Sicilia e Siciliani, una coppia perfetta? (I parte)

Questa isola, dove eroi e semidei, o figli di dei, si incontrano e scontrano, è quella che il “Gattopardo” di Giuseppe Tommasi da Lampedusa, immortalato dal film di Visconti, definisce “terra immutabile…dove tutto cambia per non cambiare…che non può evolvere perché i siciliani sono perfetti…noi siamo dei!”

Del soave licor, ei bevve…” e come andò a finire ben lo sappiamo: Odisseo sconfisse il mostro Polifemo!
E questo evento ed altri, dell’Odissea Omerica, cadono su quella isola “triangolare” che il federale, raccontato da Petacco nel suo “Il prefetto di ferro”, definì “Trinacria fedele“, riportando una frase cara al Duce.

Questa isola, dove eroi e semidei, o figli di dei, si incontrano e scontrano, è quella che il “Gattopardo” di Giuseppe Tommasi da Lampedusa, immortalato dal film di Visconti, definisce “terra immutabile…dove tutto cambia per non cambiare…che non può evolvere perché i siciliani sono perfetti…noi siamo dei!

E a ben vedere, già queste due prime visioni ci mostrano una Sicilia del mito ed una Sicilia letteraria, ma sappiamo bene che ne esistono tante di Sicilia: ci sono anche quelle dello stereotipo, dell’archetipo, della cronaca e della storia e della violenza e della sopraffazione ma, lasciatelo ripetere, anche della poesia e della fine letteratura!

Insomma, una sorta di icosaedro nascosto sotto una maschera pirandelliana, forse figura geometrica essa stessa maschera.

Questa Sicilia sfaccettata e, per molti versi, misteriosa trova diverse emersioni nei tanti suoi Autori, quali: Sciascia, Verga, De Roberto, Petacco, Camilleri non certo messi in ordine proprio perché non si sa come sia orientato quell’icosaedro, magari pure irregolare, che assomma i mille volti della Sicilia, che la letteratura prova a mostrare attraverso un dualismo, tra Sicilia e Siciliani, che non si può scindere: per comprendere l’una van compresi gli altri che, comunque, sono, a loro volta, un altro icosaedro con le mille maschere sopra ogni faccia.

E di questa meravigliosa, multiforme realtà che vogliamo andare a studiare l’essenza, attraverso le opere letterarie che, come vedremo, ognuna col suo Autore racconta un pezzetto di quel dualismo di poco sopra.

Potremmo partire da quel romanzo d’appendice che è “I Beati Paoli”, del giornalista siciliano Luigi Natoli, che mostra un primo volto misterioso della Sicilia, che già si rannoda alle amare vicende della “Baronessa di Carini”, ovvero “la leggenda storica popolare del secolo XVI in poesia siciliana con discorso e note di Salvatore Salomone-Marino” (1873).

Ma per chi ricorda le visioni, le immagini del film di Pietro Germi, “In nome della legge”, ecco affiorare dai ricordi un volto “aspro e duro della nostra terra”, direbbe il Principe nel “Gattopardo”, con quei bianchi allucinanti dovuti al sole implacabile e con quelle figure in nero sullo sfondo delle facciate di calce delle case. “In nome della legge” è un film risalente al 1949, diretto magistralmente da Pietro Germi e con Massimo Girotti. Esso fu tratto, come sceneggiatura, da “Piccola Pretura” del magistrato Giuseppe Guido Lo Schiavo e fu girato nella cittadina di Sciacca, in provincia di Agrigento.

In questo affiora il volto della “mafia” nella sfumatura di “giustizia naturale” incarnato da Massaro Turi Passalacqua e dai suoi uomini.

Un volto altrettanto singolare mostra Don Mariano Arena nel “Giorno della Civetta” di Leonardo Sciascia che lascia una traccia importante anche col professor Franzò de “Una storia semplice”.

Don Mariano Arena che dà quasi una lezione antropologica con la sua classificazione dell’umanità in “cinque specie” e Franzò che spiega cosa sia l’italiano: “L’italiano, – dice ad un pessimo pubblico ministero – non è l’ITALIANO…ma è il ragionamento che c’è dietro…” E come dargli torto, proprio oggi che la lingua è storpiata?

Una Sicilia colta anche quando, come dice Don Mariano: “Io saccio poche cose…sono un ignorante…
A molti Siciliani di oggi, la figura di Don Mariano Arena non piace affatto, perché come ci disse una giornalista di Catania “…mostra un volto amichevole, quasi simpatico della mafia” ma dubitiamo che Sciascia volesse mostrare una simile qualità.

Facendo un salto da un’altra parte, nella letteratura più recente c’è il “Manoscritto di Shakespeare” di Domenico Seminerio, ovvero “Un intrigo tra il giallo e la spy story su un’ipotesi non d’invenzione che Shakespeare fosse siciliano, e su una fantasia non incredibile, che se ne sia trovata la prova occultata” dicono alla Sellerio sulla fascetta, ma una storia che porta la Sicilia a contatto con il Grande Bardo e pure con Antonello da Messina.

E in quel 2008, quando fu pubblicato il bel romanzo di Seminerio, lo incontrammo ad un festival letterario quel “Seigiornateincercad’autore” di Avezzano, e con lui compimmo un viaggio mirabile, oltre che nel suo romanzo, negli altri suoi libri e nella Sicilia che è la sua terra, “sfrugoliando – come disse sorridendo – i mille angoli della sua scrittura e del suo essere siciliano“.

Ma già, ai margini di questa puntata moderna, sentiamo battere i personaggi di Pirandello e di Verga che reclamano d’esser citati e analizzati, eppure questo nostro scritto altro non potrebbe essere che una sorta di sceneggiatura sulla Sicilia e i Siciliani che ricalchi quella di “Sei personaggi in cerca d’autore“…


(Segue)