Quartiere Coppedè a Roma, quando l’architettura si fa arte

Lo volete vedere un posto insolito per architettura? Se vi trovate Tra Piazza Buenos Aires e via Tagliamento andatevi a vedere un pezzo di Roma dall’architettura trasognata, fuori dal tempo e dagli stili architettonici normalmente conosciuti: è il quartiere Coppedè  e non potete fare a meno di innamorarvi del posto.

Il quartiere prende il nome dall’architetto  Gino Coppedè  che vi fuse stili diversi, inventandosene uno tutto suo, mezzo Liberty, mezzo romanico, parte rinascimentale e parte gotico. Proprio un quartiere non è, infatti è composto da 18 palazzi e 27 tra palazzine ed edifici però è unico al mondo e pure griffato: su una colonna c’è il nome dell’autore.Tanto per aumentare la confusione, il nome del quartiere non è Coppedè ma Doria cosa sconosciuta ai più. Pure sulla morte di Coppedè non se ne sa molto, chi dice che morì a causa di una malattia, chi dice per suicidio a soli cinquant’anni, lasciando molti lavori incompiuti e in odore di quel satanismo che, per alcuni (ti pareva?) è la chiave di lettura dei suoi eccentrici lavori. Ebbene tutto questo non fa che aumentare il fascino oscuro del posto. Poteva un quartiere così particolare rimanere indenne dalle ricerche esoteriche degli appassionati del settore? Certo che no, quindi facciamone un accenno. Il quartiere abbonda, effettivamente,  di simboli esoterici e massonici:  lo stesso Gino Coppedè, pare fosse un massone dedito all’esoterismo.  Nel realizzare questo Quartiere pare abbia voluto  tracciare un vero e proprio percorso iniziatico, indicato da una ricca simbologia: dalle coppie di colonne che si rifanno a quelle bibliche del Tempio di Salomone alle decorazioni alle cattedrali dei Templari. Attenzione: nel quartiere Coppedè non ci si arriva, ma ci si entra: perché questo assurdo gruppetto case ha un ingresso vero e proprio, un arco gigantesco da cui pende un enorme lampadario di ferro battuto,

Una domanda sorge spontanea: Ma chi abita in questo quartiere? Il posto fu edificato per ospitare delle ambasciate e l’alta borghesia: anche Gino Coppedé abitava qui! Col tempo hanno preso il sopravvento studi professionali ed un liceo scientifico. Mi è spesso  stata posta la domanda su chi abita nel Villino delle Fate. Attualmente è in parte occupato da uno studio cinematografico, in parte da privati di cui nulla ci è dato sapere d’altronde un appartamento  al Quartiere Coppedè può costare anche 20.000 euro/mq, come una casa al centro d Roma e quindi vige la massima riservatezza sui proprietari degli immobili.

Come arrivare? Andate in via Dora e troverete un arco, con appeso un grosso lampadario al centro, che unisce due palazzi, i Palazzi degli Ambasciatori, due imponenti edifici dalle facciate decorate da stucchi, stemmi, mosaici con cavalieri e personaggi mitologici, sui quali domina la Vittoria alata posta sulla torretta laterale circondata da aquile. Il miglior modo per visitare il posto è quello di fare una bella passeggiata tra le sue vie che a volte paiono disabitate. Vi avvolgerà un clima alla Dario Argento : vi sembrerà di essere osservati o ascoltati dai citofoni oppure semplicemente spiati dalle finestre appena appena dischiuse… .  una volta entrati nel quartiere il mistero l’avrà vinta su di voi col suo fascino., ma attenzione: si crede che nella sua piazza si incontrino le streghe!

Passate sotto l’arco e vi apparirà il quartiere. Al centro la fontana delle rane, fatta nel 1920: Due figure inginocchiate sorreggono delle conchiglie che contengono… rane!Vi racconto un aneddoto:che riguarda la fontana. Lì a due passi si trova il Piper, lo storico locale dove esordì Patty Pravo. Era il giugno 1965, un’estate particolarmente calda: si racconta che alla fine del loro concerto proprio in quel locale, i Beatles si buttarono, vestiti, tra i giochi d’acqua della fontana. Come se non bastasse Dario Argento, girò in questo quartiere due dei suoi più famosi film, “Inferno” e l’“Uccello dalle piume di cristallo”.

