Zenobia, la bellissima guerriera siriana che fece tremare l’Impero Romano

Quando ci si riferisce a grandi condottieri vengono in mente nomi come Ciro il Grande, Alessandro Magno, Annibale (che fece vedere i sorci verdi ai romani), Scipione l’Africano (che fece vedere i sorci verdi a Annibale), Pompeo, Marco Antonio e Giulio Cesare, per non menzionare Carlomagno, Saladino, Federico Barbarossa, Gengis Khan.

Zenobia

Tutti uomini ma nessuno ha mai fatto menzione delle donne eppure ce ne sono state di donne al comando di eserciti… una per tutte Zenobia la quale ha anche il primato di confermare il detto secondo il quale “si nasce incendiari e si muore pompieri” e vedremo il perché. Pure il suo nome era particolare ci si riferiva a lei col nome latino di Zenobia Septimia o Julia Aurelia Zenobia, che in aramaico suonava come Bath-Zabbai e in arabo az-Zabba. La nostra dama era pericolosa come l’aspide di Cleopatra e mordeva, oh se mordeva….!  Era la seconda moglie di Settimio Odenato, re di Palmira, un “parvenu” che aveva ottenuto la cittadinanza romana sotto Settimio Severo e col fatto di essere un grande alleato di Roma ci guadagnò su il titolo di Re dei Re e un regno i cui confini comprendevano la Cilicia, la Siria, la Mesopotamia e l’Arabia. Odenato aveva pure un figlio, Hairan che ebbe vita breve. Zenobia era una moglie irrequieta: un giorno chiamò il nipote Maconio e gli disse: “Senti bello di zia bisogna che tu mi levi di mezzo mio marito, suo figlio (Hairan era la prole di primo letto del buon Settimio Odenato) e poi torni qua che ha una idea per la mente…”  Maconio partì, da buon nipote si diede da fare e ammazzò padre, figlio e per sovrappiù il governatore militare di Palmira, Settimio Vorode. Tornato si proclamò Imperatore (era anche nipote di Odenato, tra l’altro e quindi successore al trono) e fu ammazzato quasi istantaneamente per ordine di … Zenobia!

Rovine di Palmira, Siria

A morti ancor caldi cosa fece la brava donna? In quattro e quattr’otto si proclamò Regina dei Re di Palmira, Imperatrix Romanorum e assunse il titolo onorifico di Discendente di Cleopatra, che, ricordiamolo, era stata una dei nemici più pericolosi di Roma e questo la dice lunga sulle intenzioni della donna. La cosa non passò inosservata all’imperatore romano Gallieno che pensò di inviare un bell’esercito, cosa che fece, incaricando un suo generale che nominò pure Dux della spedizione, col bel risultato di essere sconfitto dai Palmireni. Trascorse del tempo, Gallieno passò a miglior vita e gli succedette Claudio ma alla dama di ferro continuava a non sfuggire nulla e non appena quest’ultimo tirò le cuoia guidò la ribellione contro l’autorità imperiale, poi cominciò a sgomitare fino ad estendere il suo regno conquistando Bitinia ed Egitto. L’imperatore Aureliano, per tenersi buona la donna e non creare problemi in quell’area orientale, le riconobbe  il titolo di Augusta e di Regina d’Egitto lasciandole i territori che aveva sottratto all’Impero romano, anche perché, obtorto collo, la riteneva un’ottima amministratrice. Mal gliene incolse: il regno di Palmira divenne così potente da costringere Aureliano a concludere con la regina un trattato secondo il quale Roma ne riconosceva l’operato: in parole povere la donna poteva fare quel che le pareva.

Aureliano

Il poeta abruzzese Auro D’Alba scrisse: ”Non può esserci vera grandezza senza umiltà” e questa era la pecca del nostro personaggio che cominciò a presentarsi in pubblico avvolta in un manto purpureo, a farsi chiamare Imperatrix Romanorum e a battere moneta con la propria effigie e quella del figlio. La cosa era grave in quanto la mancanza dell’immagine dell’Imperatore sul valsente era da considerarsi un chiaro atto di ostilità. Aureliano saltò sul trono e disse in romano “Ma è folle costei?” (naturalmente la frase era più volgare e brutale) e decise di intervenire. L’Imperatore non era uno qualunque, era uno tosto, un guerriero, un soldato vero e così andò laggiù e si riprese, quasi senza colpo ferire, la Bitinia e l’Egitto, conquistate appena due anni prima da Zenobia. Avanzò senza incontrare resistenza degna di nota. Il generale Zabdas pensò di attaccare i romani vicino al fiume Oronte ma le cose gli andarono talmente male che dovette darsela a gambe levate. Si nascose ad Antiochia, dove, mentendo per la gola, si vantò di aver fatto prigioniero Aureliano. Manco a dirlo t’arrivò poco dopo lo stesso Imperatore che sbaragliò l’esercito Palmirene. Zenobia gambe in spalla se ne tornò a Palmira. Per la verità l’Imperatore propose alla donna una resa abbastanza vantaggiosa  ma questa, diciamolo, in maniera poco diplomatica, lo mandò a quel paese. Pure ‘sta volta Aureliano se la prese a male e mise tutto a ferro e fuoco e pure ‘sta volta Zenobia scappò… La sua fuga termino in braccio alla cavalleria romana che la catturò assieme al figlio e la condusse a Roma. Il generale Zabda s’arrese e il regno fu di nuovo sottomesso ai Romani. Un anno dopo scoppiò una ribellione nella città e l’Imperatore roteando gli occhi in aria disse: “e mmo’ basta!”: la città fu saccheggiata e le mura abbattute; ridiventò un villaggio e quindi una base militare dei Romani. Fine del Regno. Per dirla tutta il colpo di grazia a Palmira lo diede qualche secolo dopo l’isis!

