La guerra in Ucraina e il drammatico concerto dei… “Tre Tenori” in una vicenda che rischia di diventare una farsa tragica

Come all’opera , nella drammatica operetta ucraina che tanto ci fa temere, si esibiscono i tenori. Sono tre.

Non si tratta di Carreras, Pavarotti o Placido Domingo ma, nel nostro caso, di Putin, Zelenski e Biden. Altri cantori si uniscono al coro e sono Macron, il giovanottino che ama intrufolarsi ovunque (anche negli ospizi),  Kirill il patriarca ortodosso che poco sembra avere di cristiano, Erdogan, il turco napoletano che al pari del personaggio di Totò cerca di fregare tutti in quell’Europa nella quale vorrebbe entrare.

Von der Leyen messa all’angolo

Non manca l’interprete femminile, il soprano: Ursula Von der Leyen. All’estero nessuno se la fila durante gli incontri ufficiali, la mettono all’angolo. Quando tenta di prendere decisioni non ne infila una giusta che sia una. Per i vaccini no, dato che il marito è un dirigente Pfizer. A latere di tutti, Draghi, il nostro tenore leggero. Lui non si esibisce in “do di petto” e per la verità l’intero coro politico italiano “di petto” non prende mai nessuno.

LA SACRA VOCE

C’è poi la voce che dovrebbe tuonare su tutte, la voce il cui compito sarebbe quello di riunire ecumenicamente il mondo: quella del Papa. Il Bianco Prelato è lì che freme in Vaticano. Ogni tanto emette un singulto di riprovazione. Sembra quasi in procinto di scomunicare mezzo mondo ma rimane con metà del busto proteso in avanti per slanciarsi sul palco ma le gambe gli restano indietro, restìe, dubbiose, nell’attesa di fare non si sa cosa. Potrebbe chiamare a raccolta le voci cristiane in un concilio, ma poi come se la vedrebbe con Kirill? Il Santo Padre attaccherebbe a colpi di acqua santa e il Patriarca risponderebbe a raffiche di Kalashnikov. Il canto “urbi et orbi” del Pontefice pare non raggiungere i loggioni e a volte manco la platea.

I CORI

Il coro tedesco non urla molto in questo periodo: la primadonna ormai non c’è più e poi la sua storia recente è troppo simile a quella russa per puntarle il dito contro… . Anche quello inglese si fa sentire poco e anche nel suo caso le occupazioni in India e Cina e l’attuale Commonwealth, derivato dall’ex impero britannico, non è che gli permettono di urlare più di tanto. Si esercita come spedizioniere per conto terzi.

14 stati africani ancora sotto il controllo economico francese

I cantanti francesi si intromettono un po’ ovunque. Sono i “saltapicchi” d’Europa, i chansonnier della politica. L’ occupazione delle altrui terre l’hanno nel sangue, anzi dispongono pure di una Legione straniera per le bisogna, quella che è stata un po’ la romantica precorritrice dei moderni foreign fighters. Danni ne ha già fatti in Africa dove ha imperversato e continua ancora. Pensandoci bene “possiede” parte del nero continente che strozza economicamente.

Se l’Italia aveva un impero che ora hanno gli altri, nell’opera, invece, ha il suo coretto. Lo hanno messo di fianco al proscenio per ripetere il fraseggio dei cori più grandi. La sua voce solista tenta di farsi ascoltare. lo contrasta il disaccordo dei cantori che non sanno cosa vocalizzare. È un tenore che dirige, un po’ come lo era Willi Boskovsky col suo violino al Volksoper di Vienna, ma ha perso lo smalto e la decisione. Cerca di mettere ordine in un coro discorde dove ognuno sgomita e canta ciò che vuole e quando vuole. Di tanto in tanto cerca di imporre la partitura ma inutilmente e anche il pubblico, laggiù, oltre il golfo mistico, invisibile dietro le luci, bofonchia con disappunto.

IL CANTO DEI TENORI

Dall’altra parte dell’oceano si esibisce un vecchio tenore. Ogni tanto canta e quando lo fa meglio tapparsi le orecchie. Lo tengono su con le flebo ma se cammina traballa e pare perdere l’equilibrio ad ogni piè sospinto. Se Trump era un mastino ringhiante, oggi c’è un vecchio segugio un po’ intronato ma, fortunatamente, più calmo del suo predecessore, magari un po’ troppo riflessivo. Ogni tanto abbaia nella convinzione di essere un cane da guardia.

