Dopo due anni L’Aquila torna ad abbracciarsi per onorare e ricordare le Vittime del Sisma

Fotogallery e Video

L’AQUILA – Dopo due anni di restrizioni a causa del Covid, questa notte gli aquilani hanno potuto finalmente di nuovo stringersi in un abbraccio collettivo, per ricordare ed onorare le vittime del terribile sisma del 2009.

Una data impressa nei loro cuori e i loro occhi in maniera indelebile, un giorno che ha trasformato la loro vita e dove una linea di dolore ha diviso il loro destino in un “prima” ed un “dopo”.

Il tempo è ormai scandito da questa nuova dimensione temporale, inconcepibile per chi non ha vissuto quegli attimi, quei rumori, “l’urlo dell’Orco”.

Esiste un “prima” fatto di quotidianità, di incontri, di stradine che si inerpicano, di palazzi e chiese che svettano nella loro bellezza verso il cielo.

Esiste un “dopo”, dove la sensazione di distruzione, di ricordi incancellabili, di lutto e perdita è difficile da mettere a tacere.

E nonostante tutto, questa gente tenace d’Abruzzo che ha in sé la fierezza del meraviglioso volatile che ha dato il nome alla loro città, ha saputo di nuovo spiccare il volo.

Ha combattuto con dignità ed è in gran parte riuscita a ricostruire, a far tornare all’antico fasto i suoi monumenti, i suoi palazzi ricongiungendo, frammento su frammento, pietra su pietra, la sua storia interrotta in una frazione interminabile di tempo, alle 3 e 32 di quella notte più buia dell’abisso.

Molta strada ancora da fare, sì è vero, ma gli aquilani sanno e nonostante tutto, nonostante le difficoltà, si svegliano ogni mattina e ricominciano da capo a lottare, perché la loro Città ritorni ad essere quella del “prima”, quella della bellezza infinita, quella degli incontri sotto i Portici, quella dei sorrisi a tutti, anche a chi non si conosce.

E forse, solo allora, esisterà un “dopo” pieno e si potrà tornare, magari, anche ad essere felici.

La Cerimonia Commemorativa

Alle 21 di ieri, in via XX Settembre, si sono radunati i cittadini, il Comitato familiari delle vittime e le autorità con le torce in mano.

Dopo un percorso di 800 metri, c’è stata una sosta davanti all’ex Casa dello Studente, dove hanno perso la vita 8 universitari.

A seguire l’arrivo al Parco della Memoria, a piazzale Paoli, dove il “braciere della memoria”, omaggiato dalla presenza di un alpino, un agente di polizia, un carabiniere, un finanziere e un agente di polizia municipale, è stato acceso da un’atleta della Nazionale ciclisti Ucraina, Valeriia Kononenko, insieme a un Vigile del Fuoco.

 È seguita la lettura dei 309 nomi delle persone scomparse nella notte tra il 5 e il 6 aprile.

Successivamente nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, in Piazza Duomo, il cardinale Giuseppe Petrocchi, l’arcivescovo metropolita della città dell’Aquila, ha celebrato la Santa Messa in Suffragio delle vittime del sisma, cui è seguita una veglia di preghiera.

Il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ha tenuto un breve discorso per rappresentare il sentimento della popolazione colpita dal drammatico evento del 2009

In Piazza Duomo è stato allestito un maxischermo per consentire ai cittadini di assistere alla fiaccolata e alla celebrazione della Santa Messa, mentre un fascio di luce azzurra, simbolo di speranza, è stato proiettato verso il cielo illuminando la piazza.

Alle 3:32 i 309 rintocchi dal campanile della chiesa in memoria di chi ha perso la vita in quel tragico evento.

Tutta la cittadinanza è stata invitata a indossare in questi giorni il Fiore della Memoria, la spilla celebrativa ideata dal Comune dell’Aquila, raffigurante un fiore di zafferano, simbolo del territorio, per ricordare con speranza le vittime del sisma, del Covid e di tutte le guerre.

Alla cerimonia hanno partecipato molte autorità tra cui la Deputata aquilana Stefania Pezzopane, il Presidente della Regione Marco Marsilio e il Presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri

Questa mattina, 6 aprile, alle 10,30, si è tenuto un momento di raccoglimento davanti la Casa dello Studente e, a partire dalle 11, al Parco della Memoria si è svolto un “open mic” di riflessione promosso dal Comitato dei Familiari.

Al termine è stato piantumato un albero, simbolo di vita e di speranza.

Il Discorso del Sindaco Pierluigi Biondi

«Da quella notte di tredici anni fa ci sentiamo parte di qualcosa di più grande, nel ricordo di una tragedia che ci ha privati di troppe vite, ma che ci ha consegnato la responsabilità dei loro sogni.

E questa sera, dopo due anni, ci siamo ritrovati insieme, con le fiaccole tra le mani, di nuovo stretti in un abbraccio corale che si fa custode di una sofferenza che è parte della nostra vita, della nostra storia, della nostra identità.

