“Ribelli per Amore”. L’impegno cattolico durante la Resistenza, tra fede e voglia di libertà

MAGLIANO DEI MARSI – “Sui monti ventosi e nelle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare. Signore della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”. Questo ultimo verso della “Preghiera del Ribelle” scritta dal partigiano cattolico Teresio Olivelli ci potrà aiutare nel comprendere il ruolo che ebbero i cattolici durante il fascismo e la lotta di liberazione nazionale. In questo articolo, oltre a capire il ruolo che ebbero i cattolici durante questo periodo storico, analizzeremo il caso dell’Azione Cattolica e di un nostro illustre conterraneo, don Gaetano Tantalo.

Il mondo cattolico assunse durante il ventennio atteggiamenti molto variegati: possiamo osservare, da una parte, il pieno consenso al regime; vedendo in esso un mezzo per ristabilire uno stato cattolico e in Mussolini l’uomo che aveva restituito all’Italia Dio. Dall’altra parte, non osserviamo immediatamente un netto rifiuto nei riguardi del regime: come nel caso dell’Azione Cattolica, che pur maturando posizione critiche nei riguardi di Mussolini e del suo partito, rimase lontana dall’intraprendere un cammino di opposizione al fascismo. Cattolici del calibro di Luigi Sturzo e Giuseppe Donati, optano, invece, per una chiara opposizione al fascismo, capace di agire in clandestinità riuscendo ad attirare a se moltissimi giovani.

Nel 1931 giovani aderenti alla Dc, compirono un vero atto di resistenza, distribuendo tra Torino, Milano e Genova copie della Rerum Novarum con il semplice scopo di denunciare la situazione che si era creata in Italia con il regime ed anche per sollecitare il cattolico ad un’ eventuale azione diretta. Questo gesto provocò grande indignazione nel mondo fascista, si compirono arresti in varie città e vennero celebrati molti processi nei tribunali speciali. Ma lo strappo più profondo tra regime e mondo cattolico, fu quello legato alle leggi razziali del 1938. Il cardinal di Milano Schuster, lanciò l’appello contro il razzismo, definendolo “eresia antiromana” l’odio nei confronti dei fratelli ebrei. Il messaggio non venne recepito ugualmente da tutti i cattolici, Amintore Fanfani, personalità illustre della Democrazia Cristiana e della prima repubblica, definì con queste parole le leggi del ’38 «per la potenza e il futuro della nazione, gli italiani dovevano essere razzialmente puri»

All’indomani dell’otto settembre, l’intervento dei cattolici nella lotta armata, fu trasversale, portando ad aderire a formazioni di altro colore politico (dalla brigata Garibaldi alla brigata Matteotti, sino a quelle d’ispirazione monarchica e repubblicana), successivamente si formeranno formazioni autonome. I cattolici che si impegnarono immediatamente nella prima resistenza, furono quelli appartenenti alla Sinistra Cristiana, i quali aderirono presto agli ideali antifascisti. Giancarlo Passavalli Puecher fu uno dei primi partigiani cattolici a morire, fucilato dai tedeschi il 22 dicembre del ’43: il giovane costituì un primo raggruppamento partigiano che causò non pochi problemi ai reparti nazifascisti; prima di esser giustiziato, lasciò queste parole «L’amavo troppo la mia patria: non la tradite, e voi giovani seguite la mia via nel ricostruire l’unità nazionale». Questa rivolta che Passavalli Puecher sosteneva, era una rivolta anche a coloro che spalleggiavano lo straniero, utilizzando dei metodi al limite della decenza umana. Secondo Enrico Mattei, la partecipazione alla Resistenza, da parte dei cattolici, era suddivisa in 180 brigate, composte da circa 65.000 uomini. La cifra, secondo recenti studi, appare eccessiva.

