“Dopo l’ingresso in città…” – (III racconto di fantasia…)

L’ingresso in Città era terminato! Aveva fatto gran rumore. Le guardie del Tempio eran corse a riferire e così pure i soldati della coorte pretoria che stavano a guardia della porta…
In un’aula segreta del Tempio, uno scriba riceve Giuda ben Iscar…


“Dovevate vedere! – disse con enfasi il maestro Nicodemo agitando le braccia e guardandosi attorno – Sembrava davvero il ritorno di Re Davide! La gente agitava le fronde d’ulivo e stendevano mantelli sulla strada e…E Lui, eccolo lì, venire tra la folla su un puledro d’asina…Come anticipato dai Profeti! Io c’ero e l’ho visto…Mansueto come un agnello! Forse è davvero Lui l’Emmanuele…”
“Ma maestro Nicodemo! – lo interruppe l’anziano Ezechia – Come puoi dire queste cose! Mi hanno riferito che non osserva il sabato, sia lui che quella masnada di pezzenti che lo seguono…Pescatori, pubblicani, prostitute e lebbrosi…Finti ciechi…E poi sobilla il popolo contro i romani…”
“Ma che dici mai? – lo rimbrottò l’altro – Che dici mai? Ha detto che è lecito pagare il tributo a Cesare e dare a Dio quel che spetta a Dio…”
“Tu sei un suo discepolo…” – gridò esasperato Ezechia.
“Taci Ezechia! – disse Gamaliele alzandosi – Tu non sai quel che dici! Ammetto che quest’Uomo mi stupisca, mi lasci interdetto su tutto, ma certo non è contro i romani, lo sai bene che ha guarito un congiunto di quel centurione di Cafarnao, quello che comanda ora la prima coorte di Pilato…E poi ha guarito miracolosamente tanti figli del nostro popolo…”
“Tu Gamaliele… – si alzò su anche Ezra un giovane levita a gridare e ad inveire – Offendi l’intero Sinedrio! Quest’Uomo e la sua banda non son diversi da quel Barabba che ha ucciso alla rivolta di qualche mese fa, e sapete bene come Pilato abbia trattato gli ostaggi: li ha fatti sgozzare sull’ara dove usano fare i loro sacrifici blasfemi…”
“Pace, pace, Fratelli! – l’anziano Giuseppe d’Arimatea si alzò a cercare di sedare gli animi – Voi litigate e dite molte cose insane! Nicodemo, amico mio, tu sei sicuramente nel giusto e Questo è un grande Profeta, ma gli altri vogliono le prove che tu hai avuto, quelle stesse che io conosco…”
Nicodemo lo guardò e con un sorriso ribatté: “Sì Giuseppe…E’ un Profeta!”
“Ma taci! – sbraitò un tal Alkana, cugino del sommo sacerdote – Come puoi dire questo? Tu, proprio tu che ha studiato a fondo, tu che sei un maestro della Legge…Sei proprio uomo dappoco! Ma non sai che non sorgono profeti dalla Galilea?”
E scoppiò allora un vero tumulto fra le diverse fazioni.
Eloiachim, uno dei sadducei attaccò una filippica: “Tu maestro Nicodemo e anche tu Gamaliele, lo difendete perché a vostro dire avrebbe guarito e risuscitato dai morti…Dai morti!” E si agitò come preso da spasmi.
Nicodemo stava per rispondere quando, nel tumulto generale, Kaifa, il sommo sacerdote, levò una mano e si alzò.
“Placatevi fratelli! – disse con la sua voce roca, che aveva un sapore di antico – Pace fra voi!”
Poi rivolto a Nicodemo. “Maestro Nicodemo, – disse tornando a sedere ed acconciandosi la veste – tu sai quanto rispetto nutro per te, ma quel che tu dici non lo comprendo e comunque vedi bene come questo Yeshua ben David, come dicono di Lui, il figlio del falegname di Nazareth, metta in disaccordo questo venerabile consesso…Non si può negare, né tu puoi negarlo, che abbia mancato di osservare molti sabati, che abbia sferzato i nostri cambiavalute al Tempio e che frequenti pubblicani e prostitute… Ha aiutato il servo del centurione e il figlio d’un funzionario regio, dunque è amico dei romani e, quindi, non può essere dei nostri…”
Ebbe una esitazione e, poi, coprendosi il volto con una mano continuò dicendo: “Poi, fratelli, mi manca il coraggio…La parola per dire quel che mi è stato riferito…Ha avuto modo…Il coraggio…Anzi lo sprezzo di dire di sé di essere il Figlio di Dio…”
Un’ondata gelida attraversò l’assemblea e molti caddero a sedere scuotendo il capo e coprendosi la faccia…
Nicodemo solo rimase in piedi e rivolgendosi a Kaifa disse: “Ma forse dovremmo ascoltarlo! Kaifa, forse dovremmo parlare con Lui…Io l’ho fatto e posso dirti che nessuno aveva mai parlato così!”
Kaifa si riscosse e guardando verso Nicodemo, mentre poggiava il capo sulla mano destra che teneva sul bracciolo dello scanno dove sedeva, gli disse: “Non preoccuparti, maestro Nicodemo, proprio in questo momento c’è chi si sta occupando della cosa…Presto avremo questo Nazzareno qui davanti a noi e lo ascolteremo…”
Nicodemo guardò Kaifa, il suo sguardo freddo di ghiaccio, gelido come quelle terre sui monti dell’Armenia che aveva conosciuto in un viaggio fatto tanto tempo prima, in gioventù…
Sedette inorridito: una figura s’era affacciata nella sua mente, una sorta di premonizione…
In una stanza nascosta del Tempio, in quello stesso giorno, quando ognuno ebbe fatto ritorno a casa, Giuda ben Iscar fu ricevuto da Zerah e Zaccaria i due scribi maggiori del Tempio.
“Allora Giuda, – fece Zerah allegramente nel vederlo – ti sei deciso? Quando ci porterai il Tuo maestro?”
Giuda arrossì e poi balbettò incerto: “Maestro Zerah, ma non vorrete certo fargli del male, vero?”
Zerah lanciò un’occhiata in tralice al suo compagno.
“Ma caro Giuda, – fece mellifluo – vuoi scherzare? Il sommo sacerdote vuole vederlo dinanzi al Sinedrio…Puoi stare tranquillo…E poi tu potrai comprare quella casa che volevi per te ed i tuoi amici…”
Ciò detto gli lanciò una borsa con trenta denari d’oro.
Giuda la prese e con un inchino fece per uscire.
Poi, giunto alla porta, si voltò e disse accomiatandosi: “Maestro Zerah…Fra tre giorni saremo in una casa qui a Gerusalemme per la Pasqua…Vi avvertirò e lo accompagnerò da voi…”
“No Giuda, – fece Zerah con voce ferma – ci dirai dove sta e verremo noi per prenderlo ed accompagnarlo dal Sinedrio…”
Giuda fremette ma poi assentì ed uscì.
Quando la porta fu chiusa, Zerah si voltò verso il suo compagno e con un sorriso gelido disse: “Come vedi, il nostro Maestro sarà presto dinanzi al Sinedrio…”
“E così questa storia finirà!” – disse Zaccaria con voce altrettanto gelida…

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