Avevano già sparato ad Amarena, ma solo a pallini. Emersi dall’autopsia precedenti piccole ferite. Decisivi i riscontri dalla perizia balistica

L'Orsa Amarena durante una delle sue merende sui ciliegi del Parco

TERAMO – Avevano già sparato ad Amarena, più volte forse, ma con una sostanziale differenza: che a colpire la mamma dei due cuccioli erano stati dei pallini piccoli da caccia, e non un proiettile calibro 12 che l’ha uccisa, come è emerso ieri durante l’autopsia all’Istituto Zooprofilattico di Teramo.

Palla che è stata prima individuata durante le lastre alla Clinica Veterinaria dell’università in mattinata e poi estratta dalla carcassa di Amarena durante la ricognizione cadaverica nel pomeriggio, che è terminata quasi a mezzanotte.

Queste le prime poche, ma importanti, indiscrezioni trapelate dall’esame necroscopico effettuato allo Zooprofilattico di Teramo sull’Orsa Uccisa a San benedetto dei Marsi, fra il 31 agosto e l’1 settembre scorsi, da Andrea Leombruni.

Gli spari di “avvertimento”, in sostanza di allontanamento, che nel passato avevano attinto l’orsa sono un fatto abbastanza comune nelle terre dei parchi: già l’orso Stefano che fu ucciso in Molise nel 2013 presentava le stesse ferite, ossia un connubio di avvertimenti e una fucilata successiva mortale.

La scoperta autoptica cambia la narrazione dell’evento, perché ora è tutto nelle mani del perito balistico Paride Minervini, la cui relazione sarà decisiva per definire l’accaduto.

Gli ambienti giudiziari fanno infatti capire che la ricostruzione della dinamica dello sparo è cruciale per definire le responsabilità dell’unico indagato, Andrea Leombruni, dalla tempistica alla scelta dell’arma e del proiettile, passando per la distanza, e la traiettoria, la chiusura del cancello di casa per “bloccare” l’orsa.

Il tutto al netto di una morte lenta, dovuta al colpo che è sì entrato nel polmone dal fianco vicino alla spalla, ma che ha compresso irrimediabilmente tutti gli organi interni provocando una inevitabile emorragia interna. Morte lenta che Amarena ha tentato di combattere alzandosi più volte da terra inutilmente. Ad atrocità, insomma, si aggiunge altra atrocità.