Le autorità della neonata RSI, non guardavano positivamente il ruolo dei cattolici nella vita civile, specialmente di coloro che stavano aderendo alla resistenza. Su diversi quotidiani della Repubblica Sociale si trovano espressi questi sentimenti. Sul quotidiano ‘Orizzonte’, Rolando Ricci scrive «Oggi il Vaticano si comporta verso di noi da nemico»; anche sul quotidiano ‘Sveglia’, l’atteggiamento dei cattolici venne stigmatizzato e reputato meritevole di una severa e urgente punizione. L’occasione della guerra e della Resistenza diventò, per alcuni cattolici, anche uno stimolo verso un approccio diverso nei confronti della propria fede in rapporto alla vita pubblica. Si può bene osservare questo comportamento in quei partigiani cattolici catturati dai nazifascisti e deportati nei diversi campi di concentramento; Teresio Olivelli, durante la sua prigionia nel carcere di San

Guido Pasolini, fratello di Pierpaolo. Nome di battaglia “Ermes” appartenente alla Brigata cattolica Osoppo e trucidato dai partigiani titini a Porzus

Vittore a Milano scrisse «le carceri sono piene di Dio». L’impronta religiosa, che ogni singolo laico possedeva, viene fuori nelle testimonianze di vita vissuta nei lager tedeschi: per Vittorio Emanuele Giuntella, il tempo trascorso nei campi di concentramento era speso come il Tempo di Dio nel quale si può trovare speranza e grazia: altri partigiani cattolici, nei lager, trovarono la via per il sacerdozio, come fu per il partigiano Gianni Cielo. L’abbondanza di testimonianze ci aiuta a comprendere come il lager insieme alla partecipazione diretta alla Resistenza, fosse un percorso di fede ben tracciato.

E come si comportò L’Azione Cattolica Italiana durante questo periodo storico? Il variegato mondo cattolico, ha nel suo interno, singole entità associative davvero importanti per quanto riguarda la formazione socio-politica delle masse; l’Azione Cattolica è tra queste. In occasione del 140° anniversario della fondazione di questa associazione, si è riflettuto molto sulla presenza dell’AC durante il regime fascista e la successiva guerra civile. Questa riflessione accese il dibattito tra gli studiosi, appassionando soprattutto il periodo che intercorre tra la nascita del regime e il suo declino. Il rapporto che questa associazione ebbe con il mondo del Partito Popolare è ben documentato sin dal 1922, quando si osservò un netto passaggio di dirigenti AC al partito di Don Sturzo: un rapporto che ebbe come fine il costituirsi di una classe dirigente in sintonia con le posizioni della Chiesa.

Con l’avvento al pontificato di papa Pio XI (al secolo Achille Ratti), le cose mutarono rapidamente. In un periodo storico nel quale i rapporti tra chiesa e stato erano bloccati, il nuovo pontefice pretese una netta separazione tra la funzione religiosa (Azione Cattolica) e l’impegno politico portato avanti dal P.P. La separazione fece sì che l’AC fosse chiamata ad organizzare l’opera di collaborazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa107, attraverso i diversi gruppi in cui si costruivano : La gioventù Cattolica, Gioventù femminile, Unione Donne, la FUCI e dal 1923 la Federazione degli Uomini Cattolici. L’idea di papa Ratti, era quello di incidere fortemente sulla società, favorendo un’opera di formazione cristiana in un mondo che stava vedendo la nascita degli estremismi sia di destra che di sinistra, tentando di preparare la strada per una nuova Societas Christiana. L’avvento del regime venne percepito dal mondo cattolico come qualche cosa di innovativo; già i provvedimenti assunti dal governo, sin dall’ottobre del 1922 (reintroduzione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, politica antimassonica), diedero la sensazione di poter ricostruire un nuovo stato cattolico, fondato sulla salda alleanza trono-altare. In questo caso l’Azione Cattolica, scelse di mantenere un atteggiamento di riserbo e di attesa; Mario Casella definisce questo periodo dell’Azione Cattolica come il periodo della Apoliticità, cioè di attesa nel vedere le mosse del regime. Questa strategia non significò il totale disinteresse per la politica da parte dei cattolici: Giuseppe Della Torre, direttore dell’Osservatore romano, ad esempio affermò l’importanza del cattolico nella vita politica della Nazione.

Francesco De Gregori, zio dell’omonimo cantate romano. Partigiano della Formazione Brigate Verdi

