Pietraferrazzana, il paese più piccolo d’Abruzzo con i suoi 130 abitanti in un fazzoletto di roccia: non un borgo, ma una perla

Bomba o non Bomba arriveremo a Chieti e questa è una mia indegna parafrasi di una canzone di Antonello Venditti. Perché questo mio curioso incipit? Voglio parlarvi del Lago di Bomba o meglio di un comune che è prospiciente al lago, in provincia di Chieti e che ha l’inusitato primato di essere il comune più piccolo dell’Abruzzo: circa centotrenta abitanti che ne fanno più un club che un paese.

Piccolo di dimensioni, in una città  non sarebbe nemmeno un quartiere, forse un condominio e nemmeno dei più grandi, ma bello e ricco di storia ed eccomi qui nuovamente a narrare delle cose d’Abruzzo e delle sue bellezze sempre troppo poco valorizzate.

Ci troviamo in provincia di Chieti ed il nostro comune si trova a destra del fiume Sangro, a ridosso del lago di Bomba. Sullo sperone roccioso che sovrasta il paese si trovano i ruderi del vecchio castello del XVI secolo. Durante il Risorgimento, fu utilizzato come rifugio dai patrioti perseguitati, oggi ingloba le case degli abitanti e offre, al visitatore, un panorama mozzafiato.

Le origini del paese risalgono al XII secolo, quando fu dominio dei Ricci e poi dei Caracciolo. Il centro storico presenta la tipica struttura di borgo medievale con edifici di grande valore storico e culturale. La piazza è dominata dalla chiesa dedicata a Santa Vittoria, risalente al XVII secolo

Tra i feudi della Contea di Simone di Sangro, (credo fosse un antenato del ben più celebre Raimondo di Sangro, principe di San Severo) esisteva un abitato dal nome di Petram Garanzanam tramutato nel XV secolo in Petraguaranzana e rinominato, poi, nell’attuale Pietraferrazzana. Nel 1160 qui vivevano 24 famiglie il cui numero corrispondeva a 140-170 abitanti e da allora da quel numero non ci si è discostati di molto.

Seppure grosso quanto un fazzoletto, il borgo non ha avuto vita facile, anzi il suo possesso viaggiò da un proprietario all’altro. Alla metà del XV secolo il suo territorio apparteneva alla famiglia Ricci; entrato nel possesso dei  Caracciolo, Marino Caracciolo, nel 1603, lo vendette a Marco Tullio Tino di Ortona. Ritornato tra i possedimenti dei Caracciolo nel 1628, alla fine del sec. XVIII, passò nelle mani della famiglia Ariani. Ma non finisce qui…

Nel 1811 il comune era di pertinenza del circondario di Bomba, nel distretto di Vasto nell’Abruzzo Citeriore. Nel 1923 Pietraferrazzana divenne frazione del comune di Colledimezzo, per poi riacquistare, finalmente, autonomia nel 1963.

Quanto è grande il paese? Ecco i numeri: una farmacia, una pasticceria e un bar, poi l’ufficio postale, l’ambulatorio medico e la Protezione civile.

Abbondano le statue: sono quattro: una ogni trenta abitanti. Le metropoli se lo sognano un così alto numero di statue per abitante! Ve le voglio citare tutte: la scultura di San Pio, quella del cuoco con la scritta “La terra avara per il mondo li sparse”, ad indicare i talenti culinari del borgo sparsi nel mondo, il cippo ai Caduti della Seconda Guerra Mondiale e la statua della Madonna del lago, realizzata per i Giochi del Mediterraneo 2009 da un artista polacco. Caratteristica peculiare del monumento alla Madonna del Lago è che a differenza di quella di Trevignano non piange, non vuole masse vocianti ed è totalmente priva di Giselle messaggere. Lei (la Madonna) sta là e fa in silenzio il suo dovere vegliando amorevolmente sul lago.

Un piccolo borgo ma un grande sogno da vivere, questo è il nostro paese. Non finirò mai di sottolineare tutta quella bellezza sprecata in Abruzzo che potrebbe portare lustro e lavoro! In questa mia modesta stesura voglio fare cenno a questo minuscolo (perché questa la sua dimensione) paesello, ma di immensa bellezza. Ricordiamolo quando vogliamo fare una gita, questa perla del Sangro dista un centinaio di chilometri da Chieti: un breve viaggetto in automobile.

Cosa si fa quando si giunge in una qualsiasi località? Da bravi turisti ci si reca subito a visitare le chiese che rappresentano e conservano sempre la storia di un luogo.

Il tempio, nel nostro caso, si erge proprio su quello sperone di roccia calcarea dove si arrocca la parte più antica del centro storico.

Il luogo di culto è citato nel Chronicon Farfense che era una sorta di catasto di tutte le Chiese dipendenti dall’Abbazia di Farfa: questa citazione fa supporre che Santa Vittoria fosse già edificata nel periodo romanico. Secondo alcuni storici il culto di questa Santa era diffuso nella zona dai monaci dell’ Abbazia i quali, dal nono secolo, possedevano un piccolo monastero a Tornareccio. A maggior conferma, Santa Vittoria è protettrice sia di Pietraferrazzana quanto di Tornareccio.

La Chiesa, nella sua storia, è stata più volte rimaneggiata. Oggi si presenta con un grande arco a rilievo che, nella facciata, racchiude il portale. A destra della Chiesa il campanile a pianta rettangolare che, nella parte superiore ospita l’orologio. Seppure ad una sola navata, questo gioiellino è un tripudio di stucchi barocchi. Nel presbiterio, un fastoso altare è affiancato da colonne e nicchie così come gli altari a lato.

Chinato il ginocchio al piè dell’altare della Santa andiamocene a zonzo in cerca di qualche scorcio spettacolare che qua non mancano.

Il luogo è un vero borgo medievale e considerata la sua origine di fortezza, il borgo è ricco di costruzioni caratteristiche come la chiesa di Santa Vittoria.

Camminando camminando è d’obbligo visitare la parte più alta del paese, percorrendo una suggestiva strada che attraversa il Borgo. Sulla cima, ci attende il magnifico spettacolo della vallata. Ma non solo questo…

Da non sottovalutare che il posto è meta di appassionati di escursionismo e chi è sufficientemente sportivo può dedicarsi al trekking, surf, windsurf e pesca. Se poi siete come me, sceglietevi uno dei venticinque agriturismi della zona e buon riposo.

Terminando una cosa voglio sottolineare: il piccolo comune dal grande cuore ha la sua brava panchina rossa contro la violenza sulle donne e le tante vittime uccise e abusate. Una targa cita: “La violenza non è amore“. Sono centotrenta persone che hanno sollevato la loro voce per una società più civile.

Un saluto