Due patroni e una Madonna. San Pietro e Paolo, la “Festa de noantri” e la storia della Madonna Fiumarola. Roma, unica anche nelle sue feste

A Roma esistono due feste importanti: una è quella del santo patrono, come tutte le altre città d’Italia, l’altra non meno religiosa è quella detta “de’ noantri” o anche “de nojantri”. Volete saperne qualcosa? Sarò lieto di illustrarvi questi due importanti eventi che tanto scuotono l’apatia dei quiriti moderni.

LA FESTA DI SAN PIETRO E PAOLO

Basilica dei Santi Pietro e Paolo – EUR

Per sua natura il romano esagera e al contrario delle altre città di santi patroni la Capitale ne ha due: San Pietro (al secolo Simone) e San Paolo (Saulo alias Paolo di Tarso alias semplicemente Paolo). Ciascuno ha la sua brava basilica papale, per cui se mai si dovesse fare una processione non si saprebbe a quale santo votarsi o da quale basilica partire per prima. Si dovrebbe far uscire una processione da quella dell’Apostolo dei Gentili o da quella dell’uomo che, dopo Cristo, è considerato la rock star del cattolicesimo? Se processione ci deve essere è una sola? Sono due? Partono da entrambi i sacri luoghi per congiungersi poi, chessò, davanti al Colosseo, tanto già ci si fa la “Via crucis?”. Ci sarebbe pure una basilica nel quartiere EUR il cui titolo è a nome dei due santi ma è sempre snobbata: chissà forse troppo moderna.

I PRIMI MARTIRI DI ROMA

Pietro

San Pietro

Era uno dei dodici apostoli di Gesù e la Chiesa lo ricorda come il primo Papa per via della frase:” Tu sei pietro e su questa pietra…” ecc. ecc. . A noi cattolici non parve vera quella frase e ci impiantammo sopra il papato con annessi e connessi.

Cristo disse pure: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Per quella frase è proprio il caso di esclamare “Apriti cielo!” perché da quel momento il Papa ebbe tra le mani un potere immenso col quale poteva fare e disfare, minacciare ricchi e potenti, financo i regnanti: “non fai ciò che ti chiedo? A te la scomunica!” E quelli facevano carte false per non contrariare il vicario di Cristo in Terra perchè, per un re, era dura essere scomunicati e che gli diceva al popolo?

Per la verità Enrico VIII se ne fregò di questa cosa e pure lui fece e disfece come gli pareva.  Tornando al Santo, le sue reliquie sono conservate nella necropoli sotto la basilica vaticana. Pare che Pietro se ne volesse scappare da Roma a causa delle persecuzioni di Nerone. Mentre se ne andava via di gran carriera percorrendo la Via Appia incontrò Cristo. Il dialogo tra i due andò all’incirca così:
Dove vai, Signore?” (ricordate “Quo vadis?”)
e Gesù: “Vado a morire una seconda volta!
Intesa l’antifona Pietro rispose: “Vabbè ho capito, torno indietro a famme ammazzà puro io!
Il nostro Apostolo se ne tornò indietro e lo crocefissero a testa in giù.

Paolo

Caravaggio – Conversione di San Paolo

Paolo era l’apostolo missionario presso i romani e i greci. Era giudeo, da qui il nome Saulo. Per quale motivo cambiò nome? In realtà, i giudei della diàspora portavano spesso due nomi, giudaico e greco. Non era un pescatore, era un lavoratore del cuoio che realizzava tende e oggetti vari. Il padre gli insegnò il mestiere secondo il detto rabbinico: ”Chiunque non insegna a suo figlio un lavoro, gli insegna ad essere ladro”. Per l’epoca era quasi un contestatore. Aveva esortato i Corinti a vivere liberi dal vincolo matrimoniale, come lui stesso era libero (cf 1Cor 7, 8). Se c’era qualcuno che non poteva vedere i cristiani era proprio lui e infatti, dava loro la caccia.

Il futuro apostolo, un giorno, mentre cavalcava verso Damasco, investito da una grande luce, cadde da cavallo mentre una voce gli diceva: “Saul, Saul, perché mi perseguiti?”. Al giovanotto prese un colpo anche perché rimase accecato da quella luce. A causa di tutto quel fulgore vagò brancolando nel buio per tre giorni e pure a digiuno. Forte di quell’esperienza decise di ritirarsi nel deserto per meditare più a fondo sull’accaduto. Nei testi sacri c’era sempre qualcuno che se ne andava nel deserto a meditare (N.d.A.).

Dopo che si riprese se ne andò a convertire gente ma la cosa non gli veniva bene. Per farla breve, capì che doveva percorrere le strade del mondo per convertire quelli che gli ebrei chiamavano “gentili” e non altri. Come si dice “nessuno è profeta in patria“. Una particolarità: non conobbe Gesù.

