architettoniche, gli esponenti tornano alla carica per cercare di far innescare qualche movimento che porti Regione e Provincia a produrre decisioni che possano rilanciare, tutelare e sviluppare le aree interne.

Questa la nota dei diligenti Cgil L’Aquila: «Continuo ed inesorabile è il crollo demografico nella nostra provincia; infatti dai dati Istat relativi al 31 dicembre 2019, risulta una perdita netta di residenti pari a 2537 cittadini e cittadine rispetto all’inizio dell’anno, con una incidenza dello 0,85%, oltre il doppio se lo confrontiamo con il dato percentuale che interessa l’intero paese e che si attesta allo 0,4%. Se lo compariamo con il dato certificato al 31 dicembre 2014 risulta una perdita di residenti pari a 8393 cittadini e cittadine, pari al 2,75% di residenti in meno.

Partendo da una analisi delle nascita, abbiamo avuto una riduzione del 21% in 5 anni, infatti il dato dei nati vivi al 2015 era pari a 2376 nascite di bambini e bambine che si riduce a 1877 nel 2019, se lo confrontiamo con l’anno 2018 abbiamo una riduzione percentuale pari al 9,1%, il doppio della diminuzione rilevata su tutto il territorio nazionale che si attesta al 4,5%. Il saldo naturale subisce un ulteriore peggioramento passando da -1155 cittadine e cittadini del 31.12.2014 a -1678 cittadine e cittadine del 31.12.2019. Ad aggravare ulteriormente la situazione è una preoccupante inversione di tendenza che vede un graduale abbandono del territorio anche da parte di cittadini stranieri; infatti, dopo cinque anni in cui abbiamo riscontrato un saldo sempre crescente di residenti stranieri nella nostra provincia nel 2019, per la prima volta, il saldo tra inizio e fine anno vede un segno negativo pari a -362 residenti stranieri. Aumenta contestualmente la migrazione verso l’estero con un incremento del 21,45% nel rapporto tra il 2018 con 2019.

A pagare maggiormente questa tendenza sono le aree montane più marginali e svantaggiate, quelle che continuano a vivere una mancanza di servizi essenziali, quali il trasporto pubblico locale, la restrizione dei servizi sanitari, la difficoltà per l’accesso alla scuola, i continui disagi per i servizi postali. Incide negativamente nelle scelte delle persone anche una continua contrazione dell’occupazione che costringe molti alla migrazione verso altri territori, sia fuori che dentro regione.

Per il prossimo futuro dobbiamo invertire il paradigma sulle aree interne che dovranno assumere una nuova connotazione e la cui narrazione, che le ha sempre considerate svantaggiate, geograficamente, economicamente e socialmente, dovrà essere quella della potenzialità caratterizzata sui punti di forza quali l’agroalimentare, la cultura, il turismo, la biodiversità e la migliore qualità della vita in generale.

Per le comunità che abitano queste aree, la salute rappresenta un servizio fondamentale che, laddove assente, spinge la popolazione a migrare. Le dinamiche dell’invecchiamento e l’evoluzione dei bisogni prodotti dalla crescente frequenza di patologie croniche sono fenomeni che interessano principalmente i territori con forte spopolamento e che, pertanto, richiedono un ripensamento dei servizi sanitari sempre più orientati verso la presa in carico del paziente.  Per questa ragione abbiamo la necessità di un vero progetto di sanità di prossimità che possa rifondare un patto fiduciario tra il sistema di welfare e le comunità locali che dovranno essere coinvolte nelle scelte strategiche delle funzioni sanitarie. Assume, pertanto, sempre maggiore rilevanza l’integrazione, concetto che dovrà rappresentare uno degli obiettivi fondamentali delle future innovazioni organizzative del sistema sanitario, che vuol dire integrazione tra servizi sanitari e socio sanitari, anche mediante il trasferimento dell’offerta sanitaria dall’ospedale al territorio e al domicilio del paziente, tramite la piena complementarietà delle funzioni. E’ dentro questa visione che la costituzione della Casa della Salute può assumere le importanti funzioni di realizzare una nuova identità di comunità efficace e partecipativa, finalizzata a rendere concreti i diritti di cittadinanza, facilitare il principio di solidarietà ed integrare le risorse del territorio.

La Casa della Salute, rappresenta una struttura pubblica dove trovano allocazione i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie. Un centro al servizio dei cittadini per l’accesso alle cure primarie – ivi compresi gli ambulatori di Medicina Generale e Specialistica ambulatoriale – e sociali. Un luogo in cui si concretizzi non solo l’accoglienza e l’orientamento ai servizi, ma soprattutto la continuità dell’assistenza, la gestione delle patologie croniche ed il completamento dei principali percorsi diagnostici che non necessitano di ricorso all’ospedale. Una Struttura che si adatta alle caratteristiche epidemiologiche della popolazione del territorio e non il contrario.

 Perseguire il concetto della buona qualità della vita, vuol significare avviare un processo di rinnovamento dei borghi con una progettualità volta a ricomporre il territorio, restituendo identità ai luoghi e senso di appartenenza a chi li abita e li frequenta.

La praticabilità e la lontananza dei territori periferici dagli insediamenti abitativi dei centri urbani maggiori fanno discendere l’accessibilità ai servizi di cittadinanza. Affinché la distanza non si tramuti in marginalità è necessario rendere accessibili i territori, migliorando i servizi di trasporto ed il collegamento dalle aree e nelle aree. Tempi e modi si devono coniugare con celerità e accessibilità. Bisogna rafforzare e ripensare l’offerta dei servizi di trasporto nelle aree interne per migliore la mobilità delle persone avvicinando le esigenze di cittadini e cittadine al raggiungimento in poco tempo dei servizi disponibili nei centri urbani, valutando attentamente i fabbisogni e la domanda di spostamento, riqualificando e potenziando la dotazione infrastrutturale. 

Dalla rete dei servizi che nasce e trova sostegno nella progettazione inclusiva del territorio, dipende anche la sorte delle piccole scuole che lo presidiano rendendo più facile per le comunità la permanenza nei piccoli centri. Nella nostra provincia le poche scuole delle aree più interne che ancora resistono sono a forte rischio di chiusura anche a causa dei parametri del D.M.81 che stabilisce rapporti numerici non adeguati alla demografia delle zone soggette a spopolamento. Chiediamo da anni alla politica di rappresentare la necessità della revisione dei parametri che permetterebbe la sopravvivenza delle piccole scuole e dei paesi su cui insistono. Siamo favorevoli a forme di razionalizzazione, ma mantenendo il presidio scolastico all’interno di un sistema integrato di servizi che può contribuire a ribaltare il paradigma delle aree interne e a spingere le persone non solo a restare, ma anche a trasferirvisi per una migliore qualità della vita.

Le aree interne vanno rese accattivanti. Occorre, perciò, un nuovo protagonismo della politica e delle istituzioni, serve comprendere i problemi e ricercarne le soluzioni, eliminando dalla dialettica una inutile e dannosa retorica. Occorre un progetto che superi la condizione di solitudine di cittadini e cittadine che vivono nelle aree interne e che riconsegni alle comunità locali la possibilità di discutere e costruire il loro futuro».

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