I personaggi del Presepe: tanti pezzi di un unico puzzle

Si fa presto a dire presepe. Talvolta si ritiene che mettere quattro pupazzetti in un angolo della casa equivalga a realizzare la sacra rappresentazione che, però, è ben altra cosa. Non voglio tediarvi con considerazioni religiose ma, per coloro che ne hanno curiosità, spiegare quale è il minimo indispensabile per realizzarne uno e il suo vero significato perché ogni personaggio ha un nome ed un suo contenuto ben preciso. Naturalmente farò riferimento al presepe per eccellenza che è quello napoletano, ma attenzione, non intendo la classica realizzazione settecentesca ma alla disposizione dei personaggi più importanti; ricordate sempre che non si tratta di una sorta di diorama ma un insieme di simboli, alcune volte manco tanto religiosi. Seguitemi nell’articolo perché ne vedrete e sentirete delle belle e con tutta probabilità ne rimarrete stupiti.

Ma da cosa si compone un presepe? Questi i componenti classici: Il paesaggio, Benino (che è un nome), il Cacciatore, il Pescatore, la Lavandaia, La Sacra Famiglia, il Vinaio, Ciccibacco, la Zingara e i tre Re Magi (che sono quattro). A regola d’arte, personaggi, luoghi ed elementi del paesaggio dovrebbero essere settantadue (72: 7+2= 9 multiplo di 3, numero perfetto come la Trinità). Tenete sempre presente che gli elementi accanto alla zingara o all’oste così come il pozzo o il banco del pesce o la particolare struttura della grotta della Natività, hanno un loro valore intrinseco. Ecco quello che non può mancare in un buon presepe.

Il paesaggio: riveste un ruolo non meno importante di quello dei personaggi ed è costituito da tre montagne nelle quali ci sono tre grotte. Le stradine che scendono dai monti guidano il visitatore attraverso la rappresentazione, in un viaggio fatto di tappe con un loro messaggio, ciascuna e contraddistinte da un particolare personaggio. Credete che le cose sono messe così a caso? Bene fate attenzione: il ponte indica il passaggio per l’al di là e l’ignoto; il fiume simboleggia il tempo, ma anche la vita. Non ci pensavate eh? Proseguiamo con i personaggi.

Benino

In cima alla prima discesa troviamo il pastorello che dorme e ha un nome: Benino. È oggetto di diverse leggende. Alcune raccontano che il Presepe nasca proprio  da un suo sogno e che cesserebbe di esistere nel momento in cui lui dovesse risvegliarsi. Insomma quello che vediamo, per quelli che parlano bene, è la rappresentazione del suo onirico e di conseguenza Benino simboleggia l’attesa del Natale e il percorso che facciamo verso la festività. Per meglio comprendere, immaginatevi miniaturizzati dentro al presepe a percorrere le stradine, tra i personaggi sino ad arrivare alla capanna. Altro nome della nostra figuretta è il “pastore della meraviglia” quando è posizionato sotto un pagliaio.

Non deve mancare il Cacciatore che, stranamente armato di fucile data l’epoca, rappresenta la morte. È posto vicino alla parte alta del fiume. Assieme al pescatore riassume i cicli di vita–morte, giorno–notte, estate–inverno e il dualismo mondo celeste e quello dell’Ade (l’Ade era posto sulla Terra). Ecco il Pescatore. Solitamente è mezzo svestito, con una camicia aperta sul petto e pantaloni arrotolati sotto il ginocchio. Alcuni gli infilano una canna da pesca in mano ma non è una regola, però è sempre vicino al banco del pesce. Rappresenta la vita, contrapposto al mondo celeste incarnato dal Cacciatore. Non vi ricorda nulla il concetto di pescatore nel cristianesimo? Richiama San Pietro, il pescatore di anime  ma siccome sono presenti i pesci ecco emergere anche il simbolo cristiano di “Gesù”.

A seguire la Lavandaia. Vi stupirete nel conoscere il suo significato. La troviamo presso il fiume intenta a lavare i panni in ginocchio. Rappresenta la levatrice che ha assistito alla nascita di Gesù prestando aiuto alla Madonna. I teli usati  per pulire il Bambinello sono miracolosamente puliti e immacolati a simboleggiare la verginità di Maria e l’origine miracolosa di Suo Figlio (non chiedetemi con cosa si sarebbero dovuti sporcare).

E la Zingara dove la mettiamo? Tradizione narra che una zingara avesse predetto la nascita del Bambino e avendo peccato di presunzione sarebbe stata tramutata in civetta. Nel presepe ha un bambino in braccio e simboleggia la fuga in Egitto; qualora fosse senza bambino richiama la passione di Cristo e la disperazione della Madonna.