IN VIAGGIO VERSO ROMA

Da Gerusalemme, imprigionato a causa di false accuse, fu portato a Roma. Pare che il Santo fosse stato decapitato non sulla via Ostiense, come da tradizione, ma sulla vicina via Laurentina, in una località detta Aquae Salviae. Alcuni testi narrano che proprio là, il 29 giugno del 67, la sua testa cadendo a terra avrebbe fatto tre rimbalzi. Da ognuno di questi sarebbe scaturita una fonte. Quel posto oggi ospita una abbazia cistercense, l’unica di Roma e tre chiese. Il luogo si chiama manco a dirlo “Tre Fontane”. Prevalse, poi, la narrazione che voleva San Paolo decapitato lungo la via Ostiense. Girolamo, però, verso la fine del IV secolo, precisò che Paolo fu decapitato a Roma e sepolto lungo la via Ostiense nel 14° anno di Nerone. Come vedete c’è un po’ di confusione sui posti dell’esecuzione. Nel luogo dove fu presumibilmente tumulato venne edificata in epoca costantiniana la basilica di San Paolo fuori le mura. Rimane il punto della questione: dove gli hanno spiccato il capo dal collo? Sulla Laurentina con le Tre Fontane o sull’Ostiense dove c’era un cimitero e ora c’è una basilica? Sacri misteri… .

I DUE MARTIRI

il 29 giugno 258, sotto l’imperatore Valeriano, le salme dei due apostoli furono trasportate nelle Catacombe di San Sebastiano.

Quasi un secolo dopo papa Silvestro I fece riportare le reliquie di Paolo nel luogo della prima sepoltura proprio il 29 Giugno, data alla quale, in quei secoli, pare nessuno potesse resistere: quando si toccava un martire lo si faceva il 29 di Giugno. Ecco perché in questo giorno la tradizione cattolica celebra la solennità dei due santi. Noi romani siamo proprio strani: prima li trucidiamo e poi li eleggiamo a patroni della città. Così è la vita… . Ad oggi la festa ha perso il suo smalto. Non che prima fosse tutto questo granchè. Le vie limitrofe alle basiliche si riempivano di porchettari, paninari e venditori di grattachecche che è il rinfrescante romano per eccellenza. A seguire bancarelle a distesa quasi a formare una seconda Porta Portese. In Piazza San Pietro c’era l’infiorata e il Papa diceva messa. Alle undici di sera due fuochi d’artificio e tutto finiva lì.

LA FESTA DE’ NOANTRI

Roma è una città particolare. Riguardo ai suoi visitatori e ai suoi stessi abitanti è un po’ snob. Così tutti coloro che provengono da fuori armati di ciaramelle, zampogne e ciocie fatte con i copertoni delle auto, sono definiti “burini”, specie se provengono dal frusinate. Il romano verace li considera un po’ come fanno i newyorkesi con i polacchi.

La stessa città è divisa: da una parte i trasteverini (“sèmo signori senza quattrini”) che si considerano i veri romani, dall’altra il resto dell’Urbe. Insomma nella zona di Trastevere “ce stàmo noantri” (ci stiamo noialtri) e nei dintorni “ce stànno l’antri” (ci sono gli altri). La festa de’ noantri è, pertanto, una festa tutta trasteverina ma che coinvolge l’intera città. Da dove salta fuori questa festa?

LA STORIA DELLA FESTA

La leggenda vuole che, nel 1525, dopo un brutto temporale, un gruppo di pescatori della Corsica trovassero, presso una foce del fiume Tevere, una statua della Madonna intagliata nel cedro. Cosa ci facessero dei pescatori corsi sul Tevere non ci è dato sapere. Da questo ritrovamento nacque l’appellativo di “Madonna Fiumarola”. La scultura, perfettamente conservata fu donata ai frati dell’ordine dei carmelitani scalzi della Basilica di San Crisogono a Trastevere. La Madonna per questa ragione prese anche il nome di Beata Vergine del Carmelo e divenne la protettrice dei trasteverini. Da allora, ogni anno, nel periodo che va dal 16 al 30 di luglio, il rione Trastevere si riempie di gente per festeggiare il culto della Vergine patrona del quartiere.

La processione

In quest’occasione la Statua Santa esce dalla Chiesa di Sant’Agata e viene portata in giro per le vie da una lunga processione. Alla fine delle celebrazioni, la Statua della Madonna del Carmine è riportata nella Chiesa di Sant’Agata dove rimane per circa una settimana. Successivamente si riparte con processione e tutto. Questa volta è celebrato il suo ritrovamento nel fiume. La Statua sacra è issata a bordo di una barca e le si fa fare un giretto per il biondo Tevere. Segue una nottata di festa, tra bancarelle, canti e balli in tutto il rione, tradizione amata non solo dai trasteverini, ma anche dai romani.

Il fascismo e la Madonna

La festa non è sempre stata così: anche se a Roma l’origine del culto mariano è abbastanza antico. La solennità era un po’ più sobria. Solo nel ventennio fascista divenne “spumeggiante”. La festa fu incentivata dal regime che, negli anni Venti del XX secolo, perseguendo il solito ideale autarchico e nazionalista, si concentrò, tra le altre cose, sulla promozione delle manifestazioni folcloristiche in Italia.

Viale del Re, oggi Viale Trastevere, era preda dei banchetti e dalle tipiche osterie ambulanti. Il quartiere, era “invaso” dalle note delle canzoni romanesche e dai colori variegati dei festoni di bandierine che andavano da un capo all’altro dei palazzi umbertini. Insieme a questo ribollire di festeggiamenti, però, c’era la devozione romana per la statua della Madonna “de’ Noantri” che diventava “de’ noantri romani”. Una fede animata dal cuore dei fedeli trasteverini e di tutti quei romani che venivano per pregare davanti alla famosa statua.

I tempi passano e le tradizioni cambiano, alcune, però, sono immutabili e fanno parte della città stessa. Provate a levare la Madonna ai romani e vedrete quel che succede… .

Un saluto da un metro e mezzo di distanza.

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