“Operazione Giada”, ultimo atto: confiscati al clan dei casalesi beni mobili e quote societarie intestati ad un imprenditore di Pontecorvo

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Frosinone hanno dato esecuzione alla confisca
disposta nell’ambito della sentenza di condanna emessa dai giudici del Tribunale di Cassino nei confronti di
Nicola Schiavone, detto “la Tigre”, classe 1979, primogenito del noto Francesco Schiavone, alias “Sandokan”,
capo dell’omonima famiglia camorristica e reggente del clan dei Casalesi.

La condanna di Schiavone Nicola costituisce l’atto conclusivo dell’Operazione Giada, indagine condotta dal
Gruppo della Guardia di Finanza di Cassino e diretta dal dott. Giovanni Conzo, allora magistrato assegnato alla
Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ed oggi procuratore aggiunto di Roma, che portò nel 2015 all’arresto
del rampollo dei Casalesi, unitamente ad altri tre soggetti.

Schiavone Nicola, in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dall’aver agevolato la
sopracitata organizzazione camorristica, attualmente collaboratore di giustizia, è stato condannato a tre anni di
reclusione ed all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

Le Fiamme Gialle hanno ricostruito, in oltre due anni di indagini, l’intricato puzzle degli interessi
dell’organizzazione camorristica nel Cassinate, con particolare riferimento ai rapporti intrattenuti con un
imprenditore di Pontecorvo (FR), attivo nel settore del commercio di automobili di lusso, nelle cui società
Schiavone reinvestiva parte dei proventi illeciti del clan.

Così facendo, il boss si procurava autoveicoli di grossa cilindrata, che venivano utilizzati dai membri apicali del
clan per spostarsi, eludendo i controlli delle forze dell’ordine.

L’impianto accusatorio è stato confermato nel corso del processo dalle dichiarazioni del boss e di altri
collaboratori di giustizia, i quali hanno riferito con dovizia di particolari sui tempi e sulle somme di denaro
investite, ammontanti a più di un milione e mezzo di euro.

Tale sentenza, passata in giudicato, cristallizza definitivamente il radicamento e l’operatività nel territorio
cassinate del clan dei Casalesi, che, tramite prestanome ed imprese colluse, ha reinvestito nel tessuto economico
locale i proventi derivanti dalle attività illecite perpetrate.

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Frosinone hanno dato esecuzione alla confisca
disposta nell’ambito della sentenza di condanna emessa dai giudici del Tribunale di Cassino nei confronti di
Nicola Schiavone, detto “la Tigre”, classe 1979, primogenito del noto Francesco Schiavone, alias “Sandokan”,
capo dell’omonima famiglia camorristica e reggente del clan dei Casalesi.

La condanna di Schiavone Nicola costituisce l’atto conclusivo dell’Operazione Giada, indagine condotta dal
Gruppo della Guardia di Finanza di Cassino e diretta dal dott. Giovanni Conzo, allora magistrato assegnato alla
Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ed oggi procuratore aggiunto di Roma, che portò nel 2015 all’arresto
del rampollo dei Casalesi, unitamente ad altri tre soggetti.

Schiavone Nicola, in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dall’aver agevolato la
sopracitata organizzazione camorristica, attualmente collaboratore di giustizia, è stato condannato a tre anni di
reclusione ed all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

Le Fiamme Gialle hanno ricostruito, in oltre due anni di indagini, l’intricato puzzle degli interessi
dell’organizzazione camorristica nel Cassinate, con particolare riferimento ai rapporti intrattenuti con un
imprenditore di Pontecorvo (FR), attivo nel settore del commercio di automobili di lusso, nelle cui società
Schiavone reinvestiva parte dei proventi illeciti del clan.

Così facendo, il boss si procurava autoveicoli di grossa cilindrata, che venivano utilizzati dai membri apicali del
clan per spostarsi, eludendo i controlli delle forze dell’ordine.

L’impianto accusatorio è stato confermato nel corso del processo dalle dichiarazioni del boss e di altri
collaboratori di giustizia, i quali hanno riferito con dovizia di particolari sui tempi e sulle somme di denaro
investite, ammontanti a più di un milione e mezzo di euro.

Tale sentenza, passata in giudicato, cristallizza definitivamente il radicamento e l’operatività nel territorio
cassinate del clan dei Casalesi, che, tramite prestanome ed imprese colluse, ha reinvestito nel tessuto economico
locale i proventi derivanti dalle attività illecite perpetrate.

In esecuzione del verdetto emesso dal Tribunale di Cassino, è stata effettuata la confisca di quote societarie,
autoveicoli e polizze intestate all’imprenditore connivente.

L’attività di servizio conferma l’impegno della Guardia di Finanza nella lotta alla criminalità organizzata,
soprattutto nel disvelamento delle operazioni di reinvestimento dei capitali illeciti e nel contrasto delle attività
imprenditoriali e professionali attraverso le quali le organizzazioni criminali reimpiegano i capitali illecitamente
accumulati e si mimetizzano nella società civile e nell’economia legale.

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