La fine dell’Anno. Fra draghi, superstizioni, usanze e riti babilonesi, romani e cinesi

ROMA – Si avvicina l’ultimo giorno dell’anno e vediamo quali tradizioni ammantano questa festa. La storia del Capodanno, vogliate crederci o meno, affonda le sue origini all’epoca dei babilonesi, che però celebravano il cambio tra un anno e l’altro in corrispondenza dell’equinozio di primavera. Nell’occasione rendevano indietro gli attrezzi agricoli ricevuti in prestito come segno di buon proposito per la nuova annata (anche perché poi chi glieli avrebbe più prestati?).

Giano

Naturalmente noi romani dovevamo dire la nostra e così Giulio Cesare impose con il passaggio al calendario giuliano la festa con la quale gli antichi romani celebravano il dio Giano (Ianuarius-Gennaio) e che vedeva il cambio dell’anno proprio il 1° gennaio. Giano è rappresentato con due volti: quello di un giovane e quello di un vecchio con la barba, cioè il futuro e il passato. In seguito Papa Gregorio XIII ha imposto il suo calendario ed ecco il Capodanno così come lo conosciamo. L’equivalente cristiano di Giano sarebbe oggi Silvestro, il papa che battezzò Costantino chiudendo il passato (l’era pagana) e aprendo il futuro (l’era cristiana)  

San Silvestro e il drago

A poggio Catino vicino Rieti, una leggenda narra che San Silvestro (patrono della cittadina) avrebbe liberato il paese da un drago chiuso in una caverna. Si accedeva al posto attraverso 365 gradini, tanti quanti sono i giorni dell’anno. Naturalmente il “mostro” ucciso era la metafora del paganesimo e i 365 gradini erano il simbolo dell’anno da consacrare ormai al Dio dei cristiani. Che poi tutte le leggende parlano di mostri, orchi, draghi e quanto di peggio ci possa essere, ma perché? Vallo a capire l’animo umano…

I festeggiamenti dell’ultimo giorno dell’anno storicamente non hanno mai avuto una data precisa. Festeggiare la notte di San Silvestro non passava a nessuno per la testa tant’è si pensa si festeggiasse la notte della Circoncisione di Gesù. Secondo la prassi ebraica della Milah, infatti, gli ebrei venivano circoncisi nell’ottavo giorno dalla nascita. Insomma se da una parte si tagliava, dall’altra si festeggiava. Noi italiani fino al Settecento celebravamo la ricorrenza quando ci pareva, ogni città si giocava la sua festività quando riteneva più opportuno. Venezia iniziava l’anno il primo marzo, Firenze cominciava il 25 marzo, Pisa pure, ma con un anno di differenza, tanto per farla difficile. In Francia si cominciava con la Pasqua. E già, per loro era una festa mobile, quindi ogni anno cadeva in giorni diversi. A Bisanzio, nel Sud e in Sardegna, si cominciava il primo settembre.

Vischio

L’anno è ormai agli sgoccioli e la notte di San Silvestro, l’ultima di ogni anno secondo il calendario gregoriano è alle porte. Ma in che modo vengono salutati gli ultimi dodici mesi sia a Roma che in giro per il mondo? Diamo una occhiata agli usi? Si? Accetto solo un cenno affermativo.

Le tradizioni rimangono tradizioni e non le ammazzi mai e così ce ne portiamo appresso alcune come quella del vischio che non serviva per gli sbaciucchiamenti, ma perché ritenuto benaugurale in quanto fonte di purificazione ma anche come elisir contro la sterilità (secondo i Druidi). Ora non so come il vischio venisse utilizzato per la sterilità: andava mangiato cotto o crudo? Andava bevuta la sua tisana? Oppure ci si piazzava sotto di esso e si dava il via, come dire… ad esercizi fisici dopo dei quali prima o poi saltava fuori un pargolo?  Il fine anno impone l’adozione e l’esplosione dei  fuochi d’artificio, inventati, pure questi,  in Cina (e che fanno la gioia attuale dei negozianti cinesi).

Fuochi e petardi non si accendono solo per salutare il nuovo anno, ma assieme al disfarsi delle vecchie suppellettili di casa, per mandare via il vecchio anno con le sue negatività. Vi assicuro che fino a pochi anni fa, dalle finestre romane volavano in strada, per questo motivo, intere macchine del gas e vecchi water (come facevano a lanciarli non lo so), oltre a piatti rotti, bottiglie e immondizia varia.

