Trovata in pieno centro di Avezzano bomba Usa della Seconda Guerra Mondiale

Il grosso ordigno fa parte dei centinaia che dal settembre ’43 al maggio ’44 martirizzarono la città.

AVEZZANO – E’ rimasta silente e, per fortuna, inerte per la bellezza di 75 anni, forse anche qualcosa in più, e ieri è stata riportata accidentalmente ala luce durante dei lavori di edilizia.

Una grossa bomba americana della Seconda Guerra Mondiale, infatti, lunga un metro e venti centimetri per oltre 40 di diametro, è affiorata fra il materiale di scarto di un cantiere edile in via Garibaldi di Avezzano. E la fortuna ha aiutato gli operai, inconsapevoli autori del ritrovamento.

La squadra, infatti, che sta operando alla costruzione di una palazzina in Via Garibaldi ad Avezzano a poche decine di metri dal centro del capoluogo marsicano, ha proceduto a sversare con la ruspa la terra che si andava a togliere nel cassone di un camion che, poi, a sua volta, è partito per raggiungere il deposito di rifiuti edili che si trova in territorio di Ortucchio. Qui si sono accorti della strana presenza ed hanno chiamato i Carabinieri.

Sul posto sono intervenuti i militari di Avezzano, col Capitano Pietro Fiano, e delle stazioni della zona. Appurato che si trattava effettivamente di una bomba inesplosa della Seconda Guerra Mondiale, in dotazione alle Forze Armate Statunitensi, i Carabinieri hanno avvertito i militari del VII Reggimento Pionieri, che dovrà procedere alla rimozione dell’ordigno ed hanno isolato la zona. Chiuso anche un tratto della S.S. 83 Marsicana, quando la strada costeggia il deposito di inerti edili.

Una foto d’epoca di Avezzano sotto le bombe

Questa bomba è in realtà la “compagna” terribile delle altre centinaia, forse migliaia, che dal settembre 1943 al maggio 1944 furono gettate, e che purtroppo esplosero, dagli Alleati su Avezzano e zone limitrofe. La necessità di arrivare alla distruzione della linea difensiva tedesca “Gustav”, che passava per lo più in Abruzzo, e nella Marsica principalmente, la grande presenza di tedeschi e del comando di Kesserling, la vicinanza con Roma e la direttrice per Pescara necessaria per risalire verso nord, fecero di Avezzano un teatro bellico spaventoso. Il mese di maggio ’44 fu quello più pesante con il cielo sopra la città che, praticamente, non si liberava mai della presenza dei bombardieri e delle fortezze volanti americane. La città, grazie alle centinaia di bombe come questa ritrovata, subì danni al 70% del patrimonio architettonico, peraltro ricostruito da mento di 30 anni dopo il Terremoto del 1915 che azzerò città e popolazione. Furono 94 i civili di Avezzano che rimasero uccisi nei bombardamenti e ben 504 i feriti. Avezzano è stata dichiarata la quinta città italiana per numero di danni causati dai bombardamenti Alleati. Gli avezzanesi seppero resistere e poi ricostruire tanto che la città ricevette, il 31 dicembre 1961, la medaglia d’argento a valor civile con la seguente motivazione: «Sotto l’infuriare dei bombardamenti e delle rappresaglie nemiche, che causavano gravissime perdite umane e materiali, conserva intatta la sua fede nella libertà e nei destini della Patria». In meno di mezzo secolo, in sostanza, Avezzano fu distrutta tre volte, fra Terremoto del 1915, conseguenze della Prima Guerra e il martirio della Seconda Guerra Mondiale. Per tre volte, però, la città fu ricostruita e risollevata. A farlo furono soprattutto quei “cafoni” cantati da Silone, eroi silenziosi del lavoro e del sacrificio, che seppero rialzarsi e donarci quel che abbiamo oggi. Gli stessi che, qualche anno dopo, dettero vita alle lotte del Fucino, per una equa distribuzione della terra, che hanno portato ora la Piana del Fucino ad essere oggi “L’Orto d’Italia”.

Ma queste sono storie vecchie, che parlano di idee, di valori e di uomini per davvero, ricordi di storie ascoltate dai protagonisti, da chi c’era e visse quelle ore terribili e che ora servono a capire la tristezza di questo tempo fatto di comitati elettorali, poteri meschini, squallide combriccole di quart’ordine. Ma Avezzano troverà anche stavolta, da qualche parte, i suoi “cafoni” che la salveranno. Ancora una volta.

La città oggi

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