E Zenobia? Che fine fece?

Zenobia in catene

Intanto Cleopatra non era una sua antenata: Zenobia era figlia di un commerciante della città di Palmira, anche se qualche storico la dice discendente dei Tolomei. Come Cleopatra, però, offrì al proprio paese l’ultimo momento di gloria nell’età della decadenza, un grande sogno perseguito con tanta determinazione che divenne realtà, anche se per poco, sappiamo, infatti, come finì. Una considerazione: a differenza della Regina d’Egitto a Zenobia non è stato mai riconosciuto un posto di rilievo nell’immaginario collettivo, però la figura della regina che si oppone all’imperatore Aureliano non solo si ritrova in numerose opere del Petrarca, di Boccaccio e di Geoffrey Chaucer, ma è stata riscoperta nel mondo arabo come simbolo di resistenza contro l’imperialismo occidentale. Una cosa è certa: ‘sta donna aveva una gran testa e questa la cavò dall’impaccio della sua sconfitta.

Dovete sapere che di norma i nemici vinti di Roma venivano trascinati in catene nell’Urbe per poi essere uccisi, sapete quella cosa dei trionfi, delle sfilate con le spoglie dei vinti a Roma ecc. … . Questo non accadde alla Regina: le furono risparmiate le catene e parte dell’umiliazione. Non fu proprio magnanimità da parte dei romani. In realtà si salvò per motivi politici. Aureliano sapeva bene quante simpatie Zenobia riscuotesse e se l’avesse ammazzata probabilmente i popoli dell’Oriente romano si sarebbero ribellati; sapendola, invece, maritata e con uno status da nobildonna, insomma, la cosa cambiava aspetto.

Per questi motivi (e non credo solo per questi) le fu riservata una vita da vera matrona: andò in sposa a un senatore, del quale non si è mai saputo chi fosse, forse Marcello Petrus Nutenus e si stabilì in una sontuosa villa a Tivoli, vicino alla Città Eterna, dove visse come la regina delle notti romane. Le malelingue dicono che la cosa accadde dopo che lo stesso Aureliano avesse avuto, come dire… , una relazione con la “prigioniera”. Alcune fonti riportano che l’Imperatore se ne fosse innamorato perdutamente. Della vicenda non ci sono riscontri storici, però mi piace pensare che quell’imperatore “tutto d’un pezzo” avesse ceduto davanti a quell’irresistibile fascino muliebre… .

D’altro canto, Zenobia, la storia ce la descrive bellissima, con occhi neri e profondi, pelle levigata, capelli raccolti in treccine, si diceva che fosse ancora più bella di Cleopatra, insomma. era una donna di grande fascino. Ambiziosa, intelligente e colta, conosceva la storia di Roma studiata su testi greci e aveva scritto anche un compendio di storia orientale. Parlava diverse lingue tra cui quella egiziana, il siriano e il latino. All’occasione sapeva adottare comportamenti diversi a seconda della convenienza. In testa alle sue truppe si comportava come una guerriera, tra i dotti sapeva discutere come una vera e raffinata intellettuale, si presentava quale discendente di Cleopatra per poi dipingersi come una succube di pessimi consiglieri. Nella Historia Augusta è descritta come una donna decisa, orientale nei costumi, amante del lusso, ma determinata come un soldato nella gestione degli affari militari; di fronte ai soldati indossava elmo e manto di porpora proprio come un centurione, amava l’equitazione, la caccia e il bere, di tanto in tanto, con i suoi ufficiali. Era, al pari di Mata Hari, una ammaliatrice, come poi vedremo, in grado di sedurre il potente imperatore romano Claudio e diventare, infine, una matrona morigerata, fedele al suo sposo senatore, finendo i suoi giorni in campagna: per l’appunto nacque incendiaria e morì da pompiere (c.v.d.). Sic transit gloria mundi.  Un saluto da un metro e mezzo.

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