Analogo personaggio femminile: Stefania, una giovane vergine che si incamminò verso la Natività per adorare il Neonato Salvatore. Bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna, narra la tradizione che prese una pietra, l’avvolse nelle fasce e si finse madre ingannando gli angeli ed arrivando al cospetto di Gesù. Alla presenza di Maria, si compì un miracoloso prodigio: la pietra starnutì e divenne bambino, Santo Stefano, il cui compleanno si festeggia il 26 dicembre.

Poteva mancare l’oste? E’ l’Eucarestia e fa parte del gruppo dei cosiddetti venditori di cibo assieme ad altre figure che simboleggiano i dodici mesi dell’anno e ve li elenco di seguito:

  1. Gennaio: macellaio o salumiere;
  2. Febbraio: venditore di ricotta e di formaggio;
  3. Marzo: pollivendolo e venditore di altri uccelli;
  4. Aprile: venditore di uova;
  5. Maggio: coppia di sposi con cesto di ciliegie e di frutta;
  6. Giugno: panettiere;
  7. Luglio: venditore di pomodori;
  8. Agosto: venditore di anguria;
  9. Settembre: venditore di fichi o seminatore;
  10. Ottobre: vinaio o cacciatore;
  11. Novembre: venditore di castagne;
  12. Dicembre: pescivendolo o pescatore.

Come regola ci sarebbe anche Ciccibacco. È uno strano personaggio che occupa una delle due grotte poste a lato di quella della Natività. Siede a cassetta di un carretto trainato da due buoi carico di botti di vino. È la personificazione del dio pagano Bacco e spesso lo circondano dei zampognari e suonatori di flauto. L’insieme richiama i riti dionisiaci in cui ci si abbandonava all’ebbrezza e all’eccesso ricordando quanto sia sottile il confine tra sacro e profano analogamente a quello tra bene e male.

Non c’è presepe senza loro, i Re Magi. Sono il mondo e il tempo che si fermano per la nascita di Gesù. Baldassarre, il vecchio, che cavalca un cavallo nero; Gasparre, il giovane, che monta un cavallo bianco; Melchiorre il moro, col suo cavallo fulvo. Pure i cavalli hanno un significato: i tre momenti del giorno, la notte, il mezzogiorno e l’alba. Il loro viaggio è il percorso degli astri verso il luogo della nascita di Gesù Bambino, simbolo del sole che risorge. Manca un personaggio e lo dovete mettere. Deve essere posto distante dagli altri tre ed anche lui è un re magio si tratta di Artaban, il re che giunse in ritardo perché si era attardato a fare opere di bene e che ebbe l’onore, poi, di tenere in braccio il Bambinello.

L’immagine principale nella rappresentazione della Natività è la Sacra Famiglia. Nel presepe, Maria, Gesù e Giuseppe occupano la prima grotta. La Madonna è vestita di rosa e porta un mantello azzurro, San Giuseppe in viola e giallo. In mezzo il  bue e l’asinello, cioè il Bene e il Male, due forze che, se in buon equilibrio, mantengono l’ordine del mondo. Per quanto riguarda Gesù vale spendere alcune parole: solo due Vangeli Canonici ci parlano della sua nascita: sono quelli di Matteo e di Luca. Gli altri due (Marco e Giovanni) iniziano con Cristo che ha circa 30 anni e nulla ci dicono della sua vita precedente. Quindi la chiamata di Gesù a divenire il Messia da parte di Dio avviene, stando a Marco e Luca, già nel grembo materno a Nazareth, mentre per gli altri due avviene sul Giordano in età matura. Inutile dire che storici e teologi ci stanno ancora litigando sopra. Anche la nascita è controversa: I due Vangeli che narrano della nascita di Gesù, raccontano di lui posto in una “mangiatoia” senza indicare se fosse in una grotta oppure in una capanna. A dirla con gli archeologi molte case dell’epoca erano costruite a ridosso di grotte adibite a magazzino e ne avevano una al piano terreno nella stalla. È molto probabile, quindi, che l'”attrezzo” fosse all’interno di una abitazione. Ci si mette di mezzo pure Ratzinger per dire la sua scrive al riguardo: “Possiamo supporre che Giuseppe disponesse di una proprietà a Nazareth, così che per la riscossione delle imposte dovesse recarsi là”.  Lo volete un colpo di scena? Eccolo: il “bue e l’asinello” non compaiono mai nei Vangeli approvati dalla Chiesa ma esclusivamente in un “Vangelo apocrifo scomunicato nel 325 d.C., quello dello “Pseudo Matteo”che così recita: “Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, ponendo il bambino nella mangiatoia: ed il bue e l’asino l’adorarono”. Scusate la divagazione e torniamo a noi.

Se pensavate che il presepe fosse una cosa da poco eccovi serviti. D’ ora in poi quando ne vedrete uno lo guarderete con occhio diverso, ne sono certo. Avendo tempo e voglia di fare una gita andate a Napoli, recatevi a San Gregorio Armeno, lì ne vedrete di presepi… Vi saluto da un metro e mezzo di distanza e auguro buon lavoro a chi si accinge alla sacra realizzazione.

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