TESTIMONIANZA ESCLUSIVA:Storia di ordinaria follia, ovvero la vita ai tempi del Covid-19 (Coronavirus)

Avezzano – Ci è giunta una testimonianza di un episodio tra i tanti, generati dall’isteria per questo nuovo Coronavirus arrivato in questo inizio 2020 in Italia. Abbiamo deciso di tutelare data e nome della fonte, ma il focus centrale rimane: può il panico degenerante essere più pericoloso del virus stesso? Eccovi quanto è successo:

Testimonianza di uno dei passeggeri del treno Roma-Lecce rimasti bloccati per ore sul convoglio a causa di un sospetto caso di Coronavirus.

"Sono stata tra i passeggeri del treno Roma-Lecce che nella sera di alcuni giorni fa è stato teatro di un vero caso di psicosi da coronavirus.

L’emergenza da COVID-19 è diventata nazionale negli ultimi giorni. 
La notizia data da giornali e altri media relativa al 38enne di Codogno, risultato positivo al virus e ricoverato per gravi condizioni, e l'aggiunta di altri casi nei giorni a seguire, ha gettato un intero Paese nel panico. A poche ore dalla notizia, non avendo la stampa dato ancora molte informazioni su come fosse avvenuto il contagio, e considerando il numero di controlli e di nuovi contagi individuati a seguire, molti italiani hanno cominciato a vivere un forte sentimento di paura e angoscia.

La scarsa informazione ha creato due episodi di psicosi che hanno coinvolto due treni in viaggio dalla Capitale: un convoglio partito da Roma in direzione Milano e un altro sempre partito da Roma in direzione Lecce,  fermi nelle stazioni di destinazione a causa di un allarme lanciato dai passeggeri.

Io ero nel treno Roma-Lecce, uno dei nuovi treni veloci che non fanno le classiche fermate del Frecciargento (Caserta, Benevento, Foggia, Barletta, Bari, Brindisi, Lecce) ma soltanto una fermata a Bari.

E proprio a Bari è salito il ragazzo che è stato oggetto dell’allarme scatenato di lì a poche ore.

Una volta arrivati alla Stazione di Lecce, con un anticipo di cinque minuti, eravamo tutti pronti a scendere. 
Il tempo passava ma le porte non si aprivano.
Prima di cominciare a capire la situazione sono passati dieci minuti, fino a quando un controllore Trenitalia - visibilmente provato - è passato nel corridoio della carrozza in cui mi trovavo (la numero 6).
A quel punto sono partite le domande “Cosa sta succedendo?”, “Perché non aprite le porte?”. 
La risposta del controllore è stata “Per la sicurezza di tutti, stanno arrivando degli operatori sanitari”.
Tutto qui.

Eravamo bloccati nel treno, con i nostri parenti sulla banchina ad aspettare increduli come noi, e l’unica informazione dataci è stata questa. Un’informazione così approssimativa in un periodo del genere, non è stata di conforto anzi, ci ha lasciati inermi e ignari di quello che stava accadendo.
Da quel momento in poi abbiamo assistito a movimenti concitati della polizia ferroviaria, salita a bordo del treno munita di mascherine.
È stato solo in quel momento che ho capito di cosa si trattava, ma ancora nessuna notizia ufficiale.
Dall’esterno cominciavano ad arrivare notizie, primi articoli di giornali locali che titolavano “Passeggeri bloccati a Lecce per un sospetto caso di coronavirus”.
Chi come me non sapeva nulla e stava vivendo quella situazione a un certo punto ha cominciato a sentirsi in pericolo, e allo stesso tempo è cominciato a ribollire il nervoso. Ci sentivamo sequestrati, avevamo il diritto di sapere, ma nessuno era in grado di dirci cosa stesse accadendo.
Dopo un’ora e mezzo di attese e preoccupazione, un ragazzo della polizia è passato dalla nostra carrozza e ci ha informati dell’arrivo di un medico. Di lì a poco sono state sbloccate le porte e siamo finalmente scesi dal treno.

Sono rientrata a casa. Ho ricevuto messaggi di amici e parenti in cui ognuno mi forniva una versione diversa dell’accaduto. Io e gli altri passeggeri non avevamo ancora capito niente. Sono venuta a sapere che si era trattato di un falso allarme solo grazie al comunicato stampa della ASL di Lecce dove si informavano i cittadini che una ragazza, in preda alla psicosi per i recenti fatti accaduti in Italia, e venuta a sapere che nella sua carrozza (la numero 9) viaggiava un ragazzo appena rientrato dalla Cina, aveva chiamato il 113.
Ma il ragazzo in questione aveva già effettuato due controlli in aeroporto, quindi era consapevole di non costituire alcun pericolo.

L’Italia sta vivendo un momento molto difficile e l’emergenza Coronavirus è un fatto reale, tant’è che il Governo ha già preso dei provvedimenti per tutelare la sicurezza di tutti i cittadini. Ma la psicosi generale che sta portando molte persone a vivere con terrore questi giorni è dovuta a un bombardamento mediatico di notizie, anche non vere, che non permette di informarsi con coscienza e senso critico su quanto sta accadendo.
I giornalisti fanno il loro lavoro, ma la scelta delle parole in questi casi può fare la differenza. Parole di conforto o parole tecniche degli esperti sono più utili ai cittadini di tutte quelle parole comunicate e trasmesse h24 come “Il virus è tra noi”, e possono evitare situazioni come quella che ho vissuto personalmente sul treno."

Fortunatamente la situazione non è degenerata, ma questo (ed altri episodi successi nei giorni scorsi come aggressioni a cittadini asiatici ed isterie immotivate con assalto ai supermercati) ci costringe a porre la domanda: cosa può essere più pericoloso per la vita di tutti i giorni, il Covid-19 o il panico che si diffonde ad una velocità impressionante per qualcosa che (al momento) pericoloso non è?

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