Il comportamento di questa associazione influenzò negativamente i rapporti con il partito popolare di don Sturzo. Era questo l’intento di papa Pio XI: tenere distanziati i due mondi. Questo processo di spoliticizzazione operato dai vertici dell’Azione Cattolica, non li risparmiò, come detto precedentemente, dalle devastazioni da parte delle squadracce di Italo Balbo. Gli atti di violenza erano rivolti alle sedi e ai numerosi iscritti a questa associazione. Il Pontefice reagì con la pubblicazione di una enciclica (Non Abbiamo Bisogno) e fu costretto a denunciare apertamente i danni commessi nei riguardi dell’AC. Il Biennio 1925-1926, gli anni delle leggi fascistissime, vide un nuovo cambiamento nei rapporti tra Azione Cattolica e Fascismo. L’affermarsi del volto violento del regime, la liquidazione dei partiti d’opposizione e la pretesa del fascismo di intromettersi nella sfera educativa, portarono ad un rapporto di ‘Collaborazione nella Distinzione’. Questo atteggiamento, se pur indiretto, al regime, si può ben osservare nei sindacati bianchi gestiti dall’Ac, che all’indomani della stipula di palazzo Vidoni, furono costretti a subire uno rapido controllo da parte delle gerarchie ecclesiastiche.

Questo gesto assicurò ai sindacati bianchi di sopravvivere alla decapitazione spietata, operato dal fascismo ai danni del sistema sindacale. Il sindacato cattolico (ICAS: istituto cattolico di attività sociali), gestito dall’Azione Cattolica, si trovò ad operare all’interno delle impostazioni dettate dal regime. Sicuramente la competizione più acuta tra l’Azione Cattolica e il fascismo si svolse sul campo educativo. Secondo alcuni storici, infatti, la competizione tra l’AC e il fascismo cominciò all’indomani del 1926, quando venne creata l’Opera Nazionale Balilla. La creazione di questa organizzazione, provocò un grave problema per l’associazionismo cattolico: l’Azione Cattolica perse la Federazione delle Associazioni Sportive cattoliche Italiane ( FASCI) e i Giovani Esploratori Cattolici tra il 1927-28. Di certo il concordato tra Chiesa e Stato ( 11 febbraio 1929) ,venne visto da questa associazione come qualche cosa di positivo, che poteva porre termine alle dispute sul campo educativo.

L’AC, accolse la notizia del concordato con ‘Commozione e Gioia’: Il regime, però, la pensava diversamente. Era un problema per il fascismo collaborare con il popolarismo dell’Azione Cattolica: un problema da risolvere immediatamente. Questa questione emerse con violenza e con la solita prepotenza del regime nella primavera – estate del 1931; quando il governo autorizzò la chiusura dei circoli di AC. L’avvicinamento alla Germania Nazista, tra il 1937-38, e le seguente emanazione delle leggi razziali, misero in crisi le coscienze dei membri dell’AC. La frattura era netta, difatti i vertici dell’azione cattolica, invitarono alla prudenza: Pio XII, tentò di sistemare la situazione, la componente laica venne messa un po’ da parte lasciando così il posto alla componente religiosa. Con questo atto,l’associazione venne messa al sicuro da eventuali attacchi fascisti.

Con lo scoppio della guerra, e le violenze conseguenti, caddero le ultime speranze di una pace tanto sperata. Vi fu una riduzione netta degli iscritti all’Azione cattolica durante l’inizio della guerra, causa il richiamo alle armi di molti giovani. Il sentimento nuovo, che si diffuse nei ridotti circoli, era quello del distacco netto dal regime: furono i primi semi di resistenza. I giovani, non si limitavano solo alla lotta armata, con le diverse Brigate di vario orientamento politico, ma si espressero per un netto cambiamento dell’Italia. A tal proposito Antonio Gramsci, nei suoi “Quaderni del Carcere” scriveva: “L’Azione cattolica rappresenta la reazione contro l’apostasia di intere masse, imponente, cioè contro il superamento di massa della concezione religiosa del Mondo”.

Don Gaetano Tantalo, “Giusto tra le Nazioni”

Tra coloro che parteciparono alla Lotta di Liberazione Nazionale vi fu anche il nostro conterraneo il Venerabile Don Gaetano Tantalo: non prese parte attivamente alle battaglia, ma fu protagonista di un vero e proprio atto di resistenza civile. Ospitò nella sua canonica la famiglia ebrea romana Orvieto-Pacifici, salvandola dai fascisti e dalle SS. Quando era viceparroco nella parrocchia di San Giovanni Decollato in Avezzano fu membro attivo della locale sede di Azione Cattolica: “la pupilla dei suoi occhi” riprendendo una citazione di papa Pio XI. E proprio con il ricordo di questo importante “Giusto tra le Nazioni” che nella giornata di oggi, nel Comune di Tagliacozzo, alle ore 12 si celebra un momento di ricordo e una deposizione di una corono d’alloro. Sarà presente il sindaco di Tagliacozzo Vincenzo Giovagnorio.

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