Nel film compare un palazzetto con un portale che è la copia di quello presente nel film Cabiria sceneggiato da Gabriele D’Annunzio. A proseguire la serie dei film che sono stati girati da queste parti: “La ragazza che sapeva troppo” di Mario Bava  e  Omen – Il presagio (1976) di Richard Donner. .Non male vero? Alla destra della fontana c’è  il Palazzo del ragno. Perché si chiama così? Ma per il ragno posto sulla vetrata del portone principale al centro della sua tela, dorato su fondo nero. Il palazzo è molto elaborato e forse il ragno, proprio perché operoso nell’intessere tele, è raffigurato ad indicare il lavoro dell’architetto. La facciata è caratterizzata da archi sormontati da un faccione di chiara ispirazione assiro-babilonese.

Quattro piani e una torretta formano l’edificio. Alzate gli occhi al terzo piano un balconcino con loggia e sopra un dipinto color ocra e nero che raffigura un cavaliere tra due grifoni e la scritta LABOR. Sul lato di via Tanaro, rispettivamente sul lato destro e sinistro, vi è il motto “MAIORUM EXEMPLA OSTENDO / ARTIS PRAECEPTA RECENTIS: mostro gli esempi degli antichi come regole dell’arte moderna”. Insomma a Coppedè piacque fare ‘sto quartiere ma ci faticò talmente tanto che lo volle far sapere a tutti.

A pochi metri dalla piazza si trovano le costruzioni più originali e curiose della zona: i villini delle fate. I tre edifici indipendenti ma uniti sono un omaggio alle tre città più importanti d’Italia: Roma, Firenze e Venezia e rappresentano un inno, un elogio alla storia italiana. Siccome Coppedè non aveva altro da fare decorò tutte le pareti con le figure di Dante e Petrarca; con la città di Firenze e la scritta “Fiorenza sei bella”. Dall’altro lato del villino, la lupa di Roma con Romolo e Remo e il Leone di Venezia che affronta un veliero. Il resto è riempito con le  scene di processioni, graffiti con angioletti, motivi floreali, putti, monache e frati. Un ambaradam di roba messa insieme che, però, è decisamente d’effetto. Devo dire una cosa In ossequio a tanta arte la Sindaca Raggi ha disposto l’ordinanza per la demolizione di uno dei villini storici per farci costruire una bestia di cemento che sarà un pugno nell’occhio nel quartiere. La bestia sorgerà vicino al villino che fu di Beniamino Gigli!

Vi faccio una raccomandazione e vi propongo un itinerario tanto per non andare a “a caso”. Ecco la raccomandazione: siccome il quartiere Coppedè non si esaurisce a piazza Mincio, vale la pena di estendere la passeggiata alle vie circostanti ma camminando con il naso all’insù per non perdere i particolari migliori: edifici ricoperti dall’edera, portoni ricchi di raffigurazioni simboliche, i fregi ornamentali. Per il percorso, invece, iniziatelo da via Dora dove c’è il suo ingresso (quello dell’arco col lampadario per intenderci e buttateci un occhio (in senso metaforico). Oltre alla lumiera, sull’arco è rappresentata una coppa che richiama quella del Santo Graal e colonne, torrette miste a figure “apotropaiche”. Ohibò che diavolo è una figura apotropaica? E’ una  immagine o un oggetto che ha lo scopo di allontanare il maligno. Per esempio se un gatto nero attraversa la strada, c’è chi rovista nelle tasche e tira fuori un oggetto apotropaico (un bel corno possibilmente rosso) e fa gli scongiuri.

In questo suggestivo ingresso vi vengono incontro maschere bizzarre, cavalieri, una Vittoria alata, angioletti, efebi, cornucopie e anche una graziosa edicola con la “Madonnella con bambino” la quale invece di stringere il Bambinello al petto pare volerlo offrire al viandante. Accanto c’è il portone del Palazzo Hospes Salve con una epigrafe latina che recita (traduco in italiano):“Entra in questa casa chiunque tu sia; Sarai un amico. Io proteggo l’ospite”. Proseguiamo lasciandoci l’arco alle spalle ed ecco Piazza Mincio dove si affacciano i più bei palazzi con al centro la deliziosa fontana delle rane (quella dei Beatles, ricordate?) Vicino  il famosissimo Villino delle Fate.  Continuiamo la passeggiata immersi in un dedalo di  bizzarri edifici  tra i quali il villino dove Morì Beniamino Gigli e che fu una sorta di base dove ospitava e proteggeva gli ebrei, alla faccia di coloro che lo ritenevano un amico del fascismo…  . Lasciamo il quartiere con la sensazione di avere vissuto, per alcuni minuti, dentro una favola, dove le case sembrano di marzapane le cui figure ornamentali possono all’improvviso animarsi. Chissà cosa succede la notte in questo quartiere, quando le luci si abbassano e le persone dormono… .

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