In guerra perdono tutti: vincitori e vinti

di Francesco Barone – Docente presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università
dell’Aquila e Ambasciatore
di pace

Fin dell’antichità ,il desiderio di conquista da parte dell’uomo, motivato soprattutto da ragioni
economiche e sociali, ha spinto i popoli a varcare i propri confini occupando altri territori
attraverso la violenza e la sopraffazione.

Nei primi anni del ‘900, in una lettera inviata all’olandese Van Eeden, Freud pose in evidenza che gli impulsi primitivi e malvagi dell’umanità non fossero spariti, anzi, continuavano ad esistere e a riemergere ogni qualvolta se ne presentasse l’occasione.

Gli uomini sono capaci di costruire e nel contempo sono capaci di distruggere ciò che hanno costruito. La decisione di dichiarare guerra è frutto di pensieri violenti, anche quando le ragioni sembrano apparentemente evidenti. In guerra perdono tutti: vincitori e vinti.

Le guerre non si fanno da sole, sono gli uomini a determinarle. Ma neanche la pace si fa da sola; infatti, quest’ultima consiste in una lenta e costante azione pacifica. Attualmente i conflitti nel mondo sono più di cinquanta e i motivi principali sono da ricondurre ad alcuni fattori chiave, come: possesso delle risorse, esplosione demografica, cambiamenti climatici.

E chi negherebbe oggi anche la religione come uno dei motivi scatenanti dei conflitti? Il dominio da parte di un determinato Paese sulle risorse e le fonti di energia è forse il principale motivo che spinge l’uomo a dichiarare guerra.

Petrolio, gas e acqua sono le cause delle nuove tendenze predatorie da parte dell’homo sapiens. La guerra è frutto di scelte politiche, tendenti anche alla manipolazione delle coscienze, all’indottrinamento ideologico e all’ossessiva affermazione del potere, all’esaltazione del capo e alla demonizzazione dell’altro.

In tal senso sono significativi gli insegnamenti suggeriti da Platone. Quando il filosofo intendeva dare forza persuasiva alle sue asserzioni ricorreva ai miti e attraverso questi veicolava la sua verità, come nel famoso mito della caverna dove gli uomini sono schiavi incatenati che vedono sul fondo della caverna ombre scambiate per cose reali, mentre sono soltanto proiezioni di oggetti esibiti alle loro spalle.

La guerra genera disordine ed è il riflesso della situazione nell’ambito dei rapporti internazionali, la
decisione di uno Stato di piegare la volontà di un competitore, imporre i suoi prodotti o trovare le
strade per l’accaparramento delle ricchezze. Le guerre sono il risultato di un’opprimente e lucida
decisione politica che non tiene mai conto delle inevitabili gravi conseguenze.

L’irrefrenabile ambizione dell’affermazione dell’io sta mettendo a dura prova la resistenza dei rapporti
umani, posti sempre più in precario equilibrio.

Comunque le si considerino, le guerre possono essere evitate, soprattutto se il pensiero prevalente di chi governa è caratterizzato dal senso di responsabilità, consistente anche nel riconoscimento della parzialità del proprio punto di vista, dal comune convincimento che l’interesse di parte non possa essere disgiungibile dall’interdipendenza con gli altri e dall’idea di conseguire reciproci vantaggi nonostante le differenze.

La guerra, dunque, è sempre sbagliata perché rappresenta la massima espressione di violenza dell’uomo sull’uomo. Non è facile confidare in una trasformazione altruistica dell’umanità ma è possibile sperare in un mondo composto da Stati concretamente democratici e pacifici.

La pace è il simbolo del progresso civile della società, è l’opposto della sete di potere, del razzismo e dell’odio, la pace è la risposta a qualsiasi forma di discriminazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *