Una città nella Città Eterna. Da Belli e Trilussa ai “Bulli” che proteggevano donne e persone indifese. Una leggenda chiamata “Trastevere”

Cosa è Trastevere? È una città nella città dove ancora vive il popolo della Roma verace. Una canzone romanesca, “Fiori trasteverini”, spiega in pochi versi lo spirito che anima gli abitanti del quartiere:



Semo romani, trasteverini
Semo signori senza quatrini
Ma er core nostro è na capanna
Core sincero che nun t’inganna
Se stai in bolletta noi t’aiutamo
Però da micchi nun ce passamo
.

Nella quiete delle sue viuzze e dei suoi vicoli si respira l’aria dei tempi andati. Si ha la sensazione che “er Tinèa”, al secolo Romeo Ottaviani, uno dei “bulli “ più famosi nel periodo a cavallo del 1800, sia lì lì per spuntare da un vicolo.

I BULLI

In cosa consisteva il bullo? Rappresentava un vero e proprio fenomeno di costume nella Roma papalina e di fine ottocento. Forte, arrogante, fumantino, lo potremmo definire un guascone alla Porthos di Dumas padre. Proteggeva poveri e indifesi ma soprattutto era un “omo d’onore”, quel personaggio che la tradizione definisce come “er più”. Questi “omaccioni” non si consideravano dei malviventi ma quasi cavalieri senza macchia. I nostri eroi si ritenevano discendenti degli antichi romani. Qualcuno di loro asseriva pure che nelle loro vene scorreva il sangue troiano di Enea ed in effetti l’imprecazione tipica era “Sangue d’Enea!” trasformatasi poi in “Sangue d’Inea”.

Oggi quando ci si riferisce al bullismo si usa impropriamente il termine “bullo” che, invece, è esattamente il contrario di quanto si vuole intendere. Costoro (i bulli), a differenza degli odierni imbecillotti che tiranneggiano i timidi, proteggevano quest’ultimi! Per meglio rendere l’idea di come fosse il quartiere e di quali valori s’ammantasse il suo popolo desidero aprire un paragrafo dedicato proprio  a “Er Tinea”

ER TINEA” STORIA DI UN BULLO

Romeo Ottaviani

Abitava a Trastevere, in piazza de Renzi, dove visse sino alla morte. L’uomo era famoso per la forza ed il coraggio nel difendere i più deboli. Pensate che il delegato di pubblica sicurezza di Trastevere, Francesco Ripandelli, stimando la persona, onde evitargli di finir male, gli fece ottenere un lavoro alle Regie Poste trasformando il nostro “più” in un fattorino presso la sede di piazza San Silvestro, ufficio postale principale che ancora esiste nel centro storico di Roma.

Aggiungo una ulteriore vicenda che meglio rende l’idea dell’uomo. Una sera, era il 1898, finito il lavoro, giunto in via Frattina vide un tale che picchiava una donna. Bisogna dirlo? S’intromise per difendere la ragazza. Purtroppo il tizio lo insultò tirando fuori il suo “Santa Smacola”. Faccio una breve chiosa: l’oggetto con quello strano nome era il tipico coltello a serramanico romano a tre scrocchi che “te faceva un’asola in panza fino giù in cantina” e si contrapponeva al “liccasapone”, il rasoio da barbiere spesso usato come arma.  Er Tinea, per nulla intimorito, atterrò il meschino con un paio di “sommommoli” (sganassoni) urlandogli contro di non osar più maltrattare la ragazza.

Il malcapitato era noto come “er Malandrinone “ un conosciutissimo delinquente che controllava una grossa fetta della prostituzione romana. Naturalmente la stampa dell’epoca esaltò l’episodio e trasformò il nostro Romeo in un nuovo eroe accreditandolo come legittimo capo dei bulli di Roma.

Il difensore del popolo

La sua casa era assaltata quotidianamente dai più deboli che chiedevano soddisfazione per qualche sopruso o prepotenza: era diventato una sorta di Padrino. Comunque er Tinèa riusciva sempre a risolvere la “quistione” usando le buone o le cattive. La stessa polizia, si è detto, lo stimava e chiudeva un occhio se qualche volta, per risolvere un problema calcava un po’ la mano.

La morte

Un giorno, era la sera del 6 aprile 1910, fu aggredito alle spalle da un certo Bastiano “Er sartoretto” (a Roma tutti hanno il loro bravo soprannome) che lo ferì mortalmente al collo con un coltello. Ottaviani, trasportato all’ospedale della Consolazione, morì il giorno seguente.

Al suo funerale parteciparono tutti i bulli di Roma, amici, nemici, giornalisti, poliziotti e una grande folla di pubblico, curioso di vedere da vicino tutta quella gente “de Cortello”. Così terminò la vita di questo personaggio vero trasteverino. Ma veniamo alla narrazione del quartiere…

TRASTEVERE

Il quartiere apre le sue braccia al visitatore con la statua di Giuseppe Gioachino Belli uno dei due più grandi poeti dialettali romaneschi (l’altro è Trilussa) posta nella piazza omonima. La statua rappresenta il poeta mollemente appoggiato alla spalletta di ponte Fabricio accanto a una delle erme quadrifronti. il bastone da passeggio che impugna nella mano sinistra è dipinto di nero col pomello bianco; è di ferro per un preciso un motivo. Originariamente era in legno d’ebano col pomolo in avorio. Secondo voi quanto poteva resistere quel bastone tanto prezioso? Poco. Fu rubato e sostituito più volte. Alla fine trovò pace quando il comune si decise a sostituirlo con del vile metallo verniciato.

Visitiamo il quartiere?

Iniziamo la nostra passeggiata, per comodità, da Piazza Trilussa, scusandoci col Belli. Siamo praticamente sul Lungotevere. Torreggia sul piazzale il monumento in bronzo del poeta. “Trilussa” era lo pseudonimo del senatore Romano Carlo Alberto Salustri. Come poeta era molto amato dai romani che gli dedicarono anche due targhe, una in via del Babbuino, nel Rione Campo Marzio, presso la casa in cui nacque, l’altra in via Maria Adelaide, sempre nel Rione Campo Marzio, sulla facciata della casa in cui visse.

Gambe in spalla e iniziamo la nostra passeggiata.

Lasciata alle nostre spalle la piazza e attraversato Ponte Sisto arriviamo in Via dei Pettinari. Giriamo a sinistra per il Vicolo delle Grotte e raggiungiamo Palazzo Farnese, tra l’altro uno dei luoghi dove si svolse la Tosca e ora sede dell’Ambasciata di Francia. Davanti, la bellissima fontana del Della Porta, che tanto operò nell’Urbe da essere soprannominato “il fontaniere di Roma”. Proseguiamo per Via dei Farnesi e girato a destra, ecco Campo de’ Fiori. La piazza rivela tutta la sua raccolta bellezza.

Campo de Fiori

Andiamo a salutare la statua di Giordano Bruno posta nel luogo dove fu eseguita la sua condanna al rogo dalla santa inquisizione. Il sacrificio del filosofo è il simbolo della libertà: morì per non aver rinnegato i suoi ideali, sacrificandosi in difesa della verità. Volgiamo il nostro pensiero e una preghiera all’uomo e poi proseguiamo per Largo dei Librari dove ad attenderci c’è la chiesa di Santa Barbara. Il luogo è sospeso tra cielo e terra, ammantato da una atmosfera d’altri tempi ma… torniamo sulla Terra perché lì a due passi si trova una botteguccia nota a tutti i romani per i suoi fantastici filetti di baccalà. Se visitate Trastevere e non assaggiate un paio di quei capolavori fritti non siete degni di visitare il quartiere.

Imbocchiamo via dei Giubbonari, famosa per i negozi d’abbigliamento, dove, in alcune botteghe, gli indumenti sono venduti a peso (avete capito bene). Continuiamo per Via dei Falegnami e arriviamo nella splendida Piazza Mattei dove campeggia la fontana delle tartarughe (cfr: https://www.espressione24.it/le-fontane-di-roma-ovvero-una-sinfonia-per-vista-e-udito/). Percorriamo Via Sant’Ambrogio e arriviamo al Ghetto, al Portico d’Ottavia. Trastevere ci appare in tutta la sua bellezza e una nuova architettura, ci avvolge.

A Roma si dice “s’è fatta n’a certa” ad intendere che è tardi. Perché non andare da Gigetto? La trattoria è famosa sapete per cosa? Per i fantastici “carciofi alla giudia”. Sono preparati con un particolare carciofo detto “romanesco”. Così grandi e così “boni” non li avete mai mangiati!

Per i romantici

Palazzina in Piazza de’ Mercanti

Tornati sul lungotevere giriamo a sinistra e percorriamo Via del Foro Olitorio, quindi Via del Vicolo Jugario per giungere alla chiesa di Santa Maria in Cosmedin che ospita la celeberrima Bocca della Verità. Qui è doveroso scattare una foto mentre si inserisce la mano nella bocca di pietra. Fatto? Bene. Attraversiamo il Ponte Palatino e prendiamo Via dei Vascellari per arrivare alla chiesa di Santa Cecilia in Trastevere. Un suggerimento per i romanticoni: andate in Piazza de’ Mercanti lì vicino: vi attende uno degli scorci più romantici di Roma con i palazzi ricoperti interamente d’edera. Antonello Venditti abitava qui (ora risiede in Via Del Porto sempre a Trastevere). A proposito di cantanti, se non lo sapete ve lo dico io, sempre nel quartiere in vicolo del Buco c’è quella che era la residenza romana di Lucio Dalla. Vi abitò per dieci anni.

LA PASSEGGIATA VOLGE AL TERMINE

Attraversiamo Via dei Genovesi ed ecco San Benedetto in Piscinula e quindi Via della Lungaretta. Giriamo a sinistra e passiamo per Via dei Fienaroli e Via delle Fratte. Siamo arrivati in Piazza Santa Maria in Trastevere dove la celeberrima basilica fa da sfondo.

Se vogliamo prendere fiato, al suo centro si innalza una fontana che sormonta una scalinata: sediamoci sui suoi gradini (è un must). Ci troviamo nel cuore del quartiere e non si può dire d’avere visto Trastevere senza essere stati qui. Godiamoci la vista per un po’, magari seduti al tavolo di uno dei bar circostanti (uno di questi fa una granita alla fragola da Premio Oscar). Continuiamo? Attraversiamo Via della Pelliccia poi Vicolo del Cinque. Stiamo lasciando il quartiere. Torniamo a Piazza Trilussa là da dove è cominciata la gita. Salutiamo il poeta e avviamoci per il Lungotevere. Occhio: a due passi si stende, fino alle pendici del Ganicolo, l’Orto Botanico ed è doveroso visitarlo.

L’ORTO BOTANICO

L’Orto Botanico è un luogo magico in cui perdersi: seppure nel cuore di Trastevere, qui regna il silenzio. Vi consiglio di visitare la foresta di bambù, una delle più grandi d’Europa. Attraversiamola percorrendo un viale che si snoda tra scalinate e scalette, circondati unicamente da altissime canne. Arrivati al Giardino Mediterraneo, in diverse aiuole, fanno bella mostra le coltivazioni delle principali specie appartenenti alla macchia mediterranea.

Oltrepassato lo specchio d’acqua troviamo la Valletta delle Felci e quella degli Alberi Monumentali. Degne di visita le serre, tutte d’epoca e l’area dedicata alle erbe officinali. A termine della visita, la Fontana degli Undici Zampilli, a ridosso della collina del Gianicolo. La realizzò Ferdinando Fuga, settecentesco architetto dei Sacri Palazzi a cui è dovuta la facciata della Basilica di Santa Maria Maggiore e quella di Sant’Apollinare. Sfruttando le pendenze della collina realizzò un susseguirsi di giochi d’acqua contornati da una scalinata a rampe. Se alzate lo sguardo potrete vedere il Fontanone del Gianicolo (quello di “Roma Capoccia” del buon Venditti).

Il nostro tour è terminato. Vi consiglio di dedicare una giornata al quartiere, magari con una cartina topografica. L’auto scordatevela: non si transita per i vicoli. Guardate le case da presepe, i tanti negozietti dei restauratori, le trattoriole, visitate le chiese. Un saluto romano… ehm da Roma, (mi correggo).