A Napoli la cacciata dei demoni diventa uno spettacolo impressionante: tutta la costiera, da Posillipo fino al Capo di Sorrento, si trasforma nella fiancata di una corazzata che spara migliaia di cannonate . La notte di San Silvestro è, da quelle parti, la guerra civile con morti e feriti. Se potessero farebbero scoppiare bombe termonucleari per festeggiare la mezzanotte. Immaginate a Forcelle? “Accattàteve a’ bomba atomica, facìte o’ Capodanno col botto ! Aè aè “

31 Dicembre a Napoli
La bestia Niàn

Pensate che all’estero siano tutti buonini e precisini? Manco per niente. Sentite questa: alla vigilia di Capodanno i ragazzi boemi armati di fucili si dispongono a cerchio e sparano tre volte in aria alle streghe che dovrebbero fuggire spaventate, mentre in Thailandia, ogni anno mandano via i demoni, l’ultimo giorno dell’anno vecchio, con un loro sistema tutto particolare.

Come fanno? Si spara dal Palazzo una cannonata per segnale: si risponde dalla postazione più vicina e così via di postazione in postazione finché gli spari hanno raggiunto la porta esterna della città: i demoni sono  così accompagnati all’uscita  passo a passo.

A mezzanotte va indossata roba rossa, ricordate? Pure questa la importiamo dall’antico Impero Celeste. Secondo i cinesi, infatti, il rosso spaventa Niàn, la bestia divoratrice che, proprio a Capodanno, esce dalle profondità marine per nutrirsi di carne umana. Pure la Roma imperiale lo considerava di buon auspicio (il colore rosso non Niàn): durante le celebrazioni per il nuovo anno, infatti, le donne si vestivano di porpora, il colore del coraggio, della passione, del potere e della fertilità. Dai, ve ne dico un’altra: in questo periodo si donano le “strenne” Sempre l’Urbe di mezzo! Nel giorno di Capodanno i romani usavano scambiarsi fichi accompagnati da ramoscelli d’alloro detti strenae. Vi chiederete il motivo per cui si chiamavano così:  Perché venivano staccati in un boschetto sulla via sacra consacrato a una dea di origine sabina: Strenia, apportatrice di fortuna e felicità. Non lo sapevate eh?

E ora il pesce che in questo periodo è protagonista. Un tempo, i preparativi per le feste, nella Capitale, iniziavano la notte del 23 dicembre con il cottìo: l’asta del pesce che durava per tutto il giorno successivo.

Il cottìo a Roma in una vecchia stampa

Un evento animato da venditori al dettaglio, osti e cuochi ai quali facevano da contorno spettatori curiosi di ogni estrazione sociale oggetto di regali da parte degli stessi banditori che gli offrivano cartocci di fritto. Fino agli inizi dell’Ottocento il cottìo aveva luogo al Portico d’Ottavia, poi, ( ti pare che il Papa non doveva dire la sua?) Pio VII spostò l’evento, in una pescheria di Via delle Coppelle. Dopo l’Unità d’Italia fu la volta di piazza San Teodoro e poi ai Mercati Generali di Via Ostiense (che non ci sono più).

Ancora alcune superstizioni da raccontare, questa volta Abruzzesi: allo scoccare della mezzanotte si deve salutare la prima persona che si incontra per strada, se è un vecchio o un gobbo è di buon augurio, ma se si incontrerà un bambino o un prete l’anno non sarà favorevole. Chissà perché. Sempre in Abruzzo, a Capodanno, una tradizione autolesionista, lasciatemelo dire, stabilisce che per avere prosperità e fortuna in tutti gli altri giorni dell’anno, bisogna fare più faccende domestiche possibili. Ne ho trovati di sfruttati che invece di avere fortuna faticavano come schiavi mentre la fortuna vera la trovavano gli sfruttatori… Infine un’altra antica consuetudine, non abruzzese, legata alle “calende” sostiene che in base al tempo che farà nei primi dodici giorni del nuovo anno si potrà prevedere l’andamento meteorologico dei dodici mesi dell’anno entrante.

Se la cosa si attaglia anche al futuro, auguro a tutti una buona fine e un buon principio e che ci crediamo o no speriamo in dodici giorni ben auguranti per il nuovo anno. Ohè mi raccomando, spumante italiano, lenticchie e un mio abbraccio a voi tutti!

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