Trovatore-Manrico

Chi si fa sentire è l’ Ucraino. Sembra Manrico nel Trovatore mentre emette il suo acuto “All’armi!” col coro che lo incalza: “siam pronti a morir”. Gli risponde il Russo, pare quasi un Ras-Putin redivivo. Come Calaf della Turandot caccia un acuto: “… all’alba vincerò…”. L’Aquila americana perde colpi e lui potrebbe gorgheggiare a piena voce: chissà se ce la farà col fiato… .

In realtà, scendendo dal palco teatrale e mutuando qualche termine operistico, noi tutti siam qui nell’attesa che mai si verifichi quel crescendo Rossiniano che equivarrebbe ad una “escalation” militare.

L’OPERA

Non si sa chi e perché abbia mai scritto il libretto di questa strana opera. Una composizione dove il vincitore è vinto e il vinto è vincitore, ma soprattutto dove il prezzo del biglietto si paga facendo da comparse nella recita. È una sorta di happening degli anni settanta dove gli spettatori erano coinvolti, assieme agli attori. Unica differenza è che al termine di una piéce teatrale o un’opera, il pubblico se ne va e tutto finisce lì. Nel pezzo operistico attualmente in esecuzione non termina nulla, anzi continua anche a sipario calato. Nulla rimarrà uguale dopo questa rappresentazione. Perfino la stessa qualità della vita probabilmente cambierà. Muteranno i rapporti tra nazioni e anche i traffici commerciali.

I MUTAMENTI DEL PUBBLICO

Un esempio? L’Italia. È iniziato l’accaparramento delle fonti energetiche diversificandole da quelle Russe. L’Italia potrebbe produrre una parte di energia accedendo ai giacimenti sottostanti l’Adriatico. I nostri dirimpettai li stanno sfruttando già da tempo. Anche a Cortemaggiore “pompavamo petrolio” e lo stesso Mattei pensava che nel Canale di Sicilia si potesse ricavare petrolio. D’altro canto i nostri vicini africani, a pochi chilometri, sfruttano la una falda che pare estendersi fino da noi. Poi il capo dell’Eni saltò in aria e con lui le belle speranze.

Centrale geotermica di Larderello

L’italico suolo, energeticamente parlando, è una terra benedetta. Dispone di energia eolica, solare, idroelettrica. I tifosi delle bellezze naturali obbietteranno che pale e pannelli guastano la bellezza dell’ambiente. Forse, al momento, dovremmo fare di necessità virtù. Magari, contemporaneamente, avviare studi su sistemi per la produzione elettrica più performanti e meno invasivi per l’habitat. Intanto sfruttiamo quel che c’è, compresa quell’energia geotermica di cui se ne parla tanto ma se ne usa poca. Non faccio cenno al nucleare, non ne sono un sostenitore anche se sono convinto che, piaccia o meno, quella è la soluzione. Abbiamo vissuto tirando avanti senza un preciso progetto energetico. Purtroppo era più facile comprare gas e petrolio da un  solo fornitore che sarebbe diventato sia servo che padrone. Alle volte mi domando cosa significhi per un politico “governare”.

A QUANDO IL TERMINE DELLA RAPPRESENTAZIONE?

Tornando al nostro palcoscenico pare quasi che nessuno abbia voglia di terminare lo spettacolo, manco i tre tenori. Si parla di guerra per interposta persona, personalmente parlerei di errore epocale. Servono a qualcosa, nel nuovo secolo, queste esibizioni di forza? Diceva Sun Tzu nel suo libro L’arte della Guerra: “Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.”. Questo nel 544 a.C. .

Appare attuale la frase di von Klausewitz quando affermava che: “Spesso è assai difficile dire, nel caso concreto, dove termini la forza di carattere e cominci la testardaggine.” In Europa una nazione pare attaccare testardamente e l’altra difendersi caratterialmente. Il resto della gente è li intorno a giovarsi della situazione. Almeno così parrebbe. Eccoli lì i tre tenori biliosi che si contrastano e si insultano. Mi domando se al giorno d’oggi, l’epoca della maturità, dello sviluppo tecnico e intellettivo, debbano rappresentarsi ancora simili spettacoli e mi riferisco a tutti gli attori, anche alle comparse. Dimenticavo…. ma il direttore dell’orchestra chi è? E il regista? Cui prodest? Un rattristato saluto da un metro e mezzo di distanza.

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