È di Chieti la processione del Venerdì Santo più antica d’Italia

FOTO DI RENATO DE JULIS

La processione del Venerdì Santo a Chieti ha origini antichissime.

Risalirebbe, infatti, all’842 d.C. e per questo è considerata la più antica in Italia.

Il corteo parte all’imbrunire dalla Cattedrale di S. Giustino, Illuminato da fiaccole accese su tripodi in ferro battuto, aperto dallo stendardo a lutto dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti e percorre le vie principali del centro storico.

All’inizio era composto da soli tre simboli: uno stendardo in damasco nero, una morte a grandezza naturale e la statua del Cristo Morto.

Nel 1833 fa il suo ingresso anche la statua della Vergine Addolorata, della confraternita dei Muratori, che nel 1910 venne sostituita da quella che attualmente sfila in processione.

I sette “Simboli” o “Trofei” della Passione che risalgono al 1855, ad opera del teatino Raffaele Del Ponte (1813-1872), raffigurano della Passione di Cristo.

Oggi sono trasportati dagli associati dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti, mentre i “Fratelli” della stessa hanno l’onore di portare a spalla le statue del Cristo Morto e della Vergine Addolorata.

La statua della Madonna Addolorata è caratterizzata da un vestito di pesante seta e velluto nero con alcuni ricami d’oro.

Il volto è sofferente e nella mano sinistra stringe un fazzoletto.

Dal capo ai piedi è coperta da un velo in tulle nero trapuntato di stelle.

Il compito di “vestire” la statua della Madonna Addolorata, che è conservata durante l’anno con gli “abiti di casa” nell’armadio ligneo settecentesco della sagrestia dell’oratorio dell’Arciconfraternita, è riservato, nella mattina del Mercoledì Santo, alla moglie del governatore dell’Arciconfraternita, a quelle dei suoi predecessori ed alla priora.

Il Cristo è una scultura lignea del ‘700, adagiata su un catafalco barocco coperto da un pesante velluto nero ricamato d’oro, sul cui corpo è posto un velo bianco con ricami d’oro.

Il Cristo e l’Addolorata sono i due simboli più importanti.

Gli altri simboli sono:

  • L’angelo alato che porta l’amaro calice della Passione di Gesù.
  • Le lance con una spada, delle torce, una lanterna e il sacchetto dei trenta denari, il prezzo del tradimento di Giuda.
  • La colonna dove fu legato Gesù sulla quale è posto il gallo del rinnegamento di Pietro e gli strumenti della flagellazione con la mano torturatrice.
  • Il sasso, dove sono collocati la tunica di Gesù con i dadi usati dai soldati per giocarsela, lo scettro di canna, la corona di spine e un catino e una brocca, in ricordo del gesto di Ponzio Pilato nell’atto di “lavarsene le mani”.
  • Il Volto santo che rappresenta l’episodio della Veronica e che è una copia del Volto Santo di Manoppello.
  • La scala dove sono appese le tenaglie, il martello e i chiodi della crocifissione, la canna con una spugna bagnata di aceto e la lancia di Cassio Longino, il soldato romano poi convertitosi e divenuto santo, che ferì Gesù al costato.
  • La croce, pesantissima e grezza, ai cui piedi è posto il serpente del peccato originale e il cranio di Adamo il cui peccato viene vinto dal sacrificio di Cristo

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Tutti i confratelli sono incappucciati, ma l’abito e la sopravveste – la mozzetta – hanno colori differenti che identificano i singoli gruppi.

Gli appartenenti al Sacro Monte vestono, invece, un saio nero con mozzetta di colore oro recante lo stemma del sodalizio.

(Foto G.Nicoloro)

I confratelli sfilano portando delle lanterne – i fanali – per illuminare il cammino.

Seguono i rappresentanti del clero: il Seminario diocesano e quello regionale, il Capitolo metropolitano e l’Arcivescovo che sfilano assieme all’Ordine equestre del Santo Sepolcro.

Dopo gli ecclesiastici, ci sono i confratelli vocali del Sacro Monte che portano la statua del Cristo morto e quella dell’Addolorata.

Chiudono il corteo, l’orchestra e il coro (composti, rispettivamente, da circa 150 cantori e da circa 160 musici) che eseguono, per tutta la durata del percorso, il Miserere, composto intorno al 1730 dal musicista teatino Saverio Selecchy (1708-1788) e tratto dal Salmo 50 (51) del Salterio.

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