Un Cioccolatino Storico. “Il viaggio di Edward”. Settima tappa, la descrizione di Celano

CELANO- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al secondo appuntamento settimanale con i racconti del Cioccolatino Storico. Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta del Abruzzo ottocentesco in compagnia dell’artista e scrittore inglese Edward Lear: oggi faremo tappa a Celano. Qui Edward Lear farà una lunga e ricca descrizione di Celano compiendo anche qualche errore di battitura (come si suol dire oggi) come nel caso della contessa Jacovella: e noi abbiamo deciso di riportare il testo così com’è, senza correzioni.

E questo è il testo, buona lettura:

“Partiti da Avezzano ci siamo avvicinati a Celano attraverso sentieri sassosi bordati di pioppi, più somiglianti a corsi d’acqua che a strade, perché la strada carrozzabile ha termine sotto Paterno. Qui la natura è selvaggia e somiglia a quella Svizzera; vedute aperte tra le montagne mostravano paesi appollaiati sulle rocce… Celano a trentamila abitanti, una volta città fortificata e capitale della Marsica durante i torbidi tempi del tredicesimo e quattordicesimo secolo, ora è nota per la sua posizione assai pittoresca: si trova sotto una bellissima ma brulla parete di roccia a precipizio su una collina che guarda su tutto il lago di Fucino, benché a considerevole distanza dalla riva; lo spazio tra la città e l’acqua è occupato da prati e da vigneti e attraversato da limpidi ruscelli.

In foto: Edward Lear

La storia di Celano è assai interessante; la vita di una delle sue contesse, Covella, da sola offre l’argomento per un romanzo. Si dice che sia sorta vicino a Cliternum, ma non se ne conosce la documentazione. Si sa di un conte Tommaso da Celano, turbolento suddito di Federico II; questo imperatore nel 1223 conquistò e distrusse la città e ne mandò in esilio gli abitanti in Calabria, in Sicilia e a Malta. Poi essi tornarono e ricostruirono le case nel regno seguente. C’è una poetica leggenda che concerne un palazzo cella città antica; quivi c’è una famosa gradinata di marmo che cura le malattie d’amore con il semplice rimedio di salirne tutti i gradini fino in cima: è un modo più facile per avere pace nel cuore di quello del promontorio di Lesbo! Il castello di Celano, una splendida fortezza, e fino ai tempi recenti in buona conservazione, fu costruito verso il 1450 da uno dei tre mariti della contessa Covella, ma è difficile stabilire se sia stato Lionello Acclozamuro o Giacomo Caldora o Edoardo Colonna, poiché gli storici non concordano sull’ordine con cui si avvicendarono i mariti della nobildonna.

In foto: Una litografia dell’antico castello di Celano

Nel 1430 un figlio di Lorenzo Colonna, conte di Alba e di celano, fu fatto duca di Amalfi dalla regina Giovanna e perciò è probabile che il castello originariamente sia stato dei Colonna. Successivamente Celano passò nelle mani degli Orsini che godettero di frutto di essa e di Amalfi fino a quando i loro possedimenti, nel 1461, furono assegnati a Ferdinando I ai Piccolomini, che li mantennero ambedue fino al 1584, quando Giovanni Piccolomini, ultimo duca di Amalfi, li vendette. Non sono ancora riuscito a scoprire il modo con cui i Peretti abbiano ottenuto Celano, né che l’abbia governata dopo i moti di Masianello nel 1647, quando la città si rivoltò e fu severamente punita. L’ultimo signore di questi luoghi è morto da pochi anni intestato e la sua proprietà è ora in via di decadenza, mentre numerosi eredi ne pretendono il possesso. La sequenza, o Requiem, in uso alla sepoltura dei morti nella Chiesa Cattolica Romana e conosciuta con le sue prime parole “Dies irae, dies illa”, composta dal beato Tommaso da Celano, che morì nel 1253. Infine P.Bartolomeo Pisano dice: “Locum de Coelano, de quo fuit Thomas qui mandato Apostolos scripsit sermone polito Legendam primam Beati Francisci, et prosam de Mortuis, quae cantatur in Missa, scilicet Dies irae, dies illa”.

Il vecchio castello turrito dei conti di Celano era assai grandioso e sembrava posto a difesa di conventi, chiese e palazzi. … Partito da Avezzano, mi sono affrettato ad andare a piedi a Celano, un luogo che ero impaziente di visitare; e il Sottintendente del Distretto, don Romeo Indelicato, mi ha gentilmente fornito un elenco delle principali famiglie della città. I Tabassi sono di originari di Sulmona e, come si legge in vecchi libri, appartengono a una delle famiglie più antiche di quella città hanno proprietà sparse negli Abruzzi; il fratello maggiore, il barone Tabassi, risiede a Chieti; Stefano sta a Pescina; Francesco ha una bella casa a Sulmona e Panfilo vive a Celano assieme a due sorelle nubili; una terza sorella è monaca.

In foto: Edward Lear, Celano

La famiglia Tabassi viveva agiatamente ma senza ostentazioni; le camere del loro palazzo erano confortevoli per una residenza italiana; l’occhio inglese avverte la mancanza di tende, di tappeti e vorrebbe vedere più mobili, anche dove il clima caldo rende scomodi tali lussi. Celano, e certamente tutto l’Abruzzo Ulteriore Secondo, è assai soggetta al terremoto; durante la mia permanenza in zone vicine ci sono state quattro scosse, che subito ho imparato a riconoscere. Ho fatto disegni sopra alla città e sotto nei prati, donde si vedono molto meglio le rocce stupende dietro Celano. Sono entrato nel castello, un edificio aristocratico; vi sono archi di porta lavorati a rilievo e finestre, cortile, cappella in splendido e robusto stile barocco, ma negletti e in decadenza. Ho visto sotto la città un convento che ha un buon quadro; un anziano monaco me l’ha mostrato e mi ha detto: “Si dice la magnificenza di Giulio Romano”. Sono andato alla Bocca di Castelluccio, uno stretto e formidabile passo dietro la montagna alla cui pendici si trova Celano. L’entrata di questa solitaria gola, dove non entra mai il sole, è fra incombenti rocce che in parte del passo sono così vicine le une alle altre da permettere a malapena il passaggio di un mulo con carico.

In foto: Il Lago Fucino nella carta geografica cinquecentesca dei Musei Vaticani

Durante la stagione invernale, i torrenti e le nevi impediscono ogni comunicazione per questa scomoda strada, ma durante la stagione calda essa è frequentata da povera gente che va a raccogliere la legna lasciatavi dagli effetti distruttivi dell’inverno. Ricorderò sempre le ventiquattro ore trascorse a Celano con grande piacere; ricorderò la mattina nei freschi prati ai piedi della città, girando tra gli alti pioppi avvolti dalle viti, fino a quando il 6 sole andava a battere sulle immense rocce e costringeva ognuno a ritirarsi per il fresco; i meriggi senza nuvole quando tutto era tranquillo; le calme sere, così piene di piacevoli avvenimenti. Durante la notte, calma e lucente era la distesa del lago, che sembrava d’argento, sotto la finestra del palazzo al chiarore della luna piena; l’antico castello proiettava le sue lunghe ombre sulla città addormentata”.

Un Abbraccio Storico

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