Un abbraccio corale che racchiude la speranza di una comunità che non sa cosa significa arrendersi.

La sensazione più terribile per l’umanità è quella di aver perso la speranza. E questa sensazione la conosciamo bene noi aquilani, per averla provata nelle ore immediatamente successive al terremoto.

Quei secondi interminabili di paura e di disperazione, quel boato che squarciava il buio della notte, le grida, i richiami che si rincorrevano, i brandelli di stucchi e architravi, i cornicioni sulle macerie, la polvere che saturava l’aria ….

L’Aquila, alla luce dell’alba, appariva come un sudario di lutto e dolore.

Pensiamo ora a quei secondi che – non per la natura che scuote la terra, ma per la volontà di alcuni uomini – si ripetono e ancora si ripetono, giorno dopo giorno, nel cuore dell’Europa, teatro di una ingiustificabile guerra di aggressione.

Pensiamo a Bucha, cittadina alle porte di Kiev, terra violata e oltraggiata, dove sono stati perpetrati veri e propri crimini di guerra.

E, poi, pensiamo al nostro braciere, che è stato acceso nel Parco della Memoria da uno degli atleti della nazionale di ciclismo dell’Ucraina.

È stata una sorta di passaggio del testimone, per dire che il loro dolore è il nostro e che li esortiamo a tenere viva la speranza, nonostante l’orrore della guerra, la disperazione e la comunità dispersa che, ne siamo convinti, si ritroverà più unita e forte di prima, nel nome di quel coraggio messo in campo a difesa della propria libertà, fonte e ispirazione di ogni democrazia.

Tenere viva la speranza, anche per la piccola Zlata, la prima ucraina, nata nei giorni scorsi all’Aquila, all’ospedale San Salvatore.

Viva come la fiamma del braciere che precede il rosario dei nomi dei 309 nostri concittadini, vittime di un destino ingiusto, che da tredici anni invochiamo come una preghiera.

In autunno, le nostre colline sono un vero spettacolo per la fioritura del croco, conosciuto come il fiore dello zafferano.  Il suo bulbo viene amorevolmente coltivato e, poi, raccolto in quel ciclo di vita che si traduce in benessere.

Abbiamo voluto esaltare, come amministrazione comunale – quasi in contrasto con la forza della natura distruttiva – questa accezione positiva del creato, questa energia vitale del croco, per realizzare il Fiore della Memoria, che rappresenta il dolore e la speranza.

Cioè il ricordo delle vite spezzate dei nostri concittadini, di tutte le vittime dei disastri italiani (così come ha sempre voluto la cara e indimenticata Antonietta Centofanti) e, oggi, anche dei morti a causa della pandemia e dei troppi innocenti caduti in Ucraina.

Un fiore che sul petto di ogni persona di buona volontà starà a significare il riscatto di una terra, di tutte le terre provate e ferite a morte, ma tenaci nella volontà di rinascita.

Una città non è il risultato di un assemblaggio di costruzioni e tanto meno lo è L’Aquila che in questi ultimi cinque anni ha ritrovato se stessa, è tornata ad essere viva, piena di tanti progetti e opportunità.

Trecento ettari di città antica, uno dei più pregiati e vissuti centri storici d’Europa, fatto di straordinari pezzi unici come la fontana delle 99 cannelle e di un considerevole campionario di architetture minori medioevali, rinascimentali, barocche e neoclassiche: questa è la bellezza dell’Aquila, resa sacra dalle 309 vittime.

Ascritta dagli urbanisti tra gli esempi più illustri del medioevo, la nostra è una città ricca di sapere plurisecolare, nata come un’opera d’arte, disegnata a tavolino prima ancora di venire al mondo.

I popolani federatisi per fondarla ne vollero fare una mappa vivente, che restituisse su scala urbana la replica dei loro villaggi.

L’Aquila fu, dunque, una città-territorio, ma anche una città-giardino visto che ogni casa aveva accanto il proprio orto.

E fu anche una città-città, essendo stati stabiliti gli spazi per il municipio, la cattedrale, gli opifici, le botteghe e tutto quanto necessitava ad una comunità unificata.

L’apologo dei padri fondatori dell’Aquila, cristallizzato nella incorruttibile forma data alla città, ci racconta che il passato non è un tesoro da contemplare nostalgicamente, ma un insegnamento per il presente, affinché si sia pronti in ogni momento a inventare il futuro.

Il dolore delle vittime è parte della nostra identità e lo affrontiamo giorno dopo giorno in nome della vita e nel segno della rinascita.

In questa giornata, che sta per iniziare, dedicata al ricordo, il nostro auspicio è che il Fiore della Memoria possa toccare i cuori dei potenti del mondo, diventando anche un simbolo di pace e di progresso per tutti».